Pisa, Municipio dei Beni Comuni: “sul Distretto 42 si segua l’esempio di Napoli”

12 febbraio 2016 | 17:01
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Pisa, Municipio dei Beni Comuni: “sul Distretto 42 si segua l’esempio di Napoli”

Due anni. Tanto è passato da quando i ragazzi del Municipio dei Beni Comuni dagli alberi del Distretto 42, il vecchio distretto militare dismesso nel cuore del quartiere pisano di San Martino, avevano fatto resistenza allo sgombero di uno spazio occupato, che loro invece  consideravano “liberato”. Una richiesta di gestione di uno spazio ancor’oggi lasciato all’abbandono che è ritornata a vivacizzarsi in questi giorni.

Il modello a cui guardare, questa volta, è Napoli, dove recentemente la giunta guidata dall’ex magistrato Luigi De Magistris ha di fatto legittimato l’occupazione di uno spazio rendendola fruibile, previo un regolamento, ai movimenti che si fecero artefici della rimessa in funzione dello spazio. Un precedente clamoroso ma di fatto, dicono i militanti del progetto che ormai da anni vive nomade di sgombero in sgombero per la città, anticipato da un corposo impianto normativo, che prende avvio dal famoso articolo 42 della Costituzione che sulla proprietà privata ammette l’esproprio “per motivi d’interesse generale”. “Apprendiamo con soddisfazione che il comune di Napoli ha approvato la delibera che riconosce e inserisce gli spazi dell’ex Asilo Filangieri nei luoghi della cultura destinati alla fruizione collettiva e all’iniziativa civica. Non solo: l’atto originario costituente di questa esperienza, cioè l’occupazione, è riconosciuto nella delibera come impulso positivo e propositivo per questa scelta politica virtuosa della giunta De Magistris” scrivono dal Municipio dei Beni Comuni. “Da questa vicenda possiamo facilmente dedurre che un sindaco, in nome dei valori della carta costituzionale, può dare in assegnazione diretta spazi pubblici destinati, altrimenti, al degrado e all’abbandono. Ribadiamolo: se c’è la volontà politica è possibile adottare provvedimenti amministrativi positivi, “che perseguono finalità non economiche e di profitto, ma di crescita culturale e personale dei cittadini”, come ricorda l’ex vice-presidente della corte costituzionale Paolo Maddalena. Tutto questo è evidentemente inammissibile per la nostra amministrazione, che si nega da anni di fronte al movimento plurale che si è raccolto innanzi alle lotte per i beni comuni e il riutilizzo a fini sociali del patrimonio immobiliare dismesso. A Pisa infatti, negli ultimi anni, si sono susseguite diverse esperienze di rigenerazione urbana di spazi abbandonati, a formare un movimento complesso e irriducibile che ha riconosciuto nello spazio sociale una possibilità di gestione di un luogo come bene comune. 

Ricapitoliamo i vostri silenzi, quelli di un Comune assente, supino di fronte ai poteri forti, sordo di fronte a un movimento di portata nazionale. Abbiamo dimostrato una possibile inversione di rotta rispetto alla speculazione di una grossa multinazionale come la J-Colors, la quale – ricordiamo – ha acquistato il Colorificio Toscano esclusivamente per sussumerne il marchio, delocalizzando in seguito la produzione. Negli spazi dell’ex Colorificio Liberato non solo si è riunita la Costituente dei Beni Comune, quell’esperimento, embrionale e perfettibile, di riconoscimento giuridico dei beni comuni, ma a pochi giorni dallo sgombero coatto di quell’esperienza, ai cancelli dell’ex fabbrica il prof. Ugo Mattei, animatore di quel percorso giuridico e di lotte, ribadiva come costituzionalmente possibile l’atto dell’esproprio di quel bene, a uso e vantaggio di tutta la città. Quel vostro silenzio fu pesantissimo, a fronte della possibilità concreta di attuare un processo di riutilizzo di un bene tutt’ora abbandonato e recintato con il filo spinato.

L’esperienza di riapertura e riappropriazione dal basso del Distretto 42 riguardava un ex distretto militare di proprietà demaniale. Potevano essere molteplici gli strumenti giuridici e amministrativi che il Comune avrebbe potuto mettere in campo per assicurare alla città un parco pubblico di oltre 4mila mq e tre palazzine riutilizzabili grazie all’auto-recupero: il dispositivo del federalismo demaniale, i protocolli di intesa tra comune, demanio e ministero della difesa, un’assegnazione diretta alle associazioni; tutte pratiche diffuse nel nostro territorio italiano, tranne che nella città della torre pendente. Così come è stato evidentemente fuori da ogni interesse amministrativo il percorso partecipativo che lo scorso anno ha progettato dal basso il riutilizzo dell’ex caserma, a fronte di una legge regionale che dovrebbe promuovere proprio questi interventi di natura cittadina. Prendiamo atto ogni giorno di più della cecità della nostra amministrazione, arroccata su posizioni fallimentari e su fantomatici “progetti di mandato”, mentre si potrebbe semplicemente applicare la carta costituzionale. Riaprire uno spazio e restituirlo alla città è una pratica virtuosa contro la desertificazione che questa giunta sta portando avanti in tutti questi anni, per questo ribadiamo che la delibera di giunta del comune di Napoli costituisce un precedente che non si può ignorare, tutt’altro, deve entrare a far parte dello strumentario di ogni comune e segnare una prima battuta d’arresto ai disegni speculativi, ai mega-piani di alienazione del patrimonio pubblico, agli sgomberi coatti di esperienze che concorrono concretamente alla valorizzazione del corpo vivo della città”.