Tamponi rapidi in ambulatorio, i dubbi dei medici di famiglia: “Servono regole precise e luoghi idonei”

Parla il dottor Angelo Scaduto, coordinatore a Santa Croce sull’Arno
Anche i medici di famiglia potranno effettuare i cosiddetti tamponi rapidi ai propri assistiti. Lo stabilisce l’accordo siglatotre giorni fa (il 5 novembre), fra la Regione Toscana e la Federazione italiana dei medici di medicina generale.
Un accordo di massima per adesso, al quale mancano tuttavia dettagli pratici tutt’altro che trascurabili: il come innanzitutto, ma soprattutto il dove. “Perché siamo pronti a fare tutto quello che serve, ma dobbiamo essere nelle condizioni di sicurezza per noi e per i nostri pazienti” dice il dottor Angelo Scaduto, coordinatore dei medici di medicina generale di Santa Croce sull’Arno, che non fa mistero delle perplessità verso uno strumento (il tampone rapido) “certamente utile”, ma che rischia di alimentare ancora di più “una corsa al tampone che invece andrebbe regolamentata – dice Scaduto – facendo capire alla gente che la prima cura sta nel senso di responsabilità di ognuno di noi”.
“L’accordo siglato due giorni fa – spiega il medico – si riferisce ovviamente ai casi a rischio, prevedendo il tampone rapido per le persone che hanno avuto la febbre o che sono state in contatto stretto con un positivo. Ma come faccio a far venire queste persone in ambulatorio? Servono dei luoghi idonei: così come negli ospedali sono stati creati i percorsi Covid e non Covid, allo stesso modo il sistema sanitario e la protezione civile devono realizzare strutture dove lavorare in sicurezza, per noi e per i nostri pazienti”.
Il tampone rapido, del resto, potrà essere in futuro uno strumento importante per la diagnosi, da utilizzare però “solo nei momenti giusti e quando ce n’è davvero motivo” dice Scaduto, ricordando che il tampone rapido non basta per avere la conferma della positività al Covid: “Nell’85% dei casi – spiega il medico – la positività al tampone rapido è poi confermata dal tampone molecolare, ma resta sempre un 15% di tamponi falsi positivi”. In ogni caso è la corsa al tampone a dover essere limitata: “Se mio marito ha il Covid – dice Scaduto – non ha senso che mi faccia il tampone il giorno dopo, perché è quasi sicuro che anch’io beccherò il virus. Quindi posso avere un tampone negativo il giorno dopo e diventare positivo nei giorni successivi. Quindi meglio aspettare e ricorrere al tampone se compare la febbre, rispettando nel frattempo le regole dettate dal buon senso”.
L’evidenza, del resto, dimostra chiaramente quanto sia facile agevolare il contagio. “Pochi giorni fa, solo nella nostra Asl – sottolinea Scaduto – su 1300 positivi più di 400 erano stati scoperti attraverso lo screening. Si tratta in pratica di persone che dovevano fare un esame in ospedale, o che si erano fatti il tampone rapido perché richiesto dalla propria azienda, e hanno scoperto di avere il virus praticamente per caso. Vuol dire che di asintomatici in giro ce ne sono tanti. Per questo la gente dovrebbe cercare di far funzionare di più il cervello, ricordandosi che il virus cammina insieme a noi e che bisognerebbe sempre evitare i luoghi chiusi e affollati. Non possiamo limitarci a prendercela col medico, col sindaco o con Conte: sta a noi cittadini capire che dobbiamo metterci del nostro”.
Guardando ai dati degli ultimi giorni, secondo Scaduto, tutto lascia pensare che il numero dei positivi dovrebbe stabilizzarsi e cominciare a calare nei prossimi giorni, anche se il momento più delicato sarà fra gennaio e febbraio con il picco dell’influenza stagionale. “In quel periodo sarà molto più frequente che la gente starnutisca o tossisca – spiega il medico – e allora sì che un positivo asintomatico sarà ancora più contagioso. È importante quindi arrivare a gennaio in una situazione migliore di quella attuale. In questo senso le festività di Natale, con le aziende e le scuole chiuse, potranno essere d’aiuto”. L’alto numero di contagiati fra i Comuni del comprensorio del Cuoio, invece, non stupisce più di tanto i medici di famiglia, perché la zona del Valdarno assomiglia sotto tutti gli aspetti ad un’unica grande città: “Abbiamo un’alta densità abitativa, tante fabbriche e tanto pendolarismo – conclude Scaduto -. È un territorio omogeneo, dove mobilità e promiscuità sono le prime condizioni che favoriscono il contagio”.