Montopoli Valdarno |
Cronaca
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“Questa famiglia è già al suo paese” ma ha dovuto denunciare insulti razzisti mentre fa la spesa

24 agosto 2024 | 10:44
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“Questa famiglia è già al suo paese” ma ha dovuto denunciare insulti razzisti mentre fa la spesa

Usciti da un fraintendimento per la fila al banco. “Ciò che mi dispiace di più è che debbano aver assistito i nostri figli”, tutti nati in Italia

Storia di ordinario razzismo in una giornata come tante. Un piccolo, ma grave, fatto avvenuto alcuni giorni fa in un supermercato di Montopoli Valdarno. A farne le spese, fra l’incredulità e la voglia di reagire, è stata una 36enne italiana di origine senegalese che si è vista aggredire verbalmente per il colore della pelle.

L’autore è un sessantenne italiano, noto nel comune, che ha innescato l’aggressione verbale per un banale diverbio sull’ordine della fila di fronte a un bancone, peraltro nato sull’onda delle incomprensioni. Il fatto è avvenuto alcuni giorni fa, con tanto di intervento dei Carabinieri, ma ci ha messo alcuni giorni a venire a galla. Il tutto è nato di fronte al banco della pescheria, dove l’uomo veniva già servito e lei, in attesa, stava dietro di lui. Di qui la necessità della donna di ‘prenotare’ il posto dopo di lui con un cenno alla commessa, in modo da proseguire intanto con la spesa.

Tanto poco è bastato per scatenare una sequela di offese, che subito hanno assunto tutti i classici toni del razzismo. “All’inizio non ho nemmeno capito che ce l’avesse con me” ci racconta la donna, che per la cronaca, anche se questo non dovrebbe fare alcuna differenza, è cittadina italiana e residente da oltre dieci anni nella vicina San Miniato, al confine con Montopoli. “Rivolto alla commessa al banco l’uomo ha iniziato a dire che quelli come noi dovrebbero tornare tutti al loro Paese, che non sopporta gli stranieri – racconta la donna, che ha visto peggiorare la situazione non appena ha deciso di affrontare quella prepotenza –. Pensava che volessi passargli avanti e non ha sentito ragioni, continuando con gli insulti razzisti”.

A nulla sono valsi i tentativi di spiegarsi, fino a quando il movente di tanto odio, aldilà delle quisquilie del turno, non sono venute a galla. “Sono razzista e ne vado fiero. Non è una colpa”. Fatti che a seguire, sarebbero stati confermati dalla stessa commessa, che poco dopo ha condiviso la scena con altri colleghi del supermercato, intervenuti per calmare gli animi. A niente è valso poco dopo anche l’intervento dei Carabinieri, chiamati dalla donna una volta uscita fuori nel parcheggio dove l’aspettavano il marito e i tre figli, tutti minori e nati in Italia, che l’hanno poi accompagnata ancora dentro.

“Ciò che mi dispiace di più è che debbano aver assistito i nostri figli – ci racconta al telefono il padre -. In tanti anni non mi era mai successa una cosa simile”. Tanti sarebbero anche i testimoni. La famiglia, conosciuta nella zona, è cliente abituale del punto vendita. “Viviamo qui da tanti anni, qui ci siamo conosciuti, qui abbiamo deciso di vivere insieme e costruire la nostra famiglia – racconta la donna al telefono, con l’animo che subito, tornando con la mente a quegli attimi, si scalda -. Che cosa si deve fare per stare in pace?”.

Le forze dell’ordine hanno preso le testimonianze. Lo scorso 16 agosto la famiglia ha sporto regolare denuncia. E si vocifera anche di una protesta pubblica in via di organizzazione. Proprio dal mondo della politica si sono alzate le prime voci. “Se avessi di fronte quel signore gli direi che questa famiglia, che conosco bene, è già al suo paese. La cittadinanza non c’entra – dichiara il sindaco di San Miniato Simone Giglioli -. In un territorio come il nostro che ha saputo accogliere tante comunità, questi fatti fanno male e sono il frutto, temo, di un clima esasperato negli anni da tanti che hanno soffiato sul fuoco per motivi elettorali”.

La sindaca Vanni, pur contattata, ha scelto di non rispondere.

Annuncia invece un incontro con la famiglia e future iniziative l’assessora all’istruzione e al contrasto alle discriminazioni di Montopoli Kendra Fiumanò. “Purtroppo un caso tutt’altro che isolato – dice -. Le persone saranno il centro della nostra azione politica. Lo saranno i loro diritti, la loro libertà e la loro autodeterminazione. Lavoro che non può essere solo istituzionale ma deve essere fatto insieme a una comunità pensante, sensibilizzata al tema”.