Morto in Toscana lo stopper del Cagliari campione d’Italia

Passato alla storia come 're degli autogol', è stato azzurro ai mondiali di Messico del 1970

Lutto nel mondo del calcio per la morte di Comunardo Niccolai, stopper del Cagliari campione d’Italia nel 1970 e azzurro ai mondiali del Messico.

È morto stanotte, all’ospedale di Pistoia, dove viveva, all’età di 77 anni. Era nativo di Santa Lucia di Uzzano.

Così lo ha ricordato sui social il Cagliari: “Lascia il ricordo di un grande sportivo, un uomo educato, gentile, rispettoso, cordiale, che sapeva farsi voler bene”.

La biografia dal libro ‘Tutti i toscani mondiali’

“Tutto mi sarei aspettato nella vita, tranne vedere giocare Niccolai in mondovisione”. Una frase fra l’ironico e il sincero, pronunciata da Manlio Scopigno, mitico mister dello scudetto del Cagliari del 1970, che accompagnerà la carriera del difensore pistoiese come un marchio.

Così come il soprannome di “re degli autogol”, che gli è sopravvissuto anche una volta smessi i panni del calciatore. Ma sarebbe ingeneroso ricordare Comunardo Niccolai soltanto per questi “incidenti di percorso”, visto che nella sua carriera ha collezionato 225 presenze e 4 gol ed ha conosciuto anche la maglia della nazionale.

La fortuna di quello stopper arcigno e, a volte, maldestro, sarà la Sardegna. Sarà sull’isola, infatti, che conoscerà il calcio di alto livello e la serie A. La sua carriera, dopo le giovanili, inizia a 16 anni a Sassari, con la maglia della locale squadra della Torres, in serie C, dove a diciassette anni colleziona 22 presenze in campionato. Gli osservatori della più importante formazione sarda, il Cagliari, tornato in serie A dopo alcuni anni di Purgatorio, lo segnalano alla dirigenza. Piace la sicurezza e la solidità di quello stopper che calca ancora i campi di periferia.

La stagione della promozione in prima squadra è il 1965/66, ma per i primi tre anni colleziona soltanto gli spiccioli: sempre in panchina nel 64/65, una gara, quella d’esordio assoluto (Lanerossi Vicenza – Cagliari dell’1 maggio 1966) l’anno dopo, cinque presenze nella stagione 66/67, quindi 13 su 30 nell’annata successiva.

A vent’anni compiuti e con l’allenatore Manlio Scopigno, il “filosofo”, come mentore, è ormai riconosciuto come uno stopper di serie A e con Cera e Martiradonna costituisce una linea difensiva quasi insuperabile: solo 18 i gol subiti dalla squadra nel 68/69, l’anno che preluderà al grande scudetto conquistato dalla squadra isolana. Arriva, infatti, un secondo posto a quattro punti di distanza dalla Fiorentina “yè yè” di Pesaola e la qualificazione alla Coppa Uefa (con conseguente eliminazione ai sedicesimi contro il Carl Zeiss Jena). Ma la squadra del presidente Corrias è pronta al grande salto che arriva anche grazie ad un’operazione di mercato decisiva: Boninsegna, quasi un doppione di Riva, va all’Inter in cambio di Gori e Domenghini. Anche loro saranno fra gli artefici di una cavalcata storica verso la vetta del calcio italiano. E non c’è autogol che tenga per fermare i sardi verso lo scudetto tricolore: i due pareggi contro la Juventus, l’inviolabilità dello stadio Amsicora, i gol di Gigi Riva e i soli undici gol subiti nell’arco dell’anno regalano la gioia più bella della storia della società. Proprio un gol di Niccolai nella propria porta fa temere il peggio in una delle partite più attese della stagione. Si gioca a Torino il match di ritorno con la Juventus: al 29’ un intervento maldestro del difensore spiazza Albertosi e i bianconeri sono in vantaggio. Ci vorrà un gol di Riva per pareggiare alla fine del tempo. Nella ripresa, ma questa è un’altra storia, due rigori concessi da Lo Bello renderanno ancora più avvincente il 2-2 che spiana la strada ai sardi verso il titolo italiano.

Inevitabile che tutti i giocatori sardi entrino a pieno titolo nel mirino della nazionale di Ferruccio Valcareggi, che sta per partire per la trasferta messicana. Ma se Albertosi, Domenghini e Riva sono già da tempo fra i convocati sicuri per il Centroamerica i difensori Cera e Niccolai vengono chiamati nelle ultime amichevoli prima della partenza. Proprio alla vigilia del volo verso il Messico, nell’ultima amichevole contro il Portogallo a Lisbona per Comunardo Niccolai arriva l’esordio assoluto: subentra al primo minuto del secondo tempo allo stopper dell’Inter Puia e convince appieno il commissario tecnico. È lui, il più giovane azzurro partecipante al mondiale messicano con i suoi 23 anni, il prescelto per la prima del mondiale ’70 contro la Svezia. Ma la sua partita, alla seconda presenza in azzurro, dura davvero poco: al 37’ l’attaccante scandinavo Kindvall gli frana addosso e lo costringe a lasciare il campo in barella. Il suo mondiale finisce lì, lasciando spazio al fiorentino Rosato. Per buona pace di chi temeva clamorosi autogol e del suo allenatore Scopigno che gli scolpì addosso la celebre frase sullo stupore di vederlo in mondovisione. Niccolai rimarrà, comunque e per sempre, uno dei vicecampioni del mondo della fortunata spedizione messicana.

Al ritorno in patria è sempre il Cagliari a viverne le gesta in campionato. Ma non saranno più gli anni d’oro dei sardi che conquistano il continente. Sull’isola rimarrà per altre sei stagioni, vivendo la sfortunata partecipazione alla Coppa dei Campioni, con eliminazione al secondo turno con l’Atletico Madrid, e campionati altalenanti, con un quarto posto come miglior piazzamento nel 1971/72 (in Coppa Uefa sarà ancora eliminazione immediata). La maglia della nazionale la indosserà soltanto un’altra volta, il 17 ottobre del 1970 in una gara amichevole per il 75esimo anniversario della Federazione Svizzera. Curioso a dirsi ma in quella gara ci sarà un autogol, ma del suo compagno di squadra Cera.

Con la maglia del Cagliari vivrà stagioni di gioia ma anche la sofferenza della retrocessione in serie B, nel 1975/76, anno condizionato dall’infortunio di Riva che ne concluderà definitivamente la carriera. Con la retrocessione dei sardi Niccolai chiude, dopo 224 gare e 4 gol in A, la sua storia con la maglia cagliaritana e con il grande dolore di non essere riuscito a salvare la squadra dalla B. Niccolai ha ancora tanti estimatori e viene chiamato, sempre in serie A, dal Perugia. Ma in continente non è la stessa cosa: colleziona solo sette presenze e, ancora giovane, chiude con il calcio che conta, andando a chiudere la carriera in formazioni di categoria inferiore. Ma quello stopper considerato maldestro e pasticcione dalle leggende del calcio ha ancora tanto da dare al mondo del pallone.

Dal 1982, infatti, diventa allenatore federale e partecipa a due finali dell’europeo Under 18 nel 1984 e nel 1986, ad una finale dell’europeo Under 16 (1985) e ad una finale dell’europeo Under 21 come vice di Cesare Maldini. È stato poi allenatore in prima della squadra italiana nel mondiale Under 16 del 1997, al mondiale Under 20 e vice alle Olimpiadi di Seul e di Atlanta. Dimenticati gli autogol, insomma, si è dimostrato senza dubbio un tecnico da “mondovisione”.

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