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Alla morte dei genitori mancano 600mila euro dall’eredità: guerra legale tra i figli di un “magnate” del Cuoio

23 marzo 2022 | 20:09
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Alla morte dei genitori mancano 600mila euro dall’eredità: guerra legale tra i figli di un “magnate” del Cuoio

Dopo 7 anni il tribunale lo ha condannato a rifondere quasi 400mila euro

Sarà stata avidità oppure, avendo lavorato per anni con il padre a stretto contatto nelle aziende di famiglia, avrà pensato che i soldi fossero suoi di diritto, ignorando le leggi ereditarie. Fatto sta che alla morte dei genitori, a fratello e sorella ha fatto trovare sui conti correnti solo 40mila euro, ma secondo il tribunale di Pisa ce n’erano oltre 600mila, senza contare i beni immobili.

Questa è una storia di liti familiari per l’eredità che si scatenano alla morte dei genitori come tante che ne succedono. Una storia d’ambiente toscano che avrebbero potuto raccontare Mario Monicelli o Alessandro Benvenuti nei loro film di ambiente, dove cinismo e avidità si intrecciano a rapporti familiari tra gli eredi, due fratelli e una sorella, che si contendono un patrimonio mobiliare da oltre 600mila euro per 7 anni a colpi di battaglie legali. Una vicenda tragicomica dal punto di vista umano ma non per la legge. Tutto comincia alla morte dei genitori, quando i tre eredi si devono spartire il piccolo impero di un magnate della zona con aziende calzaturiere, conciarie, agricole e nel settore dell’automotive tra Santa Maria a Monte, Santa Croce sull’Arno e San Miniato.

Un processo lungo dove il giudice ha ricostruito minuziosamente tutta la vicenda e alla fine ha stabilito che sui conti correnti dei genitori, alla loro morte, vi erano oltre 600mila euro senza contare i beni immobili. Alla fine il fratello che si era impossessato dell’oltre mezzo milione di euro è stato condannato “a rifondere alla comunione ereditaria, il fratello e la sorella, la somma totale di  375.805 euro oltre interessi dall’apertura della successione al saldo”. Insomma non solo dovrà restituire le quote parte dei soldi ma anche gli interessi che questi hanno maturato.

Così hanno stabilito in sentenza i giudici pisani dopo sette anni di udienze, tra perizie, prove documentali e testimoniali. L’uomo aveva trattenuto tutto (o quasi) per sé. I giudici hanno accolto in toto le istanze del fratello e della sorella che erano stati estromessi da buona parte dell’eredità mobiliare ma non dalla parte immobiliare. L’unico problema era quindi relativo alle somme liquide presenti sui conti correnti e relativi a una polizza assicurativa da circa 100mila euro. Insomma una eredità cospicua che ora sarà suddivisa come prevede la legge e la recente sentenza, pubblicata nei giorni scorsi. Scrivono infatti chiaramente i giudici: “I ricorrenti hanno depositato gli estratti conto di tutti i conti interessati nel termine assegnato per il deposito delle memorie ex art. 183, comma 6 n. 2 c.p.c.. Il deposito è tempestivo. Il convenuto non ha nemmeno offerto prove (quantomeno prova contrarie) a fronte della produzione avversaria, né l’ha contestata in alcun modo. Tenuto conto di tutte tali circostanze, anche l’eccezione di lesione del suo diritto di difesa, sollevata dal convenuto, appare pretestuosa”.

Non solo: il fratello condannato ora dovrà anche pagare 13.430 euro di spese di lite. Il caso giudiziario di primo grado su questa singolare vicenda ereditaria e familiare è chiuso. Ora tocca la parte più difficile ai tre fratelli, recuperare il rapporto umano tra loro.