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“Manufatti abusivi” all’ex Barbate, piscina a rischio demolizione dopo il maxi investimento

13 luglio 2022 | 21:26
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“Manufatti abusivi” all’ex Barbate, piscina a rischio demolizione dopo il maxi investimento

Spuntano dei lavori eseguiti in passato senza le necessarie autorizzazioni paesaggistiche. Piscina, ristorante e bar comunque al momento sono aperti

Potrebbe arrivare a momenti l’atto che ordina la demolizione dei “manufatti abusivi e la rimessa in pristino delle aree”. Questa la sorte che potrebbe toccare alle piscine che furono Le Barbate di Montopoli Valdarno, recentemente riaperte al pubblico dopo un lavoro di riqualificazione da parte della nuova società che ha acquisito lo stabilimento e ha dato vita a Terra Caciona. Quando tutto sembrava sistemato, ecco la spada di Damocle: proprio in seguito a una richiesta di accertamento di conformità da parte dei nuovi titolari, è emerso che nell’intero complesso una serie di lavori edilizi in passato da proprietari precedenti, sono stati eseguiti senza l’adeguata autorizzazione paesaggistica, richiesta dalla legge.

Da quel momento in poi è iniziato un percorso pieno di ostacoli, un iter tecnico abbastanza complesso che ha visto come protagonista un rimpallo di leggi regionali e statali, arrivato alle sue conclusioni il mese scorso. Conclusioni negative per lo stabilimento, perché si ordina l’annullamento dei titoli edilizi successivi al 2006 e, appunto, la demolizione di tutti i manufatti che da quell’anno in poi sono stati costruiti andando a creare nuovi volumi (a spese dei responsabili delle opere realizzate). Il problema principale è che i lavori sono stati realizzati senza una previa “verifica della compatibilità fra interesse paesaggistico tutelato ed intervento progettato”, come recita la legge. In sostanza, doveva essere richiesta un’autorizzazione, eventualmente concessa solo dopo un’analisi della documentazione urbanistica. Nello specifico, a non far rispettare la compatibilità paesaggistica è l’eccessiva vicinanza dei manufatti alle sponde del torrente Chiecina.

Ma quali sono le strutture a rischio? Non tutte, ma sicuramente alcune delle più importanti. A salvarsi sono il ristorante, il bar e l’area circostante, che dai documenti risultano come ristrutturazioni di fabbricati agricoli già esistenti, e quindi non sono edifici costruiti ex novo e non vanno a creare nuovi volumi, anche se costruiti in deroga alle autorizzazioni. I manufatti a rischio, secondo una determina dirigenziale del comune di Montopoli, sono “macroscopicamente individuati nelle piscine e nel fabbricato destinato a servizi di supporto di queste e degli impianti e altri manufatti minori”. I fabbricati a servizio delle piscine sarebbero, come specifica in seguito la determina, gli spogliatoi, i bagni, e alcuni locali di servizio. Praticamente tutti i servizi turistici principali per usufruire della struttura.

Finito all’asta nel 2016, il complesso è stato acquistato e riqualificato dagli attuali proprietari, che, impegnati in una corsa contro il tempo, sono riusciti ad aprire per questa stagione anche la piscina, dopo che il ristorante aveva già iniziato ad accogliere i primi clienti da qualche mese. La prima lacuna è nei documenti dell’asta: la Società Felcan, attuale proprietaria, è venuta a conoscenza del fatto che alcuni lavori erano stati realizzati in passato senza la necessaria autorizzazione paesaggistica solo dopo l’atto di vendita. Il vincolo paesaggistico e il vizio che invalidava i titoli edilizi non erano presenti nella perizia della procedura del tribunale di Pisa. Appare dunque evidente come la società in questione sia parte lesa della vicenda ed esclusa da qualsiasi responsabilità. Per di più dopo un ingente investimento per l’acquisto e la riqualificazione dello spazio. Contattato telefonicamente, Felice Candigliota, l’imprenditore che si è aggiudicato il complesso nel 2020, ha preferito mantenere il riserbo sulla questione. E’ doveroso precisare, comunque, che le piscine come il ristorante sono attivi a pieno ritmo e continueranno ad accogliere clienti per tutto il tempo necessario a risolvere la questione. Già da tempo il Comune e la società stanno lavorando per scongiurare la chiusura.

Il tentativo di “salvare” Le (ex) Barbate

Pur non nascondendo le “evidenti lacune procedurali e istruttorie anche da parte degli uffici competenti” che all’epoca dei fatti avrebbero dovuto accertare la compatibilità paesaggistica, il Comune, insieme alla società che oggi gestisce il complesso, si è attivato per trovare una soluzione più veloce e indolore possibile. L’amministrazione comunale, tramite il settore che si occupa di urbanistica paesaggio e ambiente, a inizio 2021 ha attivato un procedimento per il ripristino dei luoghi (ex art. 167 decreto legislativo 42/2004). Questo procedimento permette di ottenere la concessione della compatibilità paesaggistica solo in presenza alcune condizioni specifiche: la prima riguarda i lavori che, seppur in deroga alle autorizzazioni, non costruiscono nuovi volumi edilizi; la seconda si concentra sui materiali utilizzati; la terza chiude un occhio sui lavori che sono di manutenzione, ordinaria e straordinaria. Rispondono a questi criteri il bar e il ristorante, ma non gli altri manufatti.

Insieme alla procedura attivata dal Comune, anche la Felcan srl si muove e chiede l’autorizzazione paesaggistica in sanatoria ex post per alcune modifiche durante la costruzione di bar e ristorante. Di fatto arriva il parere positivo della Sovrintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno, che conclude l’accertamento di compatibilità paesaggistica per gli immobili destinati alla ristorazione. Diversa è la situazione per gli altri manufatti.

Le piscine, gli spogliatoi, le docce, i wc non possiederebbero quei requisiti che permettono di ottenere comunque l’autorizzazione paesaggistica ex post, in sanatoria. Soprattutto, l’elemento che viene in rilievo è che si tratta di lavori realizzati dopo l’entrata in vigore di un decreto legislativo del 2006 che, appunto, limitava la possibilità di ottenere l’autorizzazione paesaggistica ai soli lavori che non creavano nuovi volumi. Trattandosi di titoli edilizi successivi al 2006 e rilasciati tra gli altri anche dal Comune di Montopoli la situazione è più complicata. È stato necessario richiedere parere alla Soprintendenza di Pisa e Livorno che in data 31 marzo 2021 si è espressa negativamente. Semplificando, la Soprintendenza nel suo parere riprende disposizioni ministeriali che escludono la possibilità di concedere l’autorizzazione in sanatoria ex post, cioè dopo la realizzazione di interventi che hanno creato nuovi volumi. Inoltre, tolta dal tavolo l’ipotesi di ottenere un’autorizzazione anche per le piscine, la Sovrintendenza rimanda la questione all’amministrazione comunale affinché chiarisca la faccenda.

Di tutta risposta, il Comune inoltra nuovamente la documentazione urbanistica, a cui aggiunge anche il parere di un legale sulla nota della Soprintendenza e un precedente pronunciamento della Soprintendenza di Verona, Rovigo e Vicenza sulla sanatoria di una piscina interrata.

La conferenza di servizi

Per risolvere l’impasse, la Soprintendenza di Pisa e Livorno rimette la questione e i pareri legali espressi dal Comune di Montopoli alla Direzione generale Archeologica, belle arti e paesaggio, ma la procedura richiede tempi di risposta molto lunghi. Nel frattempo, la società Felcan chiede di indire una conferenza di servizi, cioè un tavolo a cui siedono amministrazioni pubbliche e private per risolvere la questione. Arriviamo così ai tempi più recenti e il 27 gennaio 2022 il Comune indice la conferenza di servizi decisoria, volta ad acquisire più pareri, su diversi procedimenti.

La conferenza di servizi però è uno strumento contestato dalla Soprintendenza: l’ente delle province toscane, infatti, fa sapere a inizio febbraio, in risposta alla convocazione della conferenza di servizi, che la Direzione generale ha richiesto sul caso un apposito quesito al ministero della cultura e che nel frattempo non ritiene opportuno fornire valutazioni diverse da quelle della prima nota, non ritrattando le posizioni iniziali. La Soprintendenza non si presenterà alla seduta della conferenza di servizi e le parti in causa convengono di riaggiornare i lavori al primo giugno. Tuttavia, al primo giugno il parere del ministero ancora non era arrivato e il procedimento andava chiuso: così la conferenza di servizi si è vista costretta ad assumere come parere di merito da parte della Soprintendenza solo quello espresso a marzo 2021, contrario alla sanatoria ex post.

Chiuso il procedimento, adesso il Comune ha emesso una determina di annullamento dei titoli edilizi successivi al 2006 a cui seguirà l’atto che ordinerà la demolizione e il ripristino dei luoghi. Si tratta di cinque titoli edilizi che, apparentemente, non possono essere sanati in alcun modo. Tutta la documentazione è stata trasmessa ai tecnici che avevano seguito le pratiche negli anni 2006-2008, nonché all’ordine degli ingegneri e alla Procura della repubblica di Pisa.