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Testo unico sull’immigrazione sotto la lente della Corte Costituzionale: il Consiglio di Stato ha sospeso tutti i procedimenti in Italia

2 agosto 2022 | 19:05
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Testo unico sull’immigrazione sotto la lente della Corte Costituzionale: il Consiglio di Stato ha sospeso tutti i procedimenti in Italia

La norma per il rilascio del permesso di soggiorno parifica condanne per omicidio e violenza sessuale a quelle per cessione di stupefacenti e commercio di marchi contraffatti

Da Lucca, Pisa, Grosseto, Arezzo, Brescia e Milano il via a una probabile rivisitazione del testo unico sull’immigrazione. Dai tribunali amministrativi della Toscana e della Lombardia sono arrivati sul tavolo dei giudici del Consiglio di Stato gli appelli di cittadini stranieri, condannati a pene di lieve entità, e in alcuni casi nemmeno definitive, che si erano visti negare la richiesta o il rinnovo del permesso di soggiorno dal ministero dell’interno, attraverso le questure e le prefetture per i processi in corso a loro carico.

Nessuna differenziazione tra omicidio e cessione di sostanze stupefacenti, solo per citare un esempio. La questione ora approderà sul tavolo della Corte Costituzionale. Sospesi quindi tutti i giudizi, di ogni ordine e grado, che vedono al centro il diniego di questure, prefetture su ordine del Viminale nei confronti di cittadini stranieri che avevano chiesto il permesso di soggiorno o il rinnovo per condanne legate ai reati legati alle sostanze stupefacenti.

Ma non solo. Il Consiglio di Stato ritiene che sussistano elementi di incostituzionalità nella norma che prevede automaticamente ostativo al rinnovo una qualunque condanna per droga a prescindere dall’entità. I giudici di Palazzo Spada hanno bloccato tutti i processi in corso e richiesto l’intervento della Corte Costituzionale. Nel mirino c’è l’articolo 4 del testo unico sull’immigrazione del 25 luglio del 1998.  Tale norma prevede tra l’altro che chi chiede il permesso di soggiorno in Italia o il suo rinnovo, a prescindere dai motivi, non debba aver riportato condanne anche solo di primo grado per tutti quei reati che prevedono l’arresto in flagranza, per tutti i reati legati gli stupefacenti, per reati a sfondo sessuale o che coinvolgono minori, per reati legati alla contraffazione di marchi e al loro commercio, ai reati contro la circolazione e anche il reato di rifiuto di scioglimento di riunione in luogo pubblico. Si tratta, a ben vedere, di fattispecie criminose disomogenee tra loro in termini di condotta, di bene giuridico protetto, di limiti edittali di trattamento sanzionatorio e di allarme sociale.

Scrivono infatti i giudici del Consiglio di Stato: “L’arresto in flagranza di reato, ad esempio, contempla, tra le altre le seguenti ipotesi di reato: reati per i quali sia prevista la pena detentiva dell’ergastolo (omicidio, terrorismo ecc. ndr.) ovvero della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni. Al comma 2, il legislatore ha preso in considerazione i reati contro la personalità dello Stato, reati contro l’incolumità pubblica, reati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, reati di violenza sessuale e atti sessuali con minorenni, reati contro il patrimonio nella forma aggravata (tra gli altri furto aggravato, ricettazione aggravata). La ratio di una siffatta previsione normativa risiede(va) nella necessità di tutela della sicurezza pubblica da condotte che interrompessero la pacifica convivenza tra cives, che violassero le regole fondamentali tra cittadino e Stato. Il Collegio dubita della tenuta costituzionale della norma”.

La scelta legislativa di parificare fattispecie di reato che si connotano per violenza, efferatezza, condotte contrarie alla vita, all’incolumità fisica e psichica, alla libertà sessuale (quali, tra gli altri, reati di omicidio, violenza sessuale, atti sessuali con minorenni) con reati che le stesse leggi in vigore puniscono in modo largamente inferiore, non sembra rispettare la Costituzione né gli accordi europei, secondo il Consiglio di Stato, soprattutto l’automatismo e anche il riferimento alle condanne di primo grado della norma attualmente in vigore.

“La proposta dovrà seguire l’iter di discussione parlamentare ma è comunque, al momento, sintomatica di una percepita esigenza di differenziazione, di necessità di ponderazione e di accurata valutazione, esigenza che, come dimostra il vigente regime sostanziale e processuale sopra richiamato, è già presente nell’ordinamento giuridico. Sospende il giudizio in corso e ordina l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale”.

La parola alla Consulta su un argomento che non mancherà di far discutere a prescindere dalle decisioni e che riaprirà il dibattito nel prossimo parlamento che comunque si insedierà in autunno dopo le elezioni del 25 settembre.