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Smaltimento illecito dei rifiuti, le accuse del gip: “Pressioni dai politici per confermare dirigenti graditi ai conciatori”

15 aprile 2021 | 19:06
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Smaltimento illecito dei rifiuti, le accuse del gip: “Pressioni dai politici per confermare dirigenti graditi ai conciatori”

Le accuse a Deidda: “Si è adoperata per far rinominare il capo di cabinetto di Giani”

Una indagine che ha provocato un vero e proprio terremoto in Toscana e a Santa Croce sull’Arno, quella della Dda di Firenze su un presunto traffico illecito di rifiuti derivanti dalle concerie del comprensorio e su cui, stando agli inquirenti, avrebbe messo le mani una cosca della ‘ndrangheta. Accuse tutte da confermare quelle nei confronti della stesa sindaca Giulia Deidda, che risulta al momento indagata, insieme ad altri amministratori e a due dirigenti della Regione Toscana.

Secondo il gip, che ha firmato le ordinanze che i carabinieri hanno eseguito all’alba di stamani (15 aprile) avrebbe esercitato pressioni per favorire la conferma di dirigenti regionali e in particolare il capo di gabinetto, Edo Gori – anche lui finito sotto indagine nell’ambito dell’inchiesta -, un uomo “gradito” ai conciatori, suggeriscono gli inquirenti. Si sarebbe tutto giocato qui il ruolo della sindaca, sempre secondo gli investigatori. Deidda – sostiene il gip nell’ordinanza -, avrebbe agito “operando nell’esclusivo interesse del sodalizio, scegliendo consulenti in materia ambientale graditi ad Aquarno, svolgendo un ruolo di raccordo tra la politica e gli imprenditori nella raccolta dei contributi elettorali, orientandoli – si legge – in favore dei candidati politici che dimostravano maggiore sensibilità verso le istanze dei conciatori, attivandosi in prima persona per far in modo che le nomine ai vertici dirigenziali degli enti di controllo e degli uffici con compiti autorizzatori sulle attività del Consorzio Aquarno fossero gradite agli imprenditori”.

Stando alle ipotesi dell’accusa, l’obiettivo sarebbe stato evitare i controlli nello smaltimento dei rifiuti. Il sindaco di Santa Croce, scrive ancora il gip nell’ordinanza, avrebbe fatto pressioni sul presidente della Regione Eugenio Giani perché venisse riconfermato l’incarico di capo di gabinetto a Ledo Gori – altro indagato nell’inchiesta – “per dare quindi concretezza ed effettività alla promessa fatta a Ledo Gori dai conciatori in cambio della messa a disposizione di costui”. Sempre secondo il gip, Deidda “si attivava negli ultimi mesi del 2020 per organizzare incontri e contatti con i vertici politici e amministrativi della Regione Toscana, partecipando in particolare alle azioni di condizionamento sull’operato del funzionario della Regione Toscana incaricato di istruire la pratica di Aia per Aquarno“.

Anche il capo di gabinetto della Regione Toscana, Ledo Gori, risulta indagato per corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio per aver adottato “una incondizionata disponibilità a assecondare le richieste dei vertici del sodalizio criminoso in materia ambientale”. E’ quanto contesta il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Firenze, Antonella Zatini, sulla base delle carte depositate dalla procura distrettuale antimafia per il filone di indagine sugli illeciti ambientali nel comprensorio del cuoio e che vede indagati imprenditori dell’Associazione dei Conciatori e il sindaco di Santa Croce sull’Arno, Giulia Deidda.

Secondo il gip, Gori avrebbe agito “in contrasto con le norme di trasparenza, correttezza e imparzialità, sia per quanto riguarda le autorizzazioni e le eventuali perpetuazioni delle deroghe tabellari agli scarichi, sia per quanto riguarda gli espedienti suggeriti per beneficiare dì deroghe ed elusioni alla procedura di Autorizzazione integrata ambientale, sia per la erogazione di finanziamenti a fondo perduto in favore di Aquarno, sia per la individuazione dei dirigenti da nominare a capo degli enti di controllo di espresso gradimento dei conciatori, sia anche per i condizionamenti operati e da adottare sulla dirigenza Arpat in relazione alla riorganizzazione dell’ente e della succursale di San Romano“. Gori avrebbe tenuto questo comportamento, scrive il gip, “in cambio dell’impegno a richiedere esplicitamente, da parte dei capi del sodalizio, al candidato presidente Eugenio Giani, prima, e poi una volta eletto, al medesimo Giani come nuovo presidente della regione, di rinnovare a Ledo Gori l’incarico di capo di gabinetto, con contratto dirigenziale per un importo annuo di compensi quantificabilein oltre 100 mila euro (di cui 93.000 di stipendio fisso e un importo variabile di circa 15-20 mila euro come indenntà di risultato)”.

La richiesta, secondo la ricostruzione della Dda, “veniva formulata” da Aldo Gliozzi, direttore dell’associazione Conciatori, e Piero Maccanti, ex direttore dell’Associazione Conciatori ed ex membro del consiglio di amministrazione del consorzio Po.Te.Co e dal febbraio 2019 consulente esterno, al candidato presidente Giani “già in corso di campagna elettorale in una cena nel marzo 2020 e in successive visite elettorali nel comparto industriale conciario, facendo comprendere al candidato che questa era una condizione essenziale per avere il sostegno della Associazione Conciatori, dei suoi imprenditori consorziati e del bacino di voti che erano in grado di orientare, essendo il Gori loro uomo dì fiducia e gradimento”.

Il gip ricorda poi che “la nomina veniva effettivamente conferita al Gori il giorno successivo alla proclamazione di Eugenio Giani, essendosi a tal fine anche attivata e avendo fatto pressioni sul presidente Giulia Deidda su incarico dei medesimi sodali”.

Il gip contesta a Gori anche di aver instaurato “una indebita relazione contraria ai doveri di trasparenza, correttezza e imparzialità in favore del ciclo imprenditoriale integrato riconducibile al consorzio Aquarno e ai suoi vertici consorziati operanti in veste di veri e propri capi del sodalizio criminoso”.

L’abuso di ufficio in concorso con Ledo Gori è contestato al direttore del settore Ambiente e Energia della Regione Toscana Edo Bernini, “reato posto in essere – si legge nell’ordinanza – per conseguire un ingiusto vantaggio patrimoniale consistente nel non adeguare gli impianti alle necessità di abbattimento o trattamento degli inquinanti e nel proseguire nella gestione dei rifiuti e degli scarichi del depuratore a costi ridotti”.

Il reato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio in concorso è contestato al consigliere regionale Andrea Pieroni (Pd), la cui posizione comunque appare più defilata. Secondo l’accusa si sarebbe reso disponibile, scrive ancora il gip, “nel maggio giugno 2020 a presentare nell’esercizio dei suoi poteri di ufficio, un emendamento alla legge regionale numero 20/2006, modificandone l’articole 13 bis commi 1, 6, 8 con legge regionale n. 32/2020, di cui non conosceva – è quanto scrive il gip – e comprendeva neanche il contenuto tecnico, perché redatto e ideato in realtà dal consulente del consorzio Aquarno, per sottrarre Aquarno dall’obbligo di sottoporsi alla procedura di autorizzazione integrata ambientale – Aia, con l’espediente di escludere l’impianto da quelli facenti parte del servizio idrico integrato (articolo di legge poi impugnato per incostituzionalità dal Governo davanti alla Corte Costituzionale), dietro la promessa di utilità poi quantificate in circa 2-3 mila euro, da erogarsi in concomitanza con la campagna elettorale delle elezioni regionali tenutesi nel settembre 2020 o in tempi immediatamente successivi”.