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Delitto di stampo mafioso, condannati i due killer: entrambi sono residenti a Ponsacco

21 luglio 2022 | 13:51
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Delitto di stampo mafioso, condannati i due killer: entrambi sono residenti a Ponsacco

E’ caccia a uno dei due che è ancora latitante

Sono stati condannati in via definitiva in Cassazione a 30 anni di reclusione per omicidio aggravato dal metodo mafioso due cittadini di origini campane ma residenti da anni a Ponsacco in provincia di Pisa.

E già questo basterebbe a porre le ennesime inquietanti domande: perché due killer di camorra vivevano a Ponsacco? Uno dei due condannati nei giorni scorsi dopo la sentenza della Cassazione ha deciso di darsi alla macchia ed è attualmente irreperibile, perché dopo alterne vicende era momentaneamente libero in attesa appunto delle decisione definitiva dei giudici di Piazza Cavour. Già la corte d’assise di appello di Salerno, pronunciando quale giudice del rinvio a seguito di annullamento disposto dalla corte di Cassazione con decisione del 24 giugno 2019, aveva confermato la sentenza con cui il gup del Tribunale di Potenza aveva condannato, con sentenza emessa in esito al giudizio abbreviato, Angelo Di Muro e Nicola Lovisco, alla pena di anni trenta di reclusione ciascuno: per il delitto di omicidio aggravato dalla premeditazione e dalla finalità di agevolazione mafiosa, di Marco Ugo Cassotta, commesso quali mandanti dell’incarico affidato ad Alessandro D’Amato, a cui consegnarono due pistole da utilizzare per l’esecuzione.

Alessandro D’Amato, secondo quanto ricostruito, dopo aver condotto la vittima nei pressi di un casolare ubicato in contrada Leonessa di Melfi, esplose almeno quattro colpi di arma da fuoco uccidendola nell’immediatezza, fatto avvenuto il 14 luglio 2007; per i connessi delitti di illegale detenzione e porto in luogo pubblico delle pistole consegnate a D’Amato e della distruzione di cadavere di Marco Ugo Cassotta, fatti avvenuti sempre in Melfi il 14 luglio e tra il 14 e il 17 luglio 2007. Il principale dato di prova è costituito dalle dichiarazioni di Alessandro D’amato, divenuto collaboratore di giustizia, il quale ha riferito che l’omicidio di Cassotta si inserì nel cruento scontro tra clan camorristici operanti nella zona di Melfi e del Vulture, e che vedeva all’epoca contrapposti il gruppo di Cassotta e quello di Di Muro. D’Amato faceva inizialmente parte del gruppo Cassotta; sorto un dissidio col capo di quel gruppo, decise di transitare nelle fila del clan opposto, accettando la proposta del cugino, Nicola Lovisco, che già militava in quella organizzazione. Proprio per suggellare quell’adesione, secondo i giudici, gli fu dato incarico di uccidere il suo ex capo. La mattina del 14 luglio 2007, rientrato a Melfi da Ponsacco, ove risiedeva al pari del cugino Lovisco che si spostò per Melfi la stessa notte, incontrò Lovisco e Di Muro in località Leonessa al fine di eseguire un sopralluogo presso un casolare abbandonato e poi in località Serre ove i due gli consegnarono le armi da utilizzare nell’agguato e un telefono cellulare con il quale avrebbe dovuto avvertire dell’avvenuta esecuzione del delitto a mezzo di due squilli ad una utenza cellulare con numero preimpostato.

In quella occasione D’Amato consegnò al cugino il proprio telefono con la scheda disinserita. Quindi, incontrò Cassotta e, col pretesto di mostrargli delle armi, lo condusse al casolare abbandonato ove lo uccise. Subito dopo, come d’intesa, effettuò gli 1 Corte di Cassazione – copia non ufficiale squilli telefonici ai complici mandanti, in modo che costoro potessero far scomparire le tracce dell’omicidio attraverso la distruzione del cadavere. All’esito fece rientro a Ponsacco, luogo di sua residenza, e lì si disfece delle armi, gettandole nel fiume Arno. Questo il resoconto sommario giudiziario della sentenza degli ermellini. Ora è caccia a uno due killer, il 51enne Nicola Lovisco, che ai familiari, uscendo di casa con un borsone, avrebbe annunciato l’intenzione di consegnarsi in carcere, salvo poi sparire. Il caso è chiuso ma le ricerche proseguono.