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Cultura e Spettacoli
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“La scatola di legno”, Simone Caffaz a Santa Croce per raccontare la Shoah

3 febbraio 2025 | 15:36
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“La scatola di legno”, Simone Caffaz a Santa Croce per raccontare la Shoah

Verrà presentato domani sera (martedì 4 febbraio) nella Saletta Vallini a fianco della biblioteca alle 21 il libro di Simone CaffazLa scatola di legno pubblicato da Marchetti editore.

L’ultimo degli appuntamenti per il Giorno della Memoria voluto dall’amministrazione Giannoni per il 2025 e curato nella sua organizzazione dall’assessore alla memoria Simone Balsanti e dal tavolo della Memoria. A moderare Caffaz sarà il professore di storia dell’università di Padova, Lorenzo Pera. Il tema è di quelli che nella storia sono destinati a non raffreddarsi facilmente, si parla infatti degli ebrei in Italia e in particolare durante la Shoah e anche delle vicende dei nonni dell’autore e delle loro peregrinazioni per sottrarsi ai nazisti, vicende che in parte si intrecciano con Santa Croce sull’Arno dopo l’8 settembre e con il Valdarno, meta cruciale della vicenda umana dei nonni di Caffaz.

Come nasce l’idea di scrivere questo libro?
“Deriva da una serie di colloqui che ebbi nel 2006 con mia nonna. Mia nonna Esterina, che per tutta la vita (dopo il 1945) aveva gestito un negozio di abbigliamento, come lo hanno fatto tanti ebrei, fino all’età di 85 anni, pochi giorni prima della chiusura di questa attività, mi chiamò e mi chiese di passare da lei. Quando la incontrai lei mi disse che mi doveva mostrare delle cose che aveva conservato in una scatola di legno, da qui titolo del libro. Nella scatola mia nonna aveva conservato documenti, libri, fotografie, giornali. Tutto materiale che raccontava l’esperienza sua personale, quella della famiglia e in generale degli ebrei italiani fino ai giorni nostri. I colloqui con mia nonna andarono avanti per vari giorni, il materiale della narrazione era tanto e non fu una narrazione organica, teniamo conto che mia nonna aveva 85 anni e aveva studiato fino alla 4 elementare. Nel libro inevitabilmente ho dovuto cercare di rimettere ordine la sua narrazione”.

La vicenda storia di sua nonna perché ad certo punto approda a Santa Croce sull’Arno?
“Mia nonna per sottrarsi alla cattura dei nazisti fu costretta a spostarsi continuamente dopo l’8 settembre. Quando mio nonno viene imprigionato nella vostra zona, mia nonna è a Santa Croce e vive in un dormitorio, dove affluivano gli ebrei da buona parte della Toscana in fuga dalla persecuzione. Mia nonna trascorse un periodo in questa struttura. Da lì poi si mosse per cercare di liberare mio nonno che era stato imprigionato a San Miniato, probabilmente sarebbe stato indirizzato a Fossoli come gran parte degli ebrei catturati in Italia. Fortunatamente in modo un po’ rocambolesco riuscì a liberare mio nonno, corrompendo il direttore di questa struttura”.

Cosa c’è di particolare nella narrazione di sua nonna oltre che naturalmente una storia familiare?
“La principale particolarità della narrazione di mia nonna e quindi del libro, è che viene messa in evidenza una parte della storia degli ebrei italiani e della shoah, non dei grandi centri urbani, ma di cosa accadde a chi viveva in periferia, nei piccoli centri. C’era subito una differenza profonda chi viveva in periferia non poteva contare su una rete di protezione fatta dagli stessi ebrei e dalle associazioni come la Delasem per sottrarsi o comunque sopravvivere alla persecuzione nazista. Per gli ebrei della periferia tutto questo non ci fu in periferia. Gli ebrei dei piccoli centri elaborarono altre strategie. Ad esempio, per rendere l’idea e dire una di queste peculiarità, quella di cambiare sistematicamente casa, scambiando l’abitazione con gli altri ebrei residenti anche lontano. Con il libro in parte cerco di raccontare anche questi aspetti della persecuzione”.

Cosa le raccontò sua nonna della persecuzione nei centri minori, come Carrara?
“Spesso in Italia si è teso ad allontanare da noi dalla nostra realtà le leggi razziali e la persecuzione nazista. Spesso ho sentito dire, ‘ma da noi le leggi razziali non vennero applicate’ riferendosi a piccoli centri. Questo non è vero. Le leggi razziali di Mussolini vennero applicate anche nelle piccole realtà, e la persecuzione dei nazisti ci fu. Si forse è vero che in molti casi le leggi razziali, di Mussolini, che per certi versi erano anche peggiori di quelle di Hitler, in Italia spesso non furono applicate in toto, ma furono comunque applicate anche nei centri minori. Per quanto riguarda la mia realtà a Carrara ho visto all’archivio di Stato più di mille documenti di condotte discriminatorie verso gli ebrei”.

Quale è il quadro della comunità ebraiche, piccole o grandi che siano, dell’Italia fascista che emerge dal racconto di sua nonna e dalle ricerche che poi lei ha condotto?
“Sostanzialmente gli ebrei si divisero in due grandi gruppi, i simpatizzanti del regime che sostennero convintamente il fascismo, perché in loro l’appartenenza all’Italia era prevalente su quella ebraica, coloro insomma che ancora prima di essere ebrei si sentivano italiani. Poi vi fu invece chi rimase neutro nei confronti del regime e chi invece era contrario. Questi ultimi in realtà erano contrari perché aderivano al movimento sionista e sostenevano il proposito di costruire uno stato di Israele in Medio Oriente. All’interno della comunità ebraiche, sul posizionamento rispetto al fascismo, vi fu uno scontro molto forte in tutta Italia e alla fine prevalse la posizione sionista o neutrale rispetto al Fascismo. Questa fu la principale divisione delle comunità ebree in quel tempo”.

La sua famiglia è riuscita a salvarsi tutta dalla Shoah o avete perso qualcuno nella persecuzione?
“La mia famiglia fortunatamente riuscì a salvarsi quasi tutta, solo un cugino di mio nonno fu catturato e poi morì ad Auschwitz”.

Sua nonna, dei vostri concittadini e degli italiani in quel momento storico cosa le ha raccontato, che quadro ne esce dal libro?
“Le reazioni della popolazione italiana furono analoghe in tutta Italia, ci fu chi aiutò gli ebrei, ma ci furono anche i delatori e chi si voltò dall’altra parte. Il male fu ovunque, su questo non vi è dubbio, certo è che oggi abbiamo un dato che ci permette di dire che in Italia il male ci fu come altrove, ma forse ci fu anche più di bene. Oggi l’Italia, che non ha mai avuto una densità di popolazione ebrea particolarmente alta, rispetto a realtà come la Polonia o altri paesi dell’est europeo, è i l’ottavo paese al mondo tra per numero di persone riconosciute Giusti tra le Nazioni dallo Yad Vashem”.

Lei da anni fa politica nell’area di centrodestra anche ricoprendo cariche pubbliche e si riconosce nei valori della destra liberale moderata. Come concilia questa appartenenza politica con la sua storia familiare e con quella degli ebrei in Italia?
“Bene, io non ho nessun problema come ebreo italiano a militare nel centrodestra facendo politica come liberale laico. Non ho nulla da conciliare, ho trovato tanti amici che la pensano come me, ho trovato altri che la pensano diversamente da me. Ma non ho nessun problema con nessuno. Semmai sul centrodestra posso dire che negli ultimi anni mi sembra che Israele sia difeso più dal centrodestra di Meloni che non dal centrosinistra. In passato alle volte ho avvertito atteggiamenti particolari, tanto da alcuni esponenti del centrodestra quanto quelli del centrosinistra, ma questi sono andati sempre più assottigliandosi. Dopo ci sono dei settori del tutto marginali che hanno ancora oggi atteggiamenti antisemiti ci sono a destra a sinistra ma sono solo dei parìa culturali. Purtroppo i dati ci dicono però che i fenomeni di antisemitismo da anni hanno un trend in crescita e credo che questo sia un problema, che prescinde dalla mia esperienza politica e che reputo preoccupante”.