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Cronaca
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Ex Barbate, il Consiglio di stato accoglie il ricorso: “Quadro poco chiaro, nessuna demolizione”

18 agosto 2024 | 12:46
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Ex Barbate, il Consiglio di stato accoglie il ricorso: “Quadro poco chiaro, nessuna demolizione”

“Ora potremo lavorare serenamente”

Nessuna demolizione alle ex Barbate di Montopoli Valdarno. Né della piscina né tantomeno dei campi da tennis. E’ questa la definitiva decisione del Consiglio di Stato, con una sentenza ha dato ragione dell’appello alla società proprietaria del complesso a Capanne.

I giudici dell’ultimo grado di giudizio in ambito amministrativo si sono infatti espressi in merito al ricorso che la società, che nei primi anni 2000 aveva rilevato tutte le strutture comprandole all’asta fallimentare e riqualificandole, aveva presentato dopo la sentenza sfavorevole del Tar dello scorso ottobre. Tema del contendere l’esistenza di alcuni vincoli di natura idraulica e paesaggistica, legati alla vicinanza del fiume Chiecina, che avrebbe dovuto giustificare la demolizione di parte delle strutture, in particolare la piscina ed i campi da tennis. Nel caso della piscina alcuni pareri, oggi bocciati, parlavano di una non conformità misurata in una manciata di metri. La sentenza scorsa aveva dato ragione a Comune e Soprintendenza, costringendo nei fatti l’ente, in tutela del suo operato, ad emettere un’ordinanza di demolizione. 

Ordinanza e sentenza, impugnate stavolta di fronte al Consiglio di Stato, sono state adesso ribaltate a favore della società, in virtù di un iter procedurale a monte della concessione dei diritti a costruire su cui incomberebbe, secondo i giudici “un quadro complessivo obiettivamente poco chiaro, che può ragionevolmente aver ingenerato incertezza sull’esistenza o quanto meno sull’effettività, sull’operatività o sulla determinatezza del vincolo”.

In altre parole, sia coloro che hanno edificato per primi le strutture alla fine degli anni ’90 ricevendo le relative autorizzazioni, sia coloro che hanno contestato in seconda battuta la validità o meno di questi vincoli dopo una richiesta di chiarimento della stessa società, fra cui lo stesso Comune di Montopoli e la Soprintendenza, avrebbero operato in una situazione giuridicamente incerta, fra pareri, deduzioni e controdeduzioni talvolta contradditori ed in certi casi mai pervenuti esplicitamente. “Emerge piuttosto chiaramente che gli stessi Uffici comunali – aggiungono i giudici – sembrano essersi posti per la prima volta la questione solo dopo essere stati, per così dire, sollecitati dalla società che, subito dopo l’acquisizione, aveva correttamente avviato l’iter burocratico amministrativo per procedere ai necessari interventi di recupero dell’area”.

“Incertezza – aggiungono – della quale non può obiettivamente ritenersi debba farsi carico la società appellante, che solo diversi anni dopo la realizzazione delle opere ha acquistato il complesso in questione, come ricordato, non da un privato bensì nell’ambito di una procedura esecutiva gestita dal Tribunale sorretta da una perizia nella quale pure la sussistenza del vincolo non viene mai rilevata”.

Se anche non vi fossero stati inoltre tutte le condizioni a costruire, i giudici ribadiscono inoltre che vi sarebbero state le condizioni per concedere le sanatorie a suo tempo richieste. “Una brutta storia che finalmente si è conclusa – commenta sinteticamente il proprietario delle strutture Felice Condigliota –. Ora potremo lavorare serenamente”.