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“Torture al carcere di Sollicciano”, ai domiciliari anche un sanminiatese

9 gennaio 2021 | 12:25
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“Torture al carcere di Sollicciano”, ai domiciliari anche un sanminiatese

Mazzeo: “Sarebbe gravissimo”. Il garante per i detenuti: “Inammissibile in un paese civile”

C’è anche un 55enne di San Miniato tra le persone che sono finite agli arresti domiciliari per le presunte torture su due detenuti nel carcere di Sollicciano a Firenze. I casi, sollevati dopo le indagini della procura di Firenze, sono finiti davanti al giudice per le indagini preliminari, che ha disposto l’interdizione dai pubblici uffici e l’obbligo di dimora nel comune di residenza per un anno a sei persone, mentre altri tre, tra cui il sanminiatese, si trovano ai domiciliari.

Due casi quelli indicati dagli investigatori: nel 2018 e nel 2020, ai danni di un detenuto italiano e di uno marocchino. Percosse e intimidazioni che si sarebbero consumate negli uffici di un’ispettrice. Costole rotte e difficoltà respiratorie per uno, timpano perforato per l’altro: questo sarebbe il bilancio.

“Bisogna attendere le verifiche che la magistratura ha in corso – ha detto Giuseppe Fanfani, garante regionale dei detenuti -, ma ove i fatti contestati fossero veri, sarebbero gravissimi ed inammissibili in un paese civile. Ove verificati, si tratterebbe di episodi da considerare sulla stessa linea di quelli gravissimi che hanno portato nel novembre scorso al rinvio a giudizio di agenti di polizia penitenziaria da parte del tribunale di Siena”.

“Il rapporto con i detenuti – ha continuato Fanfani – deve essere gestito con grande prudenza istituzionale e sociale, trattandosi di persone private della libertà, soggette alla autorità altrui, prive di mezzi di difesa, e come tali deboli. Questa loro posizione di soggezione, deve imporre rispetto, e rende intollerabile qualsiasi atto che, trasmodando dal ruolo proprio della polizia penitenziaria trascenda in violenza, soprattutto se gratuita. Bisogna rendersi conto che serve un salto culturale importante che porti a considerare il detenuto non come un soggetto a cui deve farsi espiare una pena, il che porta alla coercizione anche violenta, quanto una persona che ha errato e che deve essere indirizzata in un processo di recupero e reinserimento nella società civile, il che comporta rispetto ed aiuto”.

“Mi hanno profondamente colpito le notizie che arrivano da Sollicciano – ha detto il presidente del consiglio regionale Antonio Mazzeo -, se tutto ciò fosse confermato sarebbe gravissimo, per cui mi confronterò anche con il Garante della Regione Toscana per i Detenuti, l’avvocato Fanfani, e nei prossimi giorni mi recherò nel carcere fiorentino per rendermi conto di persona della situazione. Avevo già visitato durante le festività natalizie il carcere Don Bosco di Pisa e andrò via via in tutte le Case Circondariali della Toscana perché ritengo che la politica e le istituzioni debbano essere presenti ovunque, soprattutto dove ci sono problemi da risolvere. Per questo ora penso che sia necessario che il Consiglio regionale sia a Sollicciano per capire come sia potuta accadere una situazione così grave”.

“Se l’ipotesi investigativa venisse confermata – ha aggiunto l’assessore regionale alle politiche sociali Serena Spinelli – si tratterebbe di fatti assolutamente inaccettabili che condanniamo con la massima fermezza. La Regione Toscana seguirà con attenzione i prossimi sviluppi giudiziari e, per quanto di nostra competenza, ci impegneremo affinché le carceri toscane garantiscano una detenzione dignitosa e la riabilitazione dei detenuti, nel rispetto della Costituzione e delle norme vigenti che prevedono il recupero della persona e non la mera detenzione punitiva. Le carceri non devono essere mai luoghi di violenza e sopraffazione”.

L’assessora ha ricordato anche come le condizioni carcerarie nel nostro paese siano difficili: “Abbiamo istituti fatiscenti – ha detto -, il sovraffollamento è divenuto ormai la norma e le misure alternative rischiano troppo spesso di restare sulla carta. Desidero inoltre evitare ogni possibile generalizzazione, sappiamo che la maggioranza delle guardie penitenziarie svolge correttamente il proprio lavoro, in condizioni purtroppo dure e con stipendi non adeguati”.