Le mani delle mafie sulla Toscana: il pericolo è l’infiltrazione negli appalti pubblici

La notevole disponibilità economica legata a traffici illeciti incide sulla realizzazione di reati economico-finanziari su larga scala: i casi più eclatanti in regione
Pubblicata oggi 27 settembre la relazione della Dia relativa al secondo semestre del 2020. Un dossier di oltre 500 pagine, inviata al parlamento, che fotografa la situazione attuale della criminalità organizzata in Italia fornendo linee guida da seguire sia dal punto di vista investigativo giudiziario sia normativo.
Le difficoltà incontrate per arginare il diffondersi della pandemia hanno infatti continuato ad imporre limitazioni alla mobilità dei cittadini e allo svolgimento delle attività di importanti comparti produttivi quali quello commerciale, turistico-ricreativo e della ristorazione. Della difficoltà finanziarie delle imprese potrebbero approfittare le organizzazioni malavitose, per altro sempre più orientate verso una sorta di metamorfosi evolutiva volta a ridurre le strategie cruente per concentrarsi progressivamente sulla silente infiltrazione del sistema imprenditoriale. I sodalizi mafiosi infatti potrebbero utilizzare le ingenti risorse liquide illecitamente acquisite per “aiutare” privati e aziende in difficoltà al fine di rilevare o asservire le imprese in crisi finanziaria.
Tale strategia mafiosa si rivelerebbe utile anche per il riciclaggio e per l’infiltrazione nei pubblici appalti. In tema, il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho ha rilevato che “la modernizzazione delle mafie si completa nel reinvestire capitali in soggetti economici deboli; in quei soggetti che non trovano più un accesso al credito bancario per la crisi. Le mafie non hanno bisogno di firmare atti, non hanno bisogno di documenti; al contrario occultano comportamenti illeciti con lo schermo di soggetti solo apparentemente sani, entrano così nel mercato dell’economia legale. Questo è veramente preoccupante. A tutto questo si risponde con le segnalazioni dal territorio, dalle stesse associazioni di categoria, con la segnalazione delle transazioni sospette”.
In Toscana la principale preoccupazione è proprio questa. I tentativi continui da parte della criminalità organizzata, italiana e straniera, di infiltrarsi nel tessuto economico, sociale e lavorativo della regione attraverso l’utilizzo degli enormi capitali finanziari a disposizione, specie da parte della ‘ndrangheta calabrese, derivanti dal traffico di droga e di cocaina in particolare. Il ricco tessuto socio-economico toscano alimenta gli interessi delle consorterie criminali che indirizzando le attività illecite su quel territorio riescono a penetrare i floridi settori dell’economia legale per il reinvestimento delle liquidità di illecita provenienza. Sebbene, infatti, le mafie non esprimano nella regione uno stabile radicamento territoriale la Toscana si conferma come una delle aree privilegiate per attività di riciclaggio e più in generale per la realizzazione di reati economico-finanziari su larga scala.
I preoccupanti segnali di pervasività criminale potrebbero assumere una configurazione di più ampia portata alla luce dell’attuale emergenza sanitaria che ha creato particolari condizioni di vulnerabilità, disoccupazione e crisi di liquidità tanto da costituire terreno fertile per il cosiddetto welfare criminale di prossimità pericolosamente subdolo al pari della pandemia.
In questi termini si è anche espresso il procuratore generale presso la corte d’Appello di Firenze, Marcello Viola, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario il 30 gennaio 2021 laddove evidenziava come la straordinaria disponibilità dei cosiddetto dark money consenta alle “associazioni criminali di accaparrare numerose attività economiche legali che in una situazione di corrispondente crisi dei consumi diventano facili obiettivi delle cosche”. E ancora il procuratore distrettuale di Firenze Giuseppe Creazzo che, in occasione della presentazione del quarto rapporto annuale Mafie e corruzione in Toscana curato dalla Scuola Normale di Pisa, ha precisato che “chi oggi dispone di liquidità immense, come la criminalità organizzata, cerca di approfittare di questo particolare momento storico per conseguire il massimo profitto da ciò di cui dispone. La strategia di acquisizione di beni, imprese di pregio a prezzi bassi, data la profonda crisi che colpisce molti imprenditori, è già in atto, come sono in atto tutte le possibili attività di contrasto da parte della polizia giudiziaria. È questo lo scenario in cui si inquadrano le proiezioni delle tradizionali consorterie mafiose che oltre ad essere operative in attività illecite in grado di generare facili e immediati guadagni (narcotraffico, estorsioni e usura) hanno palesato una indiscussa capacità di inserirsi in attività imprenditoriali funzionali al reimpiego dei capitali illeciti. Nell’attenta azione di monitoraggio e prevenzione del rischio di infiltrazione riferita all’attuale periodo di congiuntura economica negativa la Dia ha preso contatti diretti con diverse associazioni di categoria regionali e provinciali prospettando forme di reciproca collaborazione e attenzione verso eventuali problematiche di natura criminosa ostative al regolare svolgimento delle attività produttive. In talune occasioni tale azione è stata condotta anche con le singole Prefetture toscane come dimostrano i numerosi provvedimenti interdittivi adottati a seguito delle periodiche riunioni dei gruppi interforze costituiti presso gli uffici territoriali del Governo cui partecipa la Dia. È proprio l’interdittiva antimafia, tra l’altro, lo strumento che si rivela maggiormente efficace in una realtà come quella toscana dove l’elevata flessibilità organizzativa della criminalità organizzata appare capace di utilizzare strumentalmente soggetti autoctoni tra i quali figurano anche professionisti operanti per lo più nel mondo dell’imprenditoria e non sempre direttamente collegabili a sodalizi mafiosi. I segnali della pervasività criminale si manifesterebbero, infatti, tra l’altro per mezzo di imprese non mafiose ma comunque “collaborative” con schemi giuridici sempre più raffinati attuati in collaborazione con professionisti evidentemente collusi (avvocati, commercialisti, notai etc.). I provvedimenti hanno riguardato aziende attive nella Regione e esposte a rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata calabrese, campana e siciliana”.
Nel periodo di riferimento la stessa Dia fiorentina ha seguito approfondimenti investigativi su numerosi soggetti economici, emersi dalle indagini Vello d’oro (febbraio 2018) e Vello d’oro 2 (maggio 2020) che hanno consentito al prefetto di Pisa di emettere 5 interdittive nei confronti di imprese operanti nel cosiddetto “distretto conciario” di Santa Croce sull’Arno. Nel complesso dispositivo di prevenzione significativo risulta peraltro il Protocollo di legalità della prefettura di Pisa, del 20 luglio 2020, per la prevenzione dei tentativi di infiltrazione mafiosa e dei fenomeni corruttivi nell’ambito dell’appalto del nuovo ospedale di Cisanello.
A Lucca, ad esempio, ecco le principali operazioni che confermano le preoccupazioni della Dia: “Un altro provvedimento ablativo è stato eseguito il 15 dicembre 2020 dalla guardia di finanza provinciale nei confronti di un imprenditore residente in quella provincia con il sequestro di beni mobili e immobili, nonché di compagini societarie, per un valore complessivo di circa 750mila euro. L’attività ha preso spunto dall’operazione Ghost Tender che nel marzo 2018 aveva portato all’arresto di un gruppo criminale ruotante attorno a imprenditori edili operanti nella Lucchesia e a Caserta, nonché contigui al clan Zagaria ritenuti responsabili di illecita aggiudicazione di appalti, frodi in pubbliche forniture e riciclaggio. Gli stessi come accertato in una seconda tranche dell’inchiesta risalente al maggio 2020 utilizzando prestanome e società compiacenti si erano aggiudicati decine di appalti della Asl 3-Napoli Sud di Torre del Greco.
Il 10 luglio 2020 con l’operazione Kalisphera i carabinieri hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere e con obbligo di dimora nei confronti di 24 appartenenti a un sodalizio italo-albanese dedito al traffico e spaccio di cocaina nelle province di Firenze, Lucca, Pistoia e Prato. Nell’ambito della produzione e commercializzazione di merci contraffatte è emblematico il sequestro di 11mila mascherine “anticovid” riportanti loghi di note griffe, operato dalla Guardia di finanza di Prato il 24 settembre 2020 nei confronti di un imprenditore cinese. Nella stessa data la Guardia di finanza di Lucca ha colpito un’organizzazione costituita da 5 italiani, un cinese ed un coreano. Nella circostanza è stata disvelata una completa “filiera del falso” impegnata nella produzione e commercializzazione anche all’estero di prodotti di pelletteria di pregio contraffatti.
Il 14 dicembre del 2020 con l’operazione Pineta di Levante la polizia di Lucca e Viareggio ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare96 nei confronti di 6 appartenenti a un’organizzazione multietnica dedita allo spaccio di cocaina e hashish e composta da marocchini, tunisini ed italiani. Il gruppo criminale aveva allestito una base operativa nella Pineta di Levante di Torre del Lago Puccini. È del 17 settembre 2020 la vasta operazione antidroga Los Blancos condotta in cooperazione internazionale attraverso il prezioso strumento delle Squadre investigative comuni (Joint Investigation Team) e che ha interessato le città di Firenze, Genova, Modena, Pisa e Lucca oltre a una serie di paesi esteri tra i quali Albania, Austria, Belgio, Emirati Arabi Uniti, Francia, Germania, Grecia, Norvegia, Olanda, Romania, Svizzera, Turchia, Ungheria ed Ecuador.
Sempre a Lucca a conclusione di un’attività investigativa condotta dalla Guardia di finanza il 24 settembre 2020 è stata disarticolata un’associazione per delinquere finalizzata alla produzione, commercializzazione e ricettazione di prodotti di pelletteria di alto pregio recanti famosi marchi contraffatti. La consorteria composta da 7 soggetti di nazionalità italiana, cinese e coreana aveva base operativa in Toscana ed era operativa anche in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, inoltre vantava una fitta rete di contatti che le consentiva di curare tutti i passaggi dalla produzione e lavorazione della pelle all’approvvigionamento di cartellini e confezioni varie, fino alla vendita in negozi di lusso in Canada, Cina, Repubblica Popolare di Corea, Austria e Germania dove i prodotti così contraffatti venivano venduti come originali.
L’organizzazione annoverava poi una figura che si occupava di creare società oltreconfine, in particolare a Londra che servivano per far arrivare i pagamenti estero su estero e a far poi transitare il denaro in Italia su conti correnti che venivano rapidamente svuotati mediante prelevamenti presso sportelli bancomat. L’associazione criminale non ha interrotto le attività neanche durante l’emergenza sanitaria tanto che sono state comminate numerose sanzioni amministrative a molti degli indagati in quanto si spostavano senza valido motivo durante i divieti imposti per ridurre il rischio di contagio. Contestualmente è stato disposto il sequestro preventivo per equivalente dell’illecito profitto riconducibile all’intera organizzazione e quantificato in 5 milioni di euro (nel dettaglio: 8 immobili, un terreno, 33 conti correnti, disponibilità finanziarie, 4 autovetture e 4 motoveicoli).
Insomma la criminalità organizzata va combattuta su più fronti ormai e l’utilizzo dell’interdittiva antimafia per evitare infiltrazione secondo la Dia è uno strumento da potenziare.