S.Croce, quando il 1 Maggio si festeggiava su Usciana

Appare strano trovare una via 1 maggio in aperta periferia, a due passi dalle sponde di Usciana e dalla Francesca bis. Eppure a Santa Croce è così, ma la scelta non è affatto casuale. È il ricordo di un passato di fine Ottocento in cui la Festa dei lavoratori era considerata un pericoloso e potenziale ritrovo “sovversivo”, almeno per la sensibilità delle classi dirigenti dell’Italia liberale, che costringeva i “rossi” a celebrare la loro “festa” ben lontano dal paese, all’epoca in aperta campagna. Alla vigilia del 1 Maggio, vi proponiamo un piccolo articolo firmato da Valerio Vallini a ricordo di un passato e di un’Italia che ci appaiono lontanissimi. Buona lettura.
Oggi a nessuno verrebbe voglia di festeggiare il 1° Maggio fra i profumi dello scolmatore. Ma neppure nel 1890 la gente era felice di recarsi sulle sponde dell’Usciana con bandiere, striscioni e fanfara per festeggiare la festa del lavoro. Nei primi del Novecento i cortei salivano dalla via circondaria del paese, e attraversavano lungarno Tripoli. Quel luogo remoto: quattro chilometri dalla piazza dei Fossi, era stata una scelta obbligata. Accadde perché le autorità di polizia (era l’agonizzante stato liberale), non permettevano lo svolgimento della festa nel centro del paese. La fanfara, che apriva la festa, non poteva suonare nei tratti fra una strada e l’altra nel centro del paese, ma solo agli incroci delle strade. Doveva percorrere dei tratti senza suonare, per suonare soltanto da ferma ai crocicchi delle strade. Comportamenti dispettosi, anzi vessatori. Ecco perché il nome di Primo Maggio dato in quella zona di Usciana ad una strada che ancora lo conserva.
Fino a non molti decenni fa una fanfara guidava il corteo. Faceva la sveglia alla popolazione alle prime luci del mattino. Ora la fanfara non suona più. Qualche trattore brontolone impuzzisce l’aria. Qualche bandiera sventola portata da capelli canuti. Su un palco alcuni volenterosi propongono slogan aggiornati sui migranti e attacchi al job act e alla buona scuola. Nonostante l’impegno e la memoria, neppure questa condivisa, si assiste alla ripetizione di un rito stanco e usurato. (v.v.)
In foto: lo sciopero del 1 Maggio 1910