“Manca la forza lavoro, ma il vino sarà speciale”: i Vignaioli San Miniato preparano la vendemmia 2020

“Lockdown e coronavirus hanno chiuso il mercato, ma non il lavoro con il risultato che siamo stanchi e senza entrate”
“Abbiamo vissuto un lockdown da principi, se si può dire quando non puoi uscire o incontrare persone. Però noi siamo rimasti a contatto con la natura e continuando a lavorare. Solo che non abbiamo potuto vendere, quindi incassare”. Un danno imponente per un gruppo di aziende, quelle dei Vignaioli San Miniato, che complessivamente esportano l’80 per cento delle circa 700mila bottiglie prodotte ogni anno.
“Qualcosa riparte – spiega il presidente Leonardo Beconcini -, ma ai primi di marzo abbiamo dovuto disdire 9 viaggi di lavoro solo nella mia azienda, quindi il danno non sarà facile da recuperare”. In più sono saltati il Vinitaly e le altre fiere, che sono canali di vendita e anche modi per farsi conoscere.
“Un colpo terribile per il settore. Perché il lockdown e il coronavirus hanno chiuso il mercato, ma non il lavoro: noi abbiamo continuato con gli stoccaggi dell’invenduto, la preparazione della cantina e tutto il resto, con il risultato che siamo stanchi, anche perché oltre alle entrate economiche, sono mancate le braccia che abbiamo dovuto lasciare a casa. In primavera, l’impegno in vigna è incredibile”.
Braccia che, forse, continueranno a mancare anche quando, a cavallo tra agosto e settembre, tutti inizieranno la vendemmia. “La situazione ‘braccia’ è stata drammatica per tutto il periodo: alcune aziende che si occupano proprio di questo tipo di lavori non hanno avuto i dipendenti a disposizione perché rientrati nei Paesi d’origine, come la Romania per esempio e non sono potuti tornare in Italia.
Nelle vigne tra San Miniato ed Empoli abbiamo squadre di marocchini, tornati per un paio di settimane al loro Paese e adesso non sappiamo se potranno tornare. E anche se torneranno, rientrando dall’estero dovranno fare un periodo di quarantena”.
Un problema al quale Beconcini, almeno per il periodo della vendemmia (ma i tempi forti nelle vigne sono anche altri), ha ovviato con l’impiego degli studenti universitari. “La squadra è formata già da metà luglio, ma la mia è una situazione particolare: io non voglio velocità ma devono fare come dico. Per questo li faccio venire con me in vigna e facciamo briefing. La vendemmia dell’uva ha bisogno di tempi precisi: 5 giorni in più o in meno cambiano il prodotto finale. Inoltre, in un mese o poco più si fa tutto e quindi servono tante persone tutte insieme”.
Che nelle 10 aziende dei Vignaioli di San Miniato, valgono svariate migliaia di persone. Più di 30 sono i dipendenti fissi, quelli che lavorano tutto l’anno, ma poi ci sono dei momenti nel vigneto in cui ci sono decine di persone contemporaneamente”. Numeri che fanno un settore, in crescita nell’economia di San Miniato e della zona intorno.
Tanto che negli ultimi anni, ben 3 aziende sono state aperte e si sono unite all’associazione. “La storia dell’uva e del vino a San Miniato è lunghissima. Prima si conferiva l’uva e alcuni lo fanno ancora, ma adesso si producono bottiglie, tutte bio certificate in un distretto green. Una storia recente e quindi con ancora grandi potenzialità, considerando che fino a 20 anni fa, eravamo al massimo 3 famiglie a imbottigliare.
Quest’anno, quella in vigna si presenta come un’ottima annata: “Il lato positivo di questo periodo, se si può dire così, è che questa condizione di campagna è bellissima. Se non succede niente, questa sarà una grandissima annata: la luce è bellissima e l’aria pulitissima. Faremo un grande prodotto grazie a una qualità dell’uva da 5 stelle”.
Che per questi moderni contadini non è solo una sensazione, ma è il risultato di analisi del chicco, della vegetazione. Della terra, perché alla fine, comanda lei. “Siamo abituati a dover gestire un po’ di sali scendi nel nostro mestiere. Siamo abituati a tirare su le maniche e lavorare, consapevoli che le stagioni non sono tutte uguali. Il coronavirus e la situazione che ne è nata è un po’ più difficile, però possiamo dire che per ora è gestito“. E che questa stagione, in qualche modo, sembra voler ripagare i sacrifici fatti. Anche se alle porte c’è la vendemmia.
“Abbiamo manodopera molto specializzata, in prevalenza marocchini o rumeni. Hanno sempre fatto i contadini nei loro Paesi e adesso non poterli avere nei nostri campi è difficile. Ci manca personale italiano ma di certo questo non è un lavoro facile da organizzare, anche dal punto di vista legale e sindacale. In vigna ci sono lunghe pause, ma altri momenti in cui si lavora sempre e tanto e in quei momenti non ci sono sabato, domenica o ferie”.