Cade all’isola ecologica, il Comune rimuove l’ostacolo ma deve pagare 25mila euro

Dopo 5 anni di battaglie legali, ieri 8 marzo il giudice ha condannato l’ente a risarcire la vittima
Una sentenza che rischia di essere un precedente quella che ha visto condannare il Comune di Montopoli Valdarno dopo che una donna si era ferita all’isola ecologica, mentre conferiva dei rifiuti, nonostante il Municipio abbia fatto tutto il possibile per evitare la condanna, arrivando a rimuovere, stando alla sentenza, un elemento di prova prima del pronunciamento del giudice.
Questa la vicenda in sintesi: una donna inciampa in uno scalino alto vari centimetri e lungo 8 metri al centro raccolta rifiuti noto anche come isola ecologica comunale di Montopoli Valdarno a Capanne e si rompe una gamba. La frattura è scomposta a seguito della rovinosa caduta e la donna è costretta anche a operarsi. Il Comune, che negava tutto e ogni responsabilità, ora le deve pagare tutti i danni, quantificati dai giudici in circa 25mila euro più circa 7mila euro di spese processuali.
Così ha stabilito il tribunale di Pisa in una sentenza emessa ieri, 8 marzo, a firma del giudice Corinna Becconi, che ha posto fine a un contenzioso che andava avanti da quasi 5 anni. Fondamentali per ricostruire i fatti e capire che la donna non mentiva, sono state le dichiarazioni dei testimoni e dei lavoratori dell’isola ecologica da cui emerge che il problema era noto al Comune, viste le segnalazioni da parte dei lavoratori della piattaforma di conferimento dei rifiuti.
Tutto accade nel mese di giugno del 2017. La vittima stava per depositare i rifiuti speciali quando è inciampata nel gradino finendo a terra senza possibilità di recuperare l’equilibrio, avendo le mani occupate dal carico che portava con sé. Quella che sembrava una banale caduta però si dimostra da subito un incidente più serio e i lavoratori presenti la invitano a non muoversi e chiamano il 118. I soccorritori arrivati sul posto la portano d’urgenza in ospedale a Empoli, dove un paio di settimane dopo viene operata alla gamba e da quel momento ci vorrà un po’ di tempo prima di guarire. I medici, solo a febbraio del 2018 infatti, a seguito di riabilitazione e fisioterapia, la dichiarano guarita ma con postumi. La caduta e la frattura scomposta al femore le hanno creato non pochi problemi stando al resoconto dei sanitari.
La donna alla fine dello stesso anno dell’incidente, sempre nel 2017, intanto, aveva chiesto al Comune di Montopoli il risarcimento danni per l’accaduto, ma alla vittima il Comune non corrisponde nessun risarcimento. Non solo, sempre il Comune rappresentato dal sindaco Giovanni Capecchi, invitato a una negoziazione assistita, non si presenta. Si tratta di una procedura alternativa che permette di chiudere un contezioso civilistico attraverso una transazione tra le parti dopo un confronto e il raggiungimento di un accordo.
A quel punto alla parte lesa non resta che fare causa e trascinare davanti a un giudice il Comune e i suoi rappresentanti pro tempore a cominciare dal sindaco per stabilire verità e giustizia, ma i rappresentanti del Comune e i suoi legali in prima battuta negano tutto. Il municipio infatti si costituisce in giudizio sostenendo che: “Non era stata fornita alcuna prova riguardo alla dinamica e alle cause del sinistro, verificatosi in orario diurno e lo stato dei luoghi non presentava alcuna insidia o pericolo. Non solo. Sempre il legale del Comune dice che al momento dell’incidente non era stata chiamata la polizia municipale, quindi non era stato redatto alcun verbale. Inoltre il Comune sostiene davanti al giudice che la caduta era avvenuta a causa di disattenzione della lavoratrice e in ogni caso contestava la quantificazione del danno”.
Ma il Comune non si limita a questo e aggiunge forse la parte più singolare della difesa: “Il Comune precisa che la presenza dello scalino in questione era segnalata in quanto evidenziato con vernice”.
Ma il processo dimostrerà, fortunatamente per la vittima, che così non era, ma che erano gli impiegati stessi a colorare il gradone con bombolette spray per evitare il peggio, vista la posizione dello scalino proprio a ridosso del luogo dove si depositano i rifiuti. La donna, sempre durante il giudizio, aveva tenuto anche a precisare che: “Successivamente al sinistro il Comune era intervenuto prima colorando a tratti il gradino di rosso, poi rosso e giallo, infine ha eliminato lo scalino e che trattandosi di isola ecologica l’utente di solito trasporta rifiuti ingombranti e ha le mani occupate”.
Insomma per venire a capo della vicenda, al giudice durante il processo non è rimasta che una via da seguire e ha proceduto nel tempo e nelle varie udienze ad ascoltare quanti più testimoni possibile, disponendo anche una perizia medico legale. Dalle risultanze disposte dal giudice è emerso il nesso causa effetto dell’evento ma soprattutto dalle testimonianze sono venuti fuori particolari e circostanze preoccupanti che hanno convinto il giudice a dare ragione alla donna e torto al Comune.
In aula è emerso che lo scalino non era affatto segnalato, ma che erano gli stessi operai stanchi di inciampare di continuo a colorare “il gradone”con bombolette spray perché nonostante le ripetute segnalazioni non veniva fatto nulla per evitare un incidente annunciato, era solo questione di tempo.
Solo dopo la caduta più rovinosa delle altre e con maggiori conseguenze il Comune, nei mesi successivi, aveva poi rimosso il gradino, per cui durante il processo sono state fondamentali le testimonianze dei lavoratori della piattaforma ecologica. Si legge nella sentenza le dichiarazioni di uno dei testi sentito dal giudice che spiega: “All’ecopiazzola ho lavorato diversi anni, non ricordo mi sembra 4 o 5 anni; il gradino non era sempre stato segnalato, ho provveduto ad avvisare l’amministrazione della necessità di segnalarlo dopo aver visto che qualche persona ci inciampava, si trattava di un gradino che delimitava uno scolo di acque piovane; io di mia iniziativa lo tinsi con queste vernici che però al sole si scolorivano, non ricordo in quale anno ho tinto lo scalino. Confermo che il Comune poi ha provveduto a eliminare lo scalino”. E ancora un altro teste ascoltato in aula dal giudice: “Ricordo che un collega mi aveva detto che c’era questo problema e che quindi lui utilizzava le bombolette di vernice spray che trovava al centro di raccolta per segnalare lo scalino. Per problema intendo dire che c’era questo scalino, c’ho inciampato anch’io”, poi ha confermato che il Comune ha provveduto, dopo l’evento, a colorare di rosso e giallo lo scalino e infine a eliminarlo.
“Confermo che questa signora andava a buttare le potature dell’olivo e andando via, preciso che io ero girato e non ho visto ma ho sentito cadere, è caduta, io l’ho vista a terra in corrispondenza dello scalino”. Tutti i testi ascoltati hanno sostanzialmente confermato le medesime circostanze, in maniera pressoché uniforme, e il tribunale di Pisa ha condannato il Comune di Montopoli Valdarno a risarcire la donna con circa 25mila euro più interessi, oltre a circa 7mila euro di spese processuali e i compensi dei periti. Dopo quasi 5 anni la donna ha visto i suoi diritti riconosciuti in un’aula di tribunale.