Messina Denaro latitante in Toscana: prime conferme dalle indagini

Emergono nuovi dettagli sugli affari del boss in Toscana
Gli inquirenti stanno cercando di ricostruire pezzo dopo pezzo il complesso e intricato puzzle della trentennale latitanza di Matteo Messina Denaro. Le prime certezze investigative sono ancora poche e al vaglio di complesse analisi e verifiche ma consentono di poter fissare alcuni paletti anche se incompleti sull’incredibile vita del boss da uccel di bosco e braccato da tutte le forze di polizia.
Eppure ci sono voluti tre decenni prima di assicurarlo alla giustizia. Appoggi a vario livello e titolo non gli sono certo mancati. Messina Denaro sparisce alla fine dell’estate del 1993 dalla Versilia dove era ospite con la sua compagna dell’epoca nella villa dei fratelli Graviano. Scompare perché fino a quel momento era un uomo libero ma a ridosso del mandato d’arresto per i processi sulle stragi di quegli anni terribili che poi porteranno alle sue condanne definitive riesce a far perdere le sue tracce. Segno che qualcuno lo ha avvisato. L’altra certezza degli inquirenti è relativa al periodo calabrese di latitanza prima di tornare in Sicilia. Già il 3 settembre del 2016 Nicola Accardo e Antonino Triolo, due mafiosi di Partanna, nel trapanese, non sapendo di essere intercettati rivelavano: “Dice che Matteo era in Calabria ed ora è tornato…”. In Calabria e forse anche in Versilia Messina Denaro si sarebbe appoggiato ad alcuni clan di ‘ndrangheta con i quali cosa nostra siciliana già faceva affari legati al traffico di droga e per la cocaina in particolare. Nel 2018,dopo un dossier del settimanale L’Espresso nel quale un pentito di ‘ndrangheta aveva riferito di alcuni viaggi nel Pisano, in una clinica privata, dell’ex boss durante il periodo in cui era uccel di bosco per effettuare la dialisi a causa dell’insufficienza renale di cui soffre, erano state avviate indagini dai giudici antimafia fiorentini per capire se chi lo aveva curato fosse a conoscenza della sua reale identità.
Insomma dalle prime ricostruzioni della sua latitanza trentennale ci sono tre parole collegate tra loro: Toscana, ‘ndrangheta, Calabria. Un inquietante tris che in realtà racconta molto di più di quello che è riferibile all’ex capo dei capi della mafia. Anche i magistrati fiorentini hanno richiesto di poter interrogare Messina Denaro anche perché è la Dda toscana che ha in mano i fascicoli ancora aperti sulle stragi del ’93 a Firenze, Roma e Milano e ai cosiddetti mandanti esterni. Nei prossimi giorni ulteriori pezzi del puzzle si aggiungeranno a queste poche ma significative certezze. A caccia dei complici e non solo.