Veste di rosso e gli somiglia: c’è Dante sugli affreschi del camposanto di Pisa

È l’ipotesi avanzata da una professoressa di paleografia alla Scuola Normale
Un uomo vestito di rosso e assai somigliante al ritratto giottesco di Dante al Bargello. Potrebbe essere il ritratto del sommo poeta una delle figure rappresentate negli affreschi coevi che il pittore medievale Buonamico Buffalmacco (1262-1340 circa) dipinse dal 1336 sulle pareti nel camposanto di Pisa, fra gli arcangeli della sezione del giudizio universale che spingono all’inferno una folla di reietti.
È l’ipotesi che Giulia Ammannati, professoressa di paleografia alla Scuola Normale avanza in un articolo in via di stampa sugli annali della scuola.
“Perché Buffalmacco avrebbe fatto precipitare all’inferno proprio Dante? – si legge in un testo della Normale – Giulia Ammannati nel suo studio non si basa solo su somiglianze fisionomiche, ma riconduce questa ipotesi al contesto storico politico dell’epoca, e all’aspro contrasto che opponeva Papato e Impero”.
L’arcivescovo di Pisa Simone Saltarelli stretto collaboratore di papa Giovanni XXII – ricorda questo studio – si era dovuto rifugiare ad Avignone presso il Pontefice negli anni 1327 – 29) in cui Pisa fu occupata da Ludovico il Bavaro che vi insediò anche un proprio antipapa, Niccolò V. In quelle vicende i filoimperiali avevano tratto succosi argomenti da un’opera di Dante il trattato De monarchia presto condannata al rogo dagli emissari del Papa avignonese. Ecco che il Dante teorico di un’Italia unita anche sotto l’impero, può esser stato stigmatizzato negli affreschi di Buffalmacco nella cui ispirazione i domenicani pisani e lo stesso arcivescovo ebbero un ruolo fondamentale.
“Il personaggio barbuto accanto a lui – prosegue lo studio – potrebbe allora essere Virgilio, messo al bando forse anche per la sua fama medievale di mago, accusa che peraltro colpì lo stesso Dante negli ultimi anni della sua vita. Ma cosa sapevano i pisani dell’aspetto di Dante quando Buffalmacco dipingeva in Camposanto? Saltarelli e Buffalmacco erano fiorentini e potevano aver visto il ritratto di Dante al Bargello”.
Tuttavia la professoressa Ammannati adduce anche la plausibile ipotesi dovuta a Marco Santagata che Dante avesse soggiornato a lungo a Pisa negli anni di Arrigo VII (1312-13) componendovi larghe parti del De monarchia e dove fu probabilmente visto e ricordato. La predicazione dei domenicani e la tradizione orale di commento ai dipinti avrebbero fatto il resto, rendendo riconoscibile ai contemporanei l’exemplum del reprobo Dante.