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Cronaca
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Gli lasciano un frammento di catetere nel cervello durante l’operazione: risarcito di 2 milioni 59 anni dopo

10 settembre 2021 | 16:44
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Gli lasciano un frammento di catetere nel cervello durante l’operazione: risarcito di 2 milioni 59 anni dopo

L’intervento chirurgico quando la vittima aveva solo 4 anni. Il corpo estraneo individuato con una tac solo nel 2012

Dopo 59 anni sarà risarcito con circa 2 milioni di euro dal Comune che nel 1962 era responsabile dei trattamenti sanitari dell’ospedale civile. Una sentenza destinata a fare “scuola e giurisprudenza” quella del tribunale di Firenze delle scorse settimane in un caso giuridico e umano a dir poco singolare nella sua tragicità e complessità.

L’uomo quando aveva solo 4 anni era stato operato dai medici dell’ospedale civile di Arezzo perché era stato investivo da un’auto e aveva riportato la frattura del femore sinistro e un trauma cranico. Proprio per la riduzione del pericoloso edema viene operato al cervello. Ma da quel momento in poi la sua intera esistenza non sarà più la stessa. Lui ancora non lo sa e lo scoprirà solo nel 2012 ma a soli 4 anni il suo destino sta per cambiare inesorabilmente.

I medici che lo hanno operato gli lasciano nel cervello una porzione di un catetere di drenaggio di ben 6 centimetri. Il bambino inizia a soffrire inizialmente di forti cefalee ma tutti pensano sia dovuto al trauma e nessuno sospetta niente. Il bimbo però sta sempre peggio. Vomito e sonnolenza, disturbi che, successivamente aggravatisi, provocavano una gravissima forma di epilessia, tale da costringere il ragazzino a sottoporsi a continui ricoveri in ospedale e a vari accessi al pronto soccorso e dal 1968 iniziavano a manifestarsi gravi e ricorrenti episodi (crisi epilettiche) che sono alla base di numerosi ricoveri ospedalieri e di cure farmacologiche. Il ragazzo è epilettico ormai e cresce con questo grave handicap senza sospettare che si tratta in realtà di una forma di epilessia indotta dal corpo estraneo che i medici gli avevano lasciato nel cranio quando aveva solo 4 anni. Solo nel maggio del 2012 in seguito ad un ennesimo ricovero nel reparto di neurologia dell’ospedale di Arezzo una tac cerebrale evidenziava, in sede fronto-parietale destra, un “reperto apparentemente calcifico, con morfologia suggestiva di piccola scheggia o corpo estraneo”, come agli atti del processo.

Nel mese successivo si verificavano diversi episodi comiziali generalizzati con altrettanti accessi al pronto soccorso e alla luce della diagnosi suddetta i medici dell’ospedale di Siena, il 17 luglio del 2012 sottopone l’uomo ormai 50enne ad un intervento neurochirurgico finalizzato alla rimozione del corpo estraneo; che in esito all’intervento il corpo estraneo veniva descritto come “porzione di catetere della lunghezza di 6 cm con adeso materiale brunastro”, stando ai resoconti processuali. L’uomo e la sorella a quel punto fanno causa all’Asl, alla Regione e al Comune di Arezzo e il giudice Fiorenzo Zazzeri del tribunale di Firenze, competente per giurisdizione, nelle scorse settimane ha estromesso Asl e Regione dalla causa, respinto la richiesta di prescrizione e condannato, nel primo grado di giudizio, il Comune a circa 1 milione di euro di risarcimenti danni, a un altro milione di euro circa di interessi, a 30mila euro di risarcimento per la sorella, e a circa 40mila euro di spese di lite e legali. Questo perché all’epoca dei fatti non esistevano Asl e Regione e l’unico responsabile era quindi il Comune. Nessuna prescrizione è stata concessa perché la recente normativa ha chiarito il nuovo concetto di “consapevolezza del danno”.

I dieci (o i cinque) anni di tempo entro i quali il paziente danneggiato può richiedere un risarcimento, infatti, decorrono dal momento in cui si ha “consapevolezza” di un presunto errore a suo danno, perché solo da quel momento è in grado di far valere i propri diritti. In poche parole, ad esempio, se l’errore è stato commesso vent’anni prima, ma soltanto lo scorso anno il paziente ha potuto rilevare le conseguenze dell’errore, è dallo scorso anno che decorrono i dieci (o i cinque) anni per poter richiedere un risarcimento (legge “Gelli-Bianco” del 2017). Purtroppo nessuna cifra potrà mai risarcire i danni permanenti a seguito di questi tragici eventi che hanno portato l’uomo nel tempo a una invalidità riconosciuta al 100%. Si legge infatti in sentenza: “L’atrofia cortico-sottocorticale, sviluppatasi in maniera progressivamente ingravescente, compromette quindi le facoltà cognitive dell’uomo, utili allo svolgimento dei comuni atti della vita quotidiana: attualmente non è orientato nel tempo e nello spazio, presenta deficit mnesici importanti, non è più in grado di autodeterminarsi e non deambula autonomamente”. L’uomo riceve una pensione di invalidità dall’Inps più l’indennità di accompagnamento e ora avrà circa 2 milioni di euro a disposizione per continuare a vivere con tutti i comfort che questa somma potrà fornire a lui e ai suoi familiari. Ma sono quei casi in cui non esiste alcuna riparazione possibile a livello umano, né parole tali da poter essere pronunciate per spiegare drammi del genere.