La M3 resta a Ponte a Egola: il Comune perde una seconda causa davanti al Tar. I giudici: “Non è competenza del sindaco ordinare lo smaltimento dell’amianto”

Nessuna delocalizzazione e nessuna bonifica possono essere ordinate dal municipio, perché non sono materie comunali
E con questa fanno due. Il Comune di San Miniato, per la seconda volta nel giro di pochi anni, ha perso una seconda causa contro la M3, azienda che produce materie plastiche e la Icla proprietaria dell’immobile che ospita l’attività produttiva. Si tratta di un secondo ricorso presentato da Icla Materie Plastiche davanti al Tar della Toscana per opporsi alla decisione che il Comune di San Miniato al tempo che era sindaco Vittorio Gabbanini provò a esercitare pur non avendone diritto. La Icla ha impugnato e vinto davanti ai giudici pochi giorni fa.
La sentenza arriva dopo che, nel 2018, M3 aveva già vinto una prima causa contro il Comune sempre al tempo di Gabbanini sindaco e sempre davanti al Tar. E per questo sembra essere proprio il caso di citare Cicerone che nelle Filippiche scriveva: “E’ cosa comune l’errare, è solo colui che non sa, persevera nell’errore” ovvero “Cuiusvis hominis est errare: nullius nisi insipientis, in errore perseverare”.
Questi i fatti: il Comune, dopo aver perso un ricorso contro il regolamento urbanistico del 2015 che pretendeva nei fatti di far ‘sloggiare’ la M3 da Ponte a Egola, nel 2017 il municipio ci riprova con un’ordinaza che avrebbe voluto imporre alla Icla proprietaria dell’immobile dove opera la M3 di sostituire tutte le coperture realizzate decenni prima, in materiale che contiene amianto e anche in questa occasione perde, come emerge dalla sentenza pubblicata pochi giorni fa dal Tar di Firenze. Un’ordianza che non stava in piedi dal punto di vista giuridico secondo il Tar, tanto che all’udienza che si è svolta il 22 febbraio scorso il Comune – nel frattempo nel ’19 è diventato sindaco Simone Giglioli – non si è neppure costituito in giudizio.
In pratica i motivi per cui il Tar ha accolto il ricorso di Icla sono vari, in primo luogo il Comune non avrebbe potuto legiferare in materia ambientale ovvero intimare all’azienda di rimuovere le coperture contenenti amianto poiché questa è competenza della Regione e non del Comune, in secondo luogo l’ordinanza del Comune che nella pratica imponeva a Icla di sostituire le coperture in amianto in 3 anni non poteva essere “urgente e contingibile” come avrebbe preteso l’atto firmato da Gabbanini.
Il Tar ha quindi dato ragione, nei giorni scorsi, alla Icla srl e quindi alla M3 srl che opera nello stabilimento di Ponte a Egola. In sentenza infatti i giudici chiariscono che la diffida comunale va ben al di là dei poteri del sindaco in materia di bonifica dall’amianto del sito. Due sentenze diverse, quelle pronunciate, ma che in entrambi i casi sanciscono un difetto comunale nei due provvedimenti annullati dal Tar, entrambi per cose che non competono al Comune. Si legge infatti nella sentenza del Tar che ha accolto il ricorso di Icla annullando l’ordinanza sindacale: “Per cui è evidente che l’atto adottato dal sindaco di San Miniato non è esso stesso un’ordinanza contingibile e urgente bensì un atto a questa prodromico, tuttavia estraneo al paradigma del potere sindacale disciplinato dagli artt. 50 e 54 del T.U. enti locali; e d’altro canto, la natura stessa di diffida di tale atto e l’assegnazione di un ampio arco temporale (da uno a tre anni) per adempiere alle varie prescrizioni, sconfesserebbero l’esistenza di una situazione di pericolo imminente per l’incolumità pubblica non altrimenti fronteggiabile, che dovrebbe costituire il presupposto per l’esercizio del potere straordinario di ordinanza del sindaco. Per cui, non avendo l’amministrazione comunale esercitato un potere extra ordinem, pur in mancanza di univoche indicazioni circa la legge applicata e il potere esercitato, sicuramente l’atto impugnato non poteva essere emanato in via eccezionale dal sindaco, bensì doveva essere adottato, come tutti gli altri provvedimenti amministrativi, da un organo dirigenziale. Il ricorso deve dunque essere accolto per tale decisivo e assorbente vizio d’incompetenza”.
Non c’è urgenza, quindi, visto che il sindaco aveva concesso 3 anni di tempo alla società per smaltire l’amianto presente e per i giudici è caduto in contraddizione e il nuovo piano di bonifica amianto compete alle Regioni e in Toscana è stato approvato nel 2020 e quindi è la Regione Toscana l’interfaccia ufficiale della società e non il Comune. Questo oltre al fatto, sottolineato da Icla nel ricorso, che prima si chiede la delocalizzazione e poi la bonifica dello stabilimento, in un modo considerato illogico e contraddittorio.
Seconda sconfitta quindi davanti al Tar per il Comune di San Miniato nei confronti di M3 srl, in qualità di affittuaria, e di Icla Materie Plastiche srl in qualità di proprietaria dello stabilimento di lavorazione e produzione di materie plastiche a Ponte a Egola. Nessuna delocalizzazione e nessuna bonifica possono essere ordinate dal municipio, perché non sono materie comunali. Questo hanno stabilito i giudici amministrativi.
Tutto ebbe inizio nei mesi a cavallo tra il 2017 e il 2018 quando il Municipio decise di dar battaglia alla nota azienda per resistere al primo ricorso contro a una variante al piano strutturale, approvata dal consiglio comunale nel 2015 e con cui la maggioranza del consiglio comunale provò di fatto ad espellere dal territorio la società perché tale atto prevedeva che entro tre anni l’attività di produzione di materie plastiche svolta nello stabilimento di Ponte a Egola, in quanto pericolosa per la salute della popolazione circostante in caso di incidente rilevante secondo il Comune, avrebbe dovuto essere localizzata in una diversa area da individuarsi da parte del Comune di intesa con la Regione. Questo provvedimento venne impugnato con parere positivo del Tar da M3 srl nel novembre del 2018. Il ricorso della società era stato accolto dai giudici amministrativi che avevano stabilito che la delocalizzazione sancita con un piano regolatore fosse assolutamente illegale.
Si legge infatti nella sentenza del 2018 del Tar di Firenze: “Pertanto, fatte salve le ipotesi legislativamente tipizzate in cui la cessazione della attività sia imposta da ragioni di ordine sanitario, la disposizione contenuta in un piano regolatore che preveda la delocalizzazione di attività esistenti deve considerarsi estranea al potere urbanistico risolvendosi in un misura ablatoria atipica che si pone al di fuori del principio di legalità. Il ricorso deve pertanto essere accolto con assorbimento dei restanti motivi”. Avverso tale sentenza non risulta appello al Consiglio di Stato da parte del Comune di San Miniato. Ma sempre in quei mesi, nel 2017, il sindaco con un’ordinanza stabiliva che Icla Materie Plastiche srl proprietaria dello stabilimento dovesse provvedere, entro termini prestabiliti e differenziati a seconda degli interventi, all’esecuzione di opere di bonifica dall’amianto delle coperture dei capannoni dello stabilimento.
Una guerra contro un impianto produttivo che dagli anni ’60 insiste sul territorio di Ponte a Egola e intorno alla quale le case sono cresciute negli anni e che di fatto era presente prima delle abitazioni. Una guerra che, se pur combattuta dal Comune, ha trovato nel corso degli anni anche il sostegno dei cittadini schierati contro l’azienda e anche di forze di opposizione come Cambiamenti che ha più volte chiesto la delocalizzazione dell’impianto produttivo. Una guerra che puntualmente si è riaccesa ed è stata rinfocolata un anno o due prima della elezioni comunali come dimostrano le date degli atti, che poi alla fine ha solo ottenuto di lasciare la Icla o meglio la M3 lì dove è e di far spendere al Comune soldi dei contribuenti in spese di lite.
Due sentenze che nella loro “filosofia” sembrano voler ricordare tanto all’ex sindaco di San Miniato Gabbanini rappresentante al tempo della pubblicazione degli atti della collettività samminiatese, quanto alle altre forze politiche e ai cittadini, che in Italia esiste un impianto costituzionale, sul quale si articola un complesso meccanismo di diritti e sistemi di tutela e bilanciamento, che limita il potere del sindaco e tutela i diritti dei singoli soggetti in questo caso della Icla e dell’ M3. Diritti che non possono essere tirati a destra o a sinistra dalla politica a seconda di come fa comodo per cogliere il favore della collettività o del corpo elettorale di Ponte a Egola, dimostrazione ne è il fatto che il Comune, nel secondo caso, non si è neppure costituito in giudizio per resistere al ricorso del privato. La M3, quindi, da Ponte a Egola non se ne andrà perché è nel suo diritto continuare ad esercitare in quello stabilimento di proprietà della Icla.