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Depuratori non a norma secondo l’Europa, ecco quelli in provincia di Pisa

11 ottobre 2021 | 19:32
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Depuratori non a norma secondo l’Europa, ecco quelli in provincia di Pisa

La Corte di giustizia europea ha condannato l’Italia. La sentenza non prevede né multe né altre sanzioni

Ci sono Santa Maria a Monte e Montecalvoli tra le località con depuratori non completamente rispondenti alle norme dell’Unione europea. La Corte di giustizia europea ha condannato l’Italia per assenza di impianti fognari o per mancata depurazione adeguata delle acque reflue in oltre 600 Comuni che, a vario e diverso livello, non sono in regola. Circa 20 di questi sono in Toscana. L’Italia, venendo meno agli obblighi derivanti dell’Ue concernente gli impianti fognari e il trattamento delle acque reflue urbane, è stata condannata dalla Corte di giustizia europea lo scorso 6 ottobre. Sono 4 le procedure di infrazione che la Commissione Ue ha avviato nei confronti del nostro Paese per la cronica mancanza di impianti di depurazione adeguati, delle quali 2 erano già arrivate alla condanna e che costano 60 milioni di euro all’anno.

Si legge in sentenza: “In tali circostanze, si deve dichiarare che la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 4 della direttiva 91/271 omettendo di garantire che le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente e ordina di garantire che le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente negli agglomerati urbani sottoposti a infrazione, e di dotare di reti fognarie per le acque reflue urbane gli agglomerati che ne sono privi”.

In Toscana non ci sono Comuni non dotati di reti fognarie ma ci sono depuratori che non sono a norma secondo l’Ue e le infrazioni riguardano: Agliana, Arcidosso, Barga, Bientina, Cascina, Cascine-La Croce, Cerreto Guidi, Foiano della Chiana, Impruneta, Montalcino, Montecalvoli, Montespertoli, Pisa, Pistoia, Pomarance, Rufina, Santa Maria a Monte, Strada in Chianti, Subbiano, Vicopisano, Zona-Firenze, Manciano, Marina di Pisa, Tirrenia, Calambrone, Portoferraio, Volterra, Poppi, Chiusi, Chiusi Scalo e Comeana. Salgono così a 3 le condanne per l’Italia, dopo questa, non certo inaspettata, ulteriore sentenza che deriva dal deferimento avviato nel marzo 2019.

La direttiva 91/271/Cee, violata dall’Italia, sul trattamento delle acque reflue urbane impone agli Stati membri di garantire che gli agglomerati urbani o gli insediamenti urbani raccolgano e trattino adeguatamente le loro acque reflue urbane. Le acque reflue non trattate possono essere contaminate da batteri e virus dannosi, presentando un rischio per la salute umana. Contiene anche nutrienti come azoto e fosforo che possono danneggiare le acque dolci e l’ambiente marino, promuovendo l’eccessiva crescita di alghe che soffoca altri organismi viventi, un processo noto come eutrofizzazione. L’Italia non ha provveduto affinché tutti gli agglomerati con più di 2mila abitanti siano provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane e non garantisce che le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, a un trattamento adeguato come richiesto dalla direttiva.

Secondo la Commissione Ue, al momento del deferimento, c’erano ancora 620 agglomerati in 16 regioni (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto) che violavano le norme dell’Ue in materia di raccolta o di trattamento delle acque reflue urbane, da oltre 13 anni. La Corte di giustizia europea, pertanto, non ha fatto altro che prendere atto della situazione, elencare tutti i Comuni senza dotazione di reti fognarie per le acque reflue urbane e quelli in cui nelle reti fognarie confluivano acque reflue urbane non sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente affinché le acque in entrata riducano di almeno al 75% il fosforo totale e l’azoto totale, e condannare conseguentemente il nostro Paese. Trattandosi della prima condanna per inadempimento su questo specifico dossier la sentenza non prevede né multe né altre sanzioni.

Il commissario unico alla depurazione ha affermato all’indomani della sentenza della corte di giustizia europea: “Come è sempre accaduto – ha dichiarato Maurizio Giugni – prepareremo con la presidenza del consiglio, il ministero della transizione ecologica e quello della coesione territoriale un ricorso che, sulla base delle informazioni in nostro possesso e di quelle che perverranno dalle Regioni e dagli enti locali, provi a limitare il numero degli agglomerati in infrazione, convincendo le istituzioni continentali laddove le singole realtà si siano già messe in regola o lo stiano concretamente per fare”.