Iva non pagata per 3 milioni e mezzo grazie a crediti d’imposta non spettanti, denunciate 4 persone

Il modus operandi era comune alle tre società operanti nella lavorazione di pellame, consulenza e commercio all’ingrosso di materiale pirotecnico
Tre società operanti nel territorio pisano, attraverso l’uso di modelli F24 recanti crediti d’imposta non spettanti, dovranno versare all’erario oltre 3,5 milioni di euro di Iva.
Le hanno infatti scovate gli uomini del nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Pisa e la compagnia di San Miniato infatti, insieme a personale della locale direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate nel più ampio e complesso ambito di interscambio informativo a contrasto delle fenomenologie fraudolente in materia di compensazione di crediti d’imposta. Denunciati 4 soggetti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pisa per il reato di indebita compensazione di crediti d’imposta.
Le attività ispettive nascono dallo studio e dall’incrocio di atti giuridici simulati, utilizzati per mascherare la reale operazione economica sottesa, ossia il trasferimento di un credito derivante dal settore “ecobonus” e successivamente impiegato dalle società cessionarie in compensazione dei propri debiti Iva. L’attenta analisi della documentazione ha consentito di rilevare un modus operandi fraudolento comune alle tre società pisane, operanti nel settore della lavorazione di pellame, dell’attività di consulenza amministrativa e del commercio all’ingrosso di materiale pirotecnico.
Queste ultime, infatti, utilizzando il medesimo soggetto cedente – una società con sede a Roma e formalmente operante nel settore della logistica e del trasporto su strada che, nel periodo 2021-2023 aveva materializzato crediti di imposta provenienti dal settore “ecobonus”, per un valore complessivo di oltre 10 milioni di euro così da realizzare le cessioni del credito di imposta – hanno posto in essere negozi giuridici, apparentemente a norma di legge, di affitto o usufrutto o nuda proprietà di ramo d’azienda, unitamente alla cessione di presunti beni “inventariati”. Beni che avevano come unico scopo quello di mascherare il trasferimento del credito e figuravano nei contratti al solo scopo di garantire la veridicità delle operazioni economiche.
Le attività svolte hanno confermato che gli strumenti giuridici utilizzati si sono rivelati atti giuridici simulati, ma inidonei a produrre effetti anche nei rapporti tra le parti, con particolare riguardo al trasferimento del citato credito d’imposta nei confronti dei percipienti. A carico delle società verificate è stata pertanto disconosciuta la legittimazione all’utilizzo degli asseriti crediti d’imposta, che sono stati tutti riqualificati quali crediti non spettanti.
I soggetti economici interessati, in adesione a quanto accertato si sono avvalsi dell’istituto del “riversamento spontaneo” impegnandosi quindi alla restituzione degli importi indebitamente utilizzati in compensazione. I procedimenti penali instaurati a seguito delle risultanze degli accertamenti di natura fiscale si trovano ancora nella fase delle indagini preliminari e, quindi, la responsabilità degli indagati sarà definitivamente accertata solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.