Nasce con crisi di astinenza da oppiacei e finisce in terapia intensiva: la bimba sarà data in adozione

La decisione della Corte d’Appello conferma quanto stabilito dal tribunale per i minorenni: la piccola è stata a lungo abbandonata. La mamma è di Lucca, il padre di Pisa
Una gran brutta vicenda quella che vede al centro di un procedimento giudiziario una bambina di soli tre anni.
Lo scorso anno il tribunale per i minorenni di Firenze aveva dichiarato lo stato di adottabilità della piccola, dichiarando la sospensione della responsabilità genitoriale e la interruzione dei rapporti tra genitori e figlia, disponendo l’affidamento della minore ai servizi sociali e il collocamento in struttura sino al rinvenimento di una coppia a scopo adottivo. Nei giorni scorsi la sentenza d’appello a seguito del ricorso avverso tale decisione da parte dei genitori, lei di Lucca, lui di Pisa.
Ma anche in secondo grado i giudici dopo una serie di attività processuali e perizie di vario genere e tipo hanno confermato le decisioni dei colleghi lucchesi respingendo le istanze dei genitori biologici. La bimba sarà adottata. Una storia di abbandono, di dipendenze da droghe, di degrado, sempre secondo i giudici, che non ha lasciato spazio a nessun possibile ricongiungimento familiare.
Dalle risultanze processuali è emerso che la bambina era nata positiva agli oppiacei e cocaina e in quarta giornata aveva avuto una grave crisi di astinenza in seguito alla quale era stata ricoverata in terapia intensiva e sottoposta a terapia farmacologica ad alto dosaggio di morfina, terapia continuata per mesi: nel corso del ricovero aveva attraversato periodi molto critici. Nel corso del ricovero durato quasi tre mesi era stata lasciata praticamente da sola alle cure del personale ospedaliero, che aveva attivato un servizio di cura specifico stante la assenza di un parente qualsiasi che la prendesse in collo, non sufficiente tuttavia per evitarle una plagiocefalia.
Inoltre sulla scorta delle relazioni, è venuto fuori che la madre si era trattenuta con la figlia solo tre giorni,che aveva rifiutato un programma di ricovero in comunità prima da sola e in caso di andamento positivo, con la figlia, che la bambina non era mai stata visitata da alcuno, che al momento delle dimissioni non aveva con sé alcun oggetto o tutina fornito da un familiare.
Scrivono infatti i giudici di secondo grado in sentenza: “La madre aveva tenuto un comportamento gravemente irresponsabile per tutta la durata della gravidanza assumendo sostanze come testimoniato oltreché dalle condizioni della minore alla nascita anche dalla irregolarità del percorso al Serd: tale comportamento non aveva costituito solo un immediato pericolo, ma doveva essere valutato per tutte le fasi della crescita della piccola. Il padre non aveva impedito in alcun modo questo comportamento, né ne aveva tenuto uno alternativo. Successivamente alla nascita come detto non si erano attivati in alcun modo per modificare tale atteggiamento”.
E inoltre: “Lo stato di abbandono appare totale, pregresso ed attuale. Nessuna forma di tutela è stata adottata dai genitori durante la gravidanza, con messa in pericolo della salute anche futura della bambina, nel corso del ricovero essa è stata sostanzialmente accudita solo dal personale ospedaliero, e ciò le ha causato ulteriori danni aggiuntivi, gli incontri sono stati sporadici e con modalità non consone, attesa la inadeguatezza di entrambi i genitori come rappresentata dalle relazioni. La impugnazione deve quindi essere respinta”.
La vicenda giudiziaria anche in secondo grado sembra ormai delineata e chiara, la bambina sarà resa adottabile nella speranza di un futuro migliore. Umanamente è tutto un altro discorso ben lungi da poter essere chiuso e spiegato da sentenze e ordinanze.