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“Essere qui è una jihad”, lo sforzo del dialogo per l’imam. “Nuova etica con valori universali”, il futuro secondo Chiti

11 gennaio 2020 | 20:01
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“Essere qui è una jihad”, lo sforzo del dialogo per l’imam. “Nuova etica con valori universali”, il futuro secondo Chiti
“Essere qui è una jihad”, lo sforzo del dialogo per l’imam. “Nuova etica con valori universali”, il futuro secondo Chiti
“Essere qui è una jihad”, lo sforzo del dialogo per l’imam. “Nuova etica con valori universali”, il futuro secondo Chiti
“Essere qui è una jihad”, lo sforzo del dialogo per l’imam. “Nuova etica con valori universali”, il futuro secondo Chiti
“Essere qui è una jihad”, lo sforzo del dialogo per l’imam. “Nuova etica con valori universali”, il futuro secondo Chiti
“Essere qui è una jihad”, lo sforzo del dialogo per l’imam. “Nuova etica con valori universali”, il futuro secondo Chiti

Zappolini: “Le armi con la quali oggi dobbiamo diventare partigiani sono le relazioni, la bellezza, la cultura”

Un dibattito sul ruolo della religione nel mondo attuale, ma anche un dibattito con caratteri squisitamente politici e sulle sfide che la società ha il compito di affrontare. Qual è il ruolo delle religioni in una prospettiva globale è la domanda a cui Vannino Chiti prova a dare risposta nel suo nuovo libro: Le religioni e le sfide del futuro. Per un’etica condivisa fondata sul dialogo.

Già ministro, vicepresidente del Senato e presidente della regione Toscana, Chiti è uno studioso della storia delle religioni e oggi, sabato 11 gennaio, ha presentato il suo ultimo libro nella biblioteca Adrio Puccini di Santa Croce sull’Arno.
La presentazione è la prima iniziativa della sezione Anpi di Santa Croce del 2020 e ha visto la partecipazione del presidente Osvaldo Ciaponi, del presidente dell’Anpi provinciale Bruno Possenti, dell’imam di Firenze Izzedin Elzir, del parroco di Ponsacco don Armando Zappolini e del codirettore della rivista Testimonianze Simone Siliani. All’incontro erano presenti anche il sindaco Giulia Deidda e il consigliere regionale Andrea Pieroni.

Il filo conduttore di tutti gli interventi è la necessità da parte delle religioni di un approccio laico, improntato al dialogo e quindi al riconoscimento reciproco. Tra tutti, l’intervento dell’autore è quello che si discosta di più dal contenuto del libro, ma cerca di cogliere le situazioni quotidiane di interazione. “Togliere alle persone i luoghi di culto non solo è contro la costituzione – ha detto Chiti -, ma contro il senso di convivenza tra persone. È importante attualizzare oggi i valori della resistenza. Una parte della destra interpreta il fascismo meramente come fatto storico terminato nel ‘45. In realtà il fascismo è populismo reazionario di massa, è una visione dello stato. C’è scarsissima conoscenza in Europa delle religioni che consideriamo più lontane. E allora, a partire da questa scarsa conoscenza, è facile fare passare queste religioni come non cultura o addirittura come barbarie”.

“Siamo di fronte a un mondo – continua l’autore – che ha delle potenzialità che dobbiamo tirar fuori, ma che ha anche dei rischi enormi. Per la prima volta nella storia l’umanità può distruggere se stessa. Le religioni sono in grado di orientare miliardi di persone, ma devono anche operare concretamente per risolvere i problemi comuni. È una nuova epoca e c’è bisogno di una nuova etica con valori universali, non propri di una religione e non dell’altra”.

Nel suo libro Chiti affronta l’evoluzione delle religioni nei vari angoli del pianeta, dalla secolarizzazione dell’occidente alle comunità del sud America. Secolarizzazione che ha portato anche a una individualizzazione della religione e una perdita di legittimità delle religioni tradizionali che rischiano sempre di più di diventare dei grandi contenitori vuoti. L’idea, piuttosto diffusa in ambito accademico, è quella che ben ha espresso Ulrich Beck nel saggio Il dio personale: una religione che diventa sempre più ad appannaggio personale e allo stesso tempo, in maniera quali paradossale, è inserita in quel processo di globalizzazione che moltiplica i contatti e gli scambi con altre forme di pensiero. Il prodotto finale è un “dio a modo mio” che non necessariamente corrisponde al dio delle grandi religioni monoteistiche, ma che è il risultato delle tante interazioni che ognuno sperimenta nel quotidiano.

A riprova della volontà di interazione tra religioni, la presenza anche di Izzedin Elzir, imam di Firenze: “Non è scontato che un politico tocchi questo argomento – ha detto la guida spirituale della comunità islamica -. Nella nostra realtà europea la religione è stata ampiamente messa da parte, invece dovrebbe essere una questione centrale, sia per i credenti nelle religioni sia per chi crede in altro. Siamo abituati a considerare la religione una questione privata, mentre questo libro invita a discuterne in maniera aperta e trasparente. Le religioni sono strumenti, possono avere effetti positivi o negativi. E questo ci richiama alla responsabilità. Il dialogo è la cosa più difficile: è complicato nel quotidiano, figuriamoci il dialogo tra religioni. Una conseguenza del dialogo è il cambiamento della propria identità, il che è positivo perché quelle che non cambiano sono identità già morte. Questo non vuol dire che l’obiettivo delle religioni è la conversione dell’altro, ma confermare spazi di libertà laddove non ci sono”.

“Essere qui oggi è uno sforzo – continua l’imam-, che in arabo si dice jihad. Vedete, jihad non vuol dire guerra santa, non esistono guerre sante. Le guerre sono tutte sporche. Serve un nuovo umanesimo dove accanto al pensiero di ogni uomo ci sia anche la sua fede religiosa. La resistenza che è stata fatta 70 anni fa va ripetuta, certamente in maniera diversa, deve essere una resistenza culturale”. Poi l’elogio a Santa Croce: “Per fortuna – ha detto – questo paese ha una bellissima sala di preghiera per i musulmani. Una sala che viene incontro ai bisogni dei cittadini”.

Don Zappolini e Simone Siliani hanno dato un contributo diretto alla stesura del libro, che ospita anche i loro interventi. “È un libro denso – secondo Siliani -, ma allo stesso tempo ha una fluidità nella lettura. Non è un libro storico delle religioni, è un libro che mette le religioni di fronte alle grandi sfide laiche e globali. Per questo è di attualità. Chiti interroga le tre grandi religioni monoteiste sulla materialità del mondo attuale. L’interazione tra le questioni locali e le tematiche globali sono al centro di questo libro. Le religioni sono chiamate a rinunciare alla loro pretesa universalistica in favore del dialogo. E il dialogo implica un riconoscimento dell’altro. C’è una verità comune, che è quella della condizione dell’uomo di fronte alle grandi questioni globali. Questo implica un approccio laico, che può sembrare paradossale quando si parla di religione. Troppo spesso le religioni sono terreno di conflitto, perché non assumono una prospettiva laica. Il laicismo non è la negazione del fenomeno religioso, ma il riconoscimento di tutte le religioni e le loro connessioni”.

Gli appassionati della materia sanno che in Iran è nata una minoranza religiosa che ha fatto propri i principi di dialogo e unione tra tutte le religioni e cerca una sintesi pacifica tra queste. In questo senso, coglie appieno il senso del libro di Chiti. La religione Baha’ì, questo il nome, ha come principi fondativi l’unitarietà del dio delle tre religioni monoteistiche e dell’umanità, eliminando le differenze di razza e cultura si propone come religione globale.
“Serve una reazione – secondo don Armando Zappolini -, in primis serve denunciare la copertura religiosa alle guerre. E poi diciamolo, questi comizi coi rosari, coi santini, che palle, non se ne può più. Dobbiamo rivendicare le parole che ci hanno rubato. Le armi con la quali oggi dobbiamo diventare partigiani sono le relazioni, la bellezza, la cultura. Intervenire sul dialogo religioso è utile, perché stando insieme conosciamo meglio anche noi stessi. Dobbiamo costruire spazi meticci: dobbiamo meticciarci nelle associazioni, dobbiamo mescolarci. Dobbiamo fare capire che le persone che vengono da lontano possono essere anche fra i quadri dirigenti delle associazioni”.