Diamanti venduti a un prezzo troppo alto, saranno risarciti due professionisti del Cuoio

I due clienti avevano acquistato due diamanti a circa 20mila euro e un altro a 10mila euro
Altre due sentenze di condanna della filiale pisana di una banca che nel 2015 e nel 2016 aveva venduto 3 diamanti a due clienti ad un prezzo molto superiore rispetto a quello reale. I due clienti avevano acquistato rispettivamente due diamanti a circa 20mila euro, che ne valevano in realtà non più di 13mila e un diamante a 10mila euro che ne valeva al massimo 3mila. La banca è stata condannata dal Tribunale di Pisa quindi a risarcire 7mila sia nel primo caso e 13mila euro nel secondo caso.
Praticamente ad entrambi i clienti, in date differenti, erano state vendute pietre preziose ad un prezzo maggiorato, rispetto al valore effettivo sul mercato. Nel 2017, dopo lo scandalo emerso in tutta Italia e i provvedimenti dell’Antitrust, erano venuti fuori tutti i clienti ingannati e le banche hanno dovuto pagare i risarcimenti in tutti i tribunali italiani dove ci sono state persone che si sono rivolte ai giudici per essere ripagati dei danni subiti. Nell’inganno sono cadute anche persone molto note e famose nonché facoltose che avevano investito anche cifre a 9 zeri.
In queste due ultime sentenze del Tribunale di Pisa, depositate il 26 ottobre scorso, ed entrambe a firma del giudice Luca Pruneti, due professionisti di San Miniato e Santa Croce sull’Arno, hanno vinto le rispettive cause contro la banca che gli aveva venduto i diamanti. Anche per il Tribunale pisano, in parole povere, la documentazione contrattuale determinava un effetto ingannevoli su più fronti: quello legato al valore effettivo dei diamanti, che era “autonomamente fissato dal professionista e comprendente costi e margini di importo complessivamente superiore al valore della pietra – presentato come quotazione di mercato e pubblicato a pagamento su giornali economici” mentre la rappresentazione anche grafica della documentazione contrattuale e pubblicitaria induceva a sovrapporre la “quotazione” indicata come quella relativa al valore sul mercato; quello relativo all’aspettativa di apprezzamento del valore dei diamanti nel tempo “attraverso grafici costruiti sull’andamento dei propri prezzi di vendita presentati come “quotazioni”, messe a confronto con indici ufficiali e quotazioni di titoli stabilite in mercati regolamentati.
Scrive infatti il giudice in sentenza: “In ragione della natura fuorviante, omissiva e ingannevole delle informazioni fornite, deve reputarsi che l’attrice abbia, in definitiva, concluso il contratto di acquisto inconsapevole del valore effettivo del diamante e dei rischi ad esso sottesi. Fatto suscettibile di generare responsabilità sotto il profilo risarcitorio, ai fini di cui è causa”. In entrambe le sentenza la banca è stata condannata anche a un totale di 4500 euro di spese di lite e di giudizio.