San Miniato sotterranea: oltre 100 cavità nascoste



Una San Miniato sotterranea, fatta da una fitta rete di cantine, gallerie e cunicoli che negli anni hanno attirato l’attenzione di cittadini e studiosi intenti a scoprire una parte di centro storico ‘nascosta’, poiché estesa sotto la strada e gli edifici. Si presume siano oltre un centinaio gli ambienti che caratterizzano da secoli la trama del sottosuolo con la presenza di cave, cisterne e pozzi. Alcuni di questi posti sono già stati individuati e visitati, altri ancora sono oggetto di rilevazioni e misurazioni al fine di definire una mappatura quanto più completa e precisa possibile: una sorta di censimento, dunque, che va ad aggiornare le attuali conoscenze storico-urbanistiche del centro.
Grazie ai suggerimenti dei cittadini e al parere di alcuni professionisti, è stato possibile risalire a questi ambienti presenti nelle abitazioni private, ma anche negli edifici storici quali palazzo Grifoni e palazzo Roffia, come pure all’interno di beni di proprietà ecclesiastica: si parla, ad esempio, delle grotte nel giardino del Duomo, sotto la chiesa di Santo Stefano e dietro il convento di San Paolo. Una presentazione della ricerca sugli spazi ipogei di San Miniato si è tenuta di recente a cura dell’associazione ‘Moti carbonari, ritrovare la strada’, con gli interventi di studiosi universitari e tecnici del settore. Come ha spiegato l’architetto Anna Braschi, membro di Moti carbonari, la ricerca nasce da lontano, a partire dal 1999.
“L’associazione ‘Architettura e territorio Lanfranco Benvenuti’, in collaborazione con il gruppo speleologico fiorentino Cai, si interessò degli spazi sotterranei di San Miniato a partire dalla documentazione, anche fotografica, di due percorsi in via Conti e in via Ser Ridolfo – dice Braschi –. Nel tempo furono fatte misurazioni di cisterne di vario tipo, presentate poi in una mostra”. La ricerca è stata successivamente portata avanti dal gruppo Moti carbonari, affiancandosi alla loro consueta attività di recupero dei percorsi carbonari circostanti la città. “Per adesso abbiamo visitato circa una 40ina tra cave e cisterne, ma sono forse un decimo di quanto c’è da scoprire sotto al centro storico. Nel concreto si tratta di cavità, principalmente grandi, che sono state scavate nelle sabbie compatte, il tufo. La terra ricavata dagli scavi veniva poi utilizzata per edificare”. Fino al Medioevo questi spazi erano sfruttati come dispensa per le cucine soprastanti o per depositare grano e vino, mentre cisterne e pozzi servivano per la raccolta delle acque piovane e di sorgente. Dai sopralluoghi sono emerse le realtà più varie, ma di particolare suggestione sono state una cava di 40 metri quadrati in via Maioli con una targa che riportava l’anno 1519, e un’altra cava datata al 1737. “Ciò significa – prosegue Braschi – che si tratta di una tecnica di escavazione per la costruzione delle case che si è protratta nei secoli. Ora però sarebbe interessante capire da dove arriva l’acqua di drenaggio del colle e, attraverso la misurazione, sapere a quale profondità si collocano questi luoghi rispetto al manto stradale”. Ci sono, ad esempio, dei casi particolari in cui a separare le cavità dalla strada sono solo pochi metri: rilevarlo, quindi, potrebbe servire ad operare in condizioni di maggiore sicurezza nel caso in cui dovessero essere effettuati dei lavori, pubblici o privati, sulle strade o sugli edifici soprastanti. Tuttavia ad oggi alcuni tratti sotterranei rimangono ancora illeggibili: si tratta di cunicoli ricoperti dalle macerie delle demolizioni avvenute durante la seconda guerra mondiale, nel ’44, quando le mine furono messe nelle cantine di circa il 60 per cento degli edifici più grandi. “Il nostro intento è quello di continuare il lavoro – conclude Braschi – fornendo dati grezzi che potranno essere utili ai professionisti. Se in futuro riuscissimo anche a creare una sorta di percorso visitabile dai turisti sarebbe una bella cosa”.
Serena Di Paola