Dieci donne al giorno nei Centri antiviolenza, raddoppiate in 10 anni

25 novembre 2019 | 18:03
Share0
Dieci donne al giorno nei Centri antiviolenza, raddoppiate in 10 anni

In Toscana, in 10 anni, sono raddoppiate le donne che si rivolgono ai centri antiviolenza. Ogni giorno, in dieci ci arrivano per la prima volta: erano 1.761 nel 2009/10, sono state 3.539 nel 2018/19. La forma di violenza più diffusa è quella psicologica ma in 12 anni (2006-2018) ci sono stati 113 femminicidi. Cresce anche il numero degli uomini che si rivolgono a uno dei sei Centri per uomini autori di violenze: nell’ultimo anno sono quasi raddoppiati.

Questi sono alcuni dei dati che emergono dall’11esimo Rapporto sulla violenza di genere in Toscana, realizzato, come ogni anno, a cura dell’Osservatorio sociale regionale e presentato in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Il femminicidio non ha una sola vittima: è un atto che distrugge anche la vita della sua famiglia, in particolare dei bambini e delle bambine che rimangono orfani di madre. Dal 2006 al 2018 si contano 40 cosiddetti “orfani speciali”, 16 dei quali con madri di origine straniera e quindi, presumibilmente, con una minore rete familiare di sostegno.
I Centri antiviolenza svolgono attività di accoglienza, orientamento, assistenza psicologica e legale alle donne vittime di violenza, e ai/lle loro figli/e vittime di violenza assistita, indipendentemente dal luogo di residenza. I Centri antiviolenza della Toscana sono 24, tutti in possesso dei requisiti richiesti dall’Intesa Stato-Regioni del 2014, con 99 sportelli territoriali. I dati degli ultimi mesi mettono in evidenza la crescita del numero di donne che si sono rivolte per la prima volta a un Centro antiviolenza della Toscana, confermando del resto una tendenza ormai stabile negli ultimi anni: dalle 1.761 donne del primo anno di rilevazione (2009-2010), alle 3.539 del 2018/19, con una crescita costante. In Toscana ogni giorno dieci donne si rivolgono per la prima volta a un Centro antiviolenza. Due donne su tre accedono ai Centri in maniera diretta. Per il resto, a segnalare le donne ai Cav sono stati i Servizi sociali (22%), le Forze dell’Ordine (14,7%), seguiti da Codice Rosa (8,1%) e Consultori (1,4%). Come nei periodi precedenti, anche nel 2018/19 a iniziare un percorso di uscita dalla violenza sono soprattutto donne dai 30 ai 50 anni, con una maggior frequenza delle più giovani tra le donne straniere, che continuano a rappresentare meno del 30% del totale. L’instabilità economica è un elemento altamente frenante per decidere di uscire da una relazione violenta, a prescindere dal livello culturale o dal benessere del nucleo familiare: discriminante è la possibilità di contare su una propria autonomia economica. Circa il 45% di donne italiane e oltre il 65% di quelle straniere non può contare su un’occupazione stabile.
La forma di violenza più diffusa è quella psicologica, sempre presente anche in caso di violenza fisica. Rispetto alla scorsa rilevazione diminuiscono, seppur di poco, le donne straniere che si rivolgono ai Centri denunciando una violenza fisica, mentre aumentano quelle che riferiscono violenze psicologiche ed economiche. Un dato che può essere letto come tendenza a riconoscere prima situazioni di violenza prima che possano esplodere in violenza fisica.
A fare violenza nei confronti delle donne che si rivolgono ai Centri sono soprattutto i partner, seguiti dagli ex partner. La violenza domestica coinvolge tutto il nucleo familiare. Il 57% delle donne che si è rivolta ai Centri negli ultimi 12 mesi ha almeno un figlio o una figlia. In questo caso si parla di violenza assistita. Nel 2018/19, le donne che si sono rivolte ai Centri e hanno dichiarato di aver sporto denuncia sono state il 29,4% del totale.
La Casa Rifugio è una struttura dedicata a indirizzo segreto nella quale la donna, sola o con i figli, viene messa in sicurezza e inizia un percorso complesso di uscita dalla violenza. Dalle 10 Case del 2013, nel 2018 siamo arrivati a 21 strutture, con 136 posti letto. Nel 2018 le Case Rifugio hanno ospitato 151 donne (di cui 110 di origine straniera) e 161 figli e figlie. Nelle 21 Case Rifugio toscane sono presenti 251 operatrici, di cui 130 impiegate a titolo volontario.
Anche la violenza sui minori ha registrato un incremento, sia per quanto riguarda la violenza assistita che per i maltrattametni su bambini e ragazzi. Nel triennio 2016-2018 sono stati 1.298 i bambini e ragazzi interessati da situazioni di violenza assistita nel 2016, 1.487 nel 2017, 1.805 nel 2018, con un parallelo incremento delle famiglie straniere coinvolte, ovvero 439 (2016), 551 (2017), 686 (2018). Una tendenza che investe anche l’indicatore dei maltrattamenti su bambini e ragazzi in ambito familiare con i 1.921 casi del 2016, i 2.770 del 2017, fino ai ben 3.203 del 2018: anche in questo caso il sottoinsieme rappresentato dai minori che vivono in famiglie di origine straniera aumenta: 482 casi, 946 e 1.081 nei tre anni.
Dal momento in cui ha preso avvio il monitoraggio dati dei Centri per uomini autori di violenze (1 giugno 2016), fino al 30 giugno 2019, 297 uomini hanno effettuato almeno un primo colloquio di valutazione in uno dei sei Centri presenti in Toscana, con un sensibile aumento negli ultimi 12 mesi: gli uomini che avevano effettuato un accesso nel 2017-18 erano stati 79, mentre nell’ultima annualità considerata i Centri sono stati trattati 127 casi. Gli uomini arrivano ai Centri con una segnalazione da parte di un servizio pubblico: carcere, servizi sociali, tribunale. Sono uomini tra i 30 e i 59 anni (con una maggior concentrazione nella fascia 40-49) e titoli di studio eterogenei. La violenza fa parte anche del passato della maggior parte degli uomini che si sono rivolti ai Centri: 44 uomini su 66 dichiarano di essere stati vittime di violenza durante l’infanzia, in maniera diretta o come testimoni. La maggior parte di queste violenze è avvenuta all’interno del nucleo familiare: a perpetrarle sono stati il padre (17 casi), la madre (10 casi) o entrambi (7 casi), nonni o altri parenti (5).