Per lo Stato universitari, in realtà fiancheggiatori Isis

24 febbraio 2018 | 15:56
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Per lo Stato universitari, in realtà fiancheggiatori Isis

Erano in Italia come studenti universitari iscritti a Torino, ma in realtà a Pisa facevano gli spacciatori ed erano pericolosi fiancheggiatori dell’Isis, appartenenti a un gruppo di 7 persone dove vi erano foreign fighters pronti al martirio e che avevano in un caso indicato Pisa come luogo dei loro attentati. Per altri due invece il martirio era arrivato combattendo per lo stato islamico. Adesso gli ultimi tre Nafaa Afli di 27 anni,  Bilel  Mejri  di 26 anni e  Marwen Ben Saad  di 31 anni, dopo la sentenza della Cassazione che in fase procedimentale ha rigettato l’appello al tribunale del riesame, rimarranno in carcere dove questa mattina (24 febbraio) gli uomini dell’arma dei carabinieri gli hanno notificato gli atti. I tre erano già stati ristretti nel carcere la scorsa settimana a seguito della violazione delle misure domiciliari come emerso dalle indagini e confermato dal tribunale di sorveglianza. Tutti erano finiti nelle maglie della giustizia a seguito di una complessa indagine del Ros (reparti operativi speciali) dei Carabinieri.

Nelle prime ore di stamani, i carabinieri hanno infatti dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale del Riesame di Torino nei confronti di Afli, Mejri e Ben Saad di 31 anni, gli ultimi 3 membri del gruppo individuato nel corso della indagini ancora presenti sul territorio nazionale, tutti ritenuti gravemente indiziati del reato di associazione finalizzata al terrorismo internazionale.
I tre già gravati da misure restrittive emesse  dal tribunale di Pisa e Varese, per la soceità erano studenti universitari, ma in realtà gestivano un traffico di sostanze stupefacenti ed erano attivisti dello Stato Islamico tanto che sui social e in altre circostanze hanno più volte manifestato il loro sostegno a movimenti terroristici.
Il provvedimento restrittivo scaturisce dagli elementi raccolti nell’ambito delle attività condotte dal reparti operativi speciali dei carabinieri nell’ambito di una indagine convenzionalmente denominata Taliban e coordinata dalla Procura della Repubblica torinese. Che si inseriva nell’ambito di prevenzione
prevenzione e contrasto del fenomeno dei cosiddetti “foreign fighters” e “lone wolves”. L’indagine andava avanti dall’autunno del 2015, quando era stato individuato un gruppo di cittadini tunisini giunti a Torino richiedendo un permesso di soggiorno per motivi di studio, iscrivendosi a questa Università e rilasciando attestazioni non veritiere pur di ottenere titolo sia all’iscrizione, sia alla relativa borsa di studio. Gli stessi, sia pur regolarmente iscritti e fruitori di borsa di studio che azzerava la contribuzione universitaria, se da una parte non avevano mai frequentato le lezioni o sostenuto esami del proprio corso di laurea, dall’altra erano dotati di profili Facebook i cui contenuti ne avevano fatto sospettare sin dall’inizio la vicinanza ad ambienti caratterizzati dallaideologia dei gruppi terroristici di matrice islamista.
Successivamente alla fittizia iscrizione all’ateneo piemontese, i tre indagati già nel 2016 avevano iniziato a spostarsi tra Torino e Pisa, insediandosi definitivamente in quest’ultima città per gestire un’intensa attività criminale di traffico di sostanze stupefacenti.  
Nel corso della complessa ed articolata indagine, sviluppata anche grazie alle intercettazioni telefoniche e telematiche, oltre che con mirati servizi di osservazione e pedinamento, è emersa l’esistenza di un gruppo criminale, composto dai tunisini indagati, che era riuscito ad inserirsi nel tessuto sociale, specie tra le fasce dei più giovani, dedicandosi a svariate attività delittuose, specialmente al traffico di sostanze stupefacenti e i cui membri avevano parallelamente aderito allo Stato Islamico, con particolare riferimento alla fazione di Ansar al-Sharia in Tunisia, manifestando un nascosto ma spiccato sentimento anti occidentale e la condivisione dei più violenti propositi dell’Islam radicale, nonché condividendo su internet materiale di propaganda jihadista. Inoltre, la pericolosità sociale degli indagati è emersa sia dalle loro frequentazioni, sia dall’asserita partecipazione ad un comizio di Ansar Al-Shari’a (organizzazione terroristica di origine egiziana, aderente allo IS e presente nell’area del Sinai) a Tunisi, tenuto dal leader Ayad Abu (leader dei salafiti della Tunisia, sospettato di essere la mente degli attentati al museo del Bardo ed a Sousse, ucciso il 14 giugno 2015 dai bombardamenti dell’Aeronautica statunitense), sia dall’ammirazione e dal sostegno espressi tramite i social network nei confronti di militanti morti nei teatri di guerra per la causa jihadista.
Nel corso dell’indagine che in parte si è svolta anche nel territorio pisano era emersa una fitta rete di personaggi pericolosi inneggianti allo Stato Islamico.