Inchiesta Keu, le dichiarazioni di due pentiti di ‘ndrangheta per fare luce sul meccanismo criminale

Il giudice per le indagini preliminari: “Il traffico di rifiuti, di cui Francesco Lerose si è reso responsabile, si potrebbe rivelare anche più esteso di quanto emerso”
Maxi inchiesta Keu, al vaglio degli inquirenti anche le dichiarazioni di vecchi e nuovi pentiti di ‘ndrangheta. Proseguono senza sosta, per disegnare il quadro completo dell’intera enorme vicenda, le complesse e delicate indagini della Dda fiorentina sui pericolosi rifiuti del distretto conciario di Santa Croce sull’Arno distribuiti in alcune zone della Toscana e sotterrati in modo illegale e pericoloso per l’ambiente e la salute pubblica che nei giorni scorsi hanno portato al sequestro di beni per un valore di circa 5 milioni di euro, secondo i giudici antimafia riconducibili sia a Francesco Lerose (ai domiciliari per concorso in associazione a delinquere, traffico di rifiuti ed estorsione), che ai suoi familiari entrati nell’indagine (la notizia del sequestro).
Lerose, 53 anni, per i magistrati inquirenti sarebbe vicino alla cosca ‘ndranghetista dei Gallace di Guardavalle, e soprattutto della cosca Grande Aracri di Cutro, dove è nato anche lui. Nei giorni scorsi i sigilli del tribunale hanno raggiunto una lunga lista di fabbricati, autorimesse, magazzini e terreni tra le province di Crotone, Arezzo e Pisa. Sequestrati anche un negozio e 8 abitazioni, tra cui alcune villette, tra Cutro e Pergine Valdarno. E poi conti correnti, polizze e fondi pensione per centinaia di migliaia di euro, e quattro automobili di lusso intestate a due società con sede in Toscana a lui riconducibili secondo gli inquirenti. “I sequestri delle scorse ore dimostrano ancora una volta quanto sia pericoloso affermare che nel nostro territorio la mafia non esiste”, ha affermato il 18 gennaio scorso, il giorno dei sequestri, il capo centro della Dia di FirenzeFrancesco Nannucci, che sottolineava proprio l’importanza di questo genere di operazioni: “Sottrarre beni alla disponibilità della criminalità organizzata è fondamentale per contrastarla”. Perché sulla vicinanza tra Francesco Lerose e ‘ndrangheta gli inquirenti non hanno dubbi. Il gip, a cui i legali si sono rivolti, a maggio del 2021, per la sostituzione della misura cautelare, infatti dice, “Non si pone qui in dubbio la più che concreta possibilità che il traffico di rifiuti, di cui Francesco Lerose si è reso responsabile, si riveli per l’avvenire anche più esteso e sviluppato di quanto emerso fin qui: non vi sono tuttavia allo stato dati dirimenti, per affermare con alta probabilità che una misura comunque di tipo detentivo, quali gli arresti domiciliari, non neutralizzerà in maniera consistente, in uno con le più agevoli libertà di movimento e soprattutto se coniugata con il divieto di comunicazione nei confronti dei terzi, la ripresa di trasferimento e dispersione di rifiuti”.
Ora gli inquirenti potrebbero avvalersi anche delle dichiarazioni di due importanti pentiti di ‘ndrangheta, uno già dichiarato attendibile da altri processi, che si è anche auto accusato di alcuni omicidi, e un nuovo collaboratore che negli ultimi mesi avrebbe “saltato il fosso” e starebbe parlando sia con la Dda fiorentina sia con la Dda catanzarese. Si tratterebbe in entrambi i casi di uomini di spessore del clan Grande Aracri, che potrebbero aiutare i magistrati a far luce su un’inchiesta enorme e molto complessa che come detto dagli stessi inquirenti è solo all’inizio, nonostante le ordinanze di custodia cautelare e le tante persone iscritte nel registro degli indagati tra imprenditori, politici, affaristi e uomini della criminalità calabrese. Un’inchiesta ancora nella fase delle indagini preliminari che presto potrebbe allargarsi verso diversi orizzonti coinvolgendo anche altre persone e confermando alcune ipotesi accusatorie.
Solo il tempo potrà far chiarezza e piena luce sugli avvenimenti alla base del procedimento penale e altri versanti al vaglio degli inquirenti. Le cosche di ‘ndrangheta agiscono da sempre con grande abilità riuscendo a coinvolgere sempre più persone nei loro business e nelle loro attività, stando sempre attenti a non fare rumore e a rimanere nell’ombra il più possibile. “Il più grande inganno del diavolo è far credere che non esista”, e la criminalità organizzata calabrese, tra le più antiche, misteriose e pericolose al mondo conosce meglio di altre realtà criminali queste regole del male.
La cosca Grande Aracri che sarebbe parte integrante per i magistrati dell’inchiesta Keu è una delle più potenti, diffuse e capillari della ‘ndrangheta che già da anni, come dimostrato in processi della Dda, come quello “Aemilia” e altri, ha diversificato i propri interessi in molte regioni italiane e all’estero con particolare attenzione criminale a inquinare l’economica legale e la pubblica amministrazione. L’esigenza della cosca come di tutte le altre cosche calabresi è innanzitutto riciclare l’enorme quantitativo di denaro contante proveniente dal traffico internazionale di cocaina e delle altre attività illegali. Da queste motivazioni derivano tutti i tentativi di infiltrazione in tutti gli affari possibili, compreso quello dei rifiuti al centro dell’inchiesta Keu. Si attendono sviluppi nelle indagini già nelle prossime settimane.