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Cronaca
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Chiamata all’eredità, chiede i documenti alla banca e porta in tribunale anche il garante della privacy

1 marzo 2022 | 19:28
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Chiamata all’eredità, chiede i documenti alla banca e porta in tribunale anche il garante della privacy

La giudice le dà ragione dopo 2 anni

Mai avrebbe potuto immaginare, una donna di 51 anni di Fucecchio, che da un semplice monitoraggio dell’eredità materna, insieme ai suoi consulenti, avrebbe dovuto addirittura affrontare un contenzioso giudiziario con il garante della privacy. Ma tant’è.

L’incredibile vicenda era cominciata circa due anni fa con un lutto, la perdita della madre. Lei figlia unica e già orfana di padre se vuole può diventare, quel punto, l’unica erede di tutti i beni della madre. In gergo viene definito “chiamato all’eredità”; il chiamato all’eredità è colui il quale viene istituito erede nel testamento, qualora la successione sia testata, ovvero colui il quale sia chiamato secondo le norme di legge, nel caso in cui il testamento manchi in tutto od in parte. Ma prima di accettare o rifiutare decide, insieme ai suoi consulenti, di effettuare un monitoraggio (inventario) per comprendere bene la massa ereditaria, se ci sono debiti o pendenze, per esempio e la legge le consente un tempo (tre mesi) da quando si apre la successione per effettuare l’inventario dei beni e prendere la sua decisione.

La donna si rende conto che oltre ai conti correnti e alcuni beni immobili esiste anche un polizza vita risalente a oltre 20 prima stipulata dalla madre in un istituto bancario nazionale con filiale nella zona. Chiede alla banca i documenti relativi alla polizza ma niente, anzi ottiene un diniego per iscritto. Nonostante il carteggio tra i legali della donna e la banca non si riesce ad ottenere nulla ma nulla lasciava presagire quello che sarebbe successo da lì a poco. Un anno fa, infatti, il Garante della privacy emana un provvedimento che dà ragione alla banca e torto alla donna, motivando che i documenti richiesti essendo intestati a terzi non possono essere consegnati dall’istituto. Incredibile ma vero. Si legge infatti in sentenza: “In data 5/11/21 si è costituito in giudizio l’Autorità Garante per la Protezione dei Dati personali, chiedendo il rigetto di ogni avversa domanda in quanto inammissibile e, comunque, infondata in fatto ed in diritto, ritenendo il provvedimento emanato dall’Autorità, da ritenersi legittimo e non inficiante la domanda proposta nel ricorso, potendo l’interessata formulare nel giudizio le proprie richieste nei confronti della compagnia assicuratrice”.

Alla donna infatti non è restato altro da fare se non trascinare in tribunale la banca e il Garante per ottenere giustizia e l’ente nazionale a tutela della privacy si è anche costituto in giudizio. Nei giorni scorsi la giudice Monica Tarchi del tribunale di Firenze ha posto fine al singolare contenzioso ricordando in sentenza che la privacy è un diritto minore rispetto al diritto della donna a tutelare i propri interessi emettendo sentenza favorevole all’erede. Scrive infatti il giudice: “Si impone, pertanto, l’accoglimento della domanda spiegata dalla ricorrente ed il conseguente annullamento del provvedimento del Garante per la protezione dei dati Personali qui impugnato, cui consegue il riconoscimento del diritto della donna di conoscere il/i nominativo/i del beneficiario/i della polizza vita stipulata dalla madre, con conseguente ordine alla banca di consegnare alla ricorrente tutta la documentazione relativa alla polizza comprensiva dei nominativi del/dei beneficiario/i”.

Il tribunale fiorentino ha seguito le indicazioni di una recente pronuncia della Cassazione, richiamata in sentenza, che dovendo decidere all’interno di controversia analoga a quella oggetto della donna di Fucecchio ha sancito il principio di diritto secondo cui “è legittima l’ostensione dei dati del beneficiario della posizione previdenziale di un fondo pensione, allorché il richiedente alleghi l’interesse, concreto e non pretestuoso, ad intraprendere un giudizio nei confronti del soggetto in tal modo designato dall’aderente al fondo, come allorché la richiesta provenga dal legittimario del de cuius”. La donna ora dopo due anni avrà tutti i documenti richiesti per poter decidere se accettare o meno l’eredità materna.