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Cronaca
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Addio a Bighero, bandiera dell’Ac San Miniato che fu

11 marzo 2021 | 12:29
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Addio a Bighero, bandiera dell’Ac San Miniato che fu

E’ stato un calciatore, un gran lavoratore, un appassionato cacciatore. E’ stato molte cose Franco Taddei, per tutti Bighero e oggi nei ricordi di molti a San Miniato, per una o l’altra delle cose che è stato ma anche per tutte insieme. A 83 anni, è morto oggi 11 marzo.

E’ stato uno dei protagonisti dei tempi d’oro dell’Ac San Miniato, ma anche di una città della Rocca che sta piano piano perdendo pezzi di memoria e aveva un’azienda a San Miniato Basso. Taddei lascia la moglie e due figli, da tempo al suo posto in azienda.

“Fra di noi ci si intendeva – le parole di un altro grande del calcio sanminiatese e nazionale, Renzo Ulivieri – dentro e fuori campo. Franco era una persona perbene, era bello stare con lui ed era divertente. Spesso si arrabbiava, a volte discutevamo, ma ho perso un grande amico. Noi siamo stati insieme da ragazzi, da grandi e da vecchi, abbiamo giocato insieme nel San Miniato, nel Forcoli e in altre squadre. Lui era uno che di testa le prendeva tutte”. C’era un’intesa tra i due tale per cui non avevano bisogno di parole per capirsi.

Era originario delle zone fra Cusignano e Collebrunacchi e fin da giovane si era fatto notare per le capacità in campo, in quell’arena in Santa Maria al Fortino che sorgeva proprio dove oggi ha sede l’Itc Cattaneo. Era “Un duro in campo” ricordano i tifosi di allora, “dal sinistro micidiale e dai modi spicci”. Favorito da un fisico prestante che faceva da contraltare ad un carattere sempre pronto allo scherzo, era in grado di farsi ragione di giocatori anche più bravi e qualche volta anche dell’arbitro. Autore di modi di dire e battute divenute classiche fra i sanminiatesi dei suoi anni, è stato protagonista di un numero imprecisato di aneddoti, tanti che non si possono raccontare.

Una sorta di influencer, fosse oggi, di quelli che si fanno notare. Inserito in una generazione di calciatori rimasta nella memoria di tanti, in quegli anni di rinascita e di categorie da salire, ci fossero stati sempre i soldi per permettersele. Con formazioni che si ripetono come un mantra in queste ore: Marchetti, Grassi, Barontini, Mori, Capecchi, Risorti, Meletti, Ronchi, Del Nista, Degl’innocenti, Maltinti, Taddei, Lemmi, Bianconi, Vadi e Gronchi. Tanto per citarne alcuni.

Sotto la guida di dirigenti entrati nel mito come Ariberto Braschi e Luigi Gallerini, la squadra in circa 20 anni riuscì ad arrivare fino all’Eccellenza. Un difensore centrale (in quegli anni “stopper”) i cui piccoli successi tattici rallegravano le giornate degli spettatori abbarbicati sugli spalti arrangiati sul poggio di cecio, la collinetta adiacente al campo, fra qualche fallaccio e una marea di palloni volati giù a valle. Proprio di fronte alla sua fabbrica, per un saluto intimo e veloce fra i pochi amici di una vita, è passato il feretro prima dell’ultimo viaggio a Firenze, per la cremazione.