Prorogata al 18 febbraio la mostra di Marta Roberti al centro espositivo Villa Pacchiani

Centrale per l’artista è l’esplorazione del rapporto tra tradizione occidentale e orientale attraverso il recupero di mitologie, la rilettura del concetto di “esotico” e lontano nel tempo, il rapporto uomo-animale
La mostra di Marta Roberti Cose che non accaddero mai ma che sempre sono allestita al centro espositivo Villa Pacchiani di Santa Croce sull’Arno rimarrà aperta al pubblico fino a sabato 18 febbraio.
La mostra costituisce l’occasione di approfondire plasticamente la ricerca di Marta Roberti, vincitrice della decima edizione del Premio Santa Croce grafica (2021), che si manifesta in disegni e installazioni, video animazioni disegnate a mano, videoproiezioni e luce e si fonda su una visione del mondo che vede l’essere umano in un profondo e mistico legame con il mondo animale e vegetale in un costante rapporto vitale e generativo e in un processo continuo di metamorfosi delle specie.
Centrale per l’artista è l’esplorazione del rapporto tra tradizione occidentale e orientale attraverso il recupero di mitologie, la rilettura del concetto di “esotico” e lontano nel tempo, il rapporto uomo-animale. Marta Roberti costruisce così un immaginario stratificato, ibridato e complesso con l’obiettivo di rendere visibili possibili identità che non rientrano negli schemi culturali dominanti dove, al centro di tutto, è un’energia vitale che si garantisce attraverso una continua metamorfosi.
La mostra parte dall’ultima serie di disegni realizzati dall’artista che, rimpaginando e riconfigurando opere di periodi diversi, costruisce una grande narrazione in dialogo con lo spazio. Ambigue creature metamorfiche, benevoli e terribili, echeggiano, nelle loro iconografie, miti generati da culture diverse, si connettono al mondo della natura evocando complesse relazioni tra mondo umano, vegetale e animale. Sono tutti autoritratti dell’artista che ritrae se stessa in tante vesti diverse: durante il percorso espositivo l’artista si manifesta a noi nelle vesti della babilonese Ishtar, dea dell’amore, dell’erotismo ma anche della guerra, della Dea dei serpenti generata dalla civiltà minoica riferibile ai rituali della fecondità, di Potnia theròn, Signora degli animali, dea mediterranea fin dall’Età del bronzo, selvaggia e primordiale, e della terribile dea indù Kali, ma anche di Europa che fu rapita da Zeus in veste di toro bianco il cui mito rappresenta la migrazione tra Oriente ed Occidente.
La seconda serie di disegni appartiene a un altro ciclo di opere, Se io mi Intuassi come tu ti inmii (2021) (Se potessi penetrarti, capirti, percepirti con la stessa empatia che ti fa penetrare in me…) tradotte poi, in un progetto ancora in corso, in arazzi dai ricamatori del Kashmir. Il titolo riprende un verso del Paradiso della Commedia dantesca (Paradiso IX,81) e la scelta delle scene mette a fuoco il tema della metamorfosi. Dice Marta Roberti: “ho cercato di rappresentare, usando il mio corpo e il mio viso femminile, i processi di metamorfosi tra umani e animale, tracciando nella Divina Commedia alcune figure e passaggi che esprimevano una condizione di mancanza di confine tra umano e animale.”
Nella terza serie di disegni la figura umana (sempre autoritratto dell’artista) si ispira all’osservazione delle posture di difesa che gli animali assumono in situazioni di pericolo. In questi disegni in particolare, realizzati a ridosso della pandemia e del lockdown, le squame che ricoprono il corpo del pangolino, unico mammifero con questa caratteristica, sono assunte a motivo decorativo per la realizzazione delle capigliature, a figurare una sorta di casco protettivo alludendo a una metamorfosi e fusione tra il corpo umano e l’animale ritenuto ospite intermedio e mezzo per il passaggio del virus da animale a uomo. La quarta serie di disegni in mostra va a costruire, in una grande istallazione, una sorta di ambiente “al nero”. La serie di quinte che la compongono è costituita da disegni tracciati sulla carta carbone dalla quale la figura emerge graffiando via la grafite dalla carta copiativa. Questo paesaggio oscuro è abitato da esseri umani, piante e animali, creature che emergono come dagli abissi di una coscienza e vanno a intrecciare rami e corpi in un rapporto sempre dialettico.
In occasione del finissage della mostra (18 febbraio) verrà presentato il catalogo che raccoglie i testi di Cecilia Canziani, Mauro Folci, Ilaria Mariotti e Paola Ugolini e una ampia selezione di immagini di opere che documentano non solo il percorso della mostra ma anche la ricerca più recente dell’artista. La proroga della mostra e la realizzazione del catalogo sono stati resi possibili grazie alla collaborazione di z2o Sara Zanin Gallery.
La mostra sarà visitabile da oggi (20 gennaio) al 18 febbraio dal venerdì alla domenica dalle 16 alle 19.