Festa della donna, omaggio a Maria Ottavia Vettori





Maria Ottavia (1806-1878), ultima superstite dell’antico e nobile casato dei Vettori. Ereditò una grande fortuna che comprendeva fra molti altri beni, la fattoria Il Barone nei pressi di Montemurlo di Prato, palazzi in Firenze, e infine la splendida residenza di Poggio Adorno che era stata costruita dal 1654 al 1657 da Benedetto Guerrini. Che Maria non fosse una donna da compromessi, lo dimostrò quando smise di vivere insieme al conte senese Giulio Placidi che pure aveva sposato con tanto fasto, per contrasti sull’amministrazione del patrimonio.
La sua generosità è testimoniata, fra l’altro, in occasione del colera del 1855, quando nelle stanze di del suo palazzo (oggi palazzo Vettori), furono ospitati molti colerosi e “provvide all’acquisto di 30 letti dalla Capitale a sue spese come recita una delibera della Prefettura di Firenze di quell’anno.”
Nel frattempo la Villa di Poggio Adorno diventò, un luogo di vivaci incontri letterari e artistici. Furono suoi ospiti lo scultore fiorentino Ulisse Cambi, l’architetto Mariano Falcini – chiamato a Poggio Adorno per il restauro dell’oratorio di San Benedetto – e il pittore santacrocese Cristiano Banti che all’epoca aveva 25 anni.”
Da patriota convinta, Maria Vettori Tempi nel 1847, in memoria del padre Pietro, consigliere del Granduca Ferdinando III, donò 100 fucili e due cavalli alla Guardia Civica perché servissero al buon esito della causa italiana. Inoltre, nel 1859, dopo l’abdicazione del duca Leopoldo II, Maria Vettori organizzò a Santa Croce una grande cerimonia per la milizia cittadina alla quale regalò la bandiera tricolore. Cristiano ne restò affascinato e fra i due nacque un’ affettuosa amicizia sorretta da reciproca stima. Ma ci fu qualcos’altro che legava il giovane artista alla sua benefattrice? Nell’incertezza delle fonti e nell’assenza di fatti certi, il gossip, si direbbe oggi, la fece da padrone.
“C’era attorno al Banti – scrive la moglie del pittore ferrarese Boldini – un’atmosfera cattivamente equivoca poiché la marchesa Vettori, ricca erede della casa medicea, l’aveva largamente provveduto dei beni e nominato suo erede. Le ‘buone lingue’ mornoravano sui rapporti della vecchia dama con il giovane pittore, ed il più che quarantenne Banti, un giorno singhiozzando ne parlò con Boldini confidandogli che la marchesa era in realtà sua madre”.
Il pendolo oscillava fra figlio e amante. Fra le due ipotesi la meno probabile è quella di una relazione amorosa. Comunque sia, il fatto che conta è che, nella Santa Croce della seconda metà dell’Ottocento, le circostanze e gli affetti favorirono l’affermarsi di un artista che ha segnato la storia del movimento macchiaiolo ed ha fatto emergere la straordinaria generosità della marchesa Ottavia Vettori con una grande testimonianza di affetto per la sua terra: il dono del palazzo che porta il suo nome.
Valerio Vallini