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In manette la banda che riforniva di droga la Valdera, al vertice un 42enne di Castelfranco. I figli abitano a Ponsacco e Cascina

11 giugno 2020 | 12:10
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In manette la banda che riforniva di droga la Valdera, al vertice un 42enne di Castelfranco. I figli abitano a Ponsacco e Cascina
In manette la banda che riforniva di droga la Valdera, al vertice un 42enne di Castelfranco. I figli abitano a Ponsacco e Cascina
In manette la banda che riforniva di droga la Valdera, al vertice un 42enne di Castelfranco. I figli abitano a Ponsacco e Cascina
In manette la banda che riforniva di droga la Valdera, al vertice un 42enne di Castelfranco. I figli abitano a Ponsacco e Cascina
In manette la banda che riforniva di droga la Valdera, al vertice un 42enne di Castelfranco. I figli abitano a Ponsacco e Cascina
In manette la banda che riforniva di droga la Valdera, al vertice un 42enne di Castelfranco. I figli abitano a Ponsacco e Cascina

Estorsione e spaccio le principali accuse. Dalle intercettazioni emerge una pistola probabilmente utilizzata per commettere un omicidio

Spaccio di stupefacenti, estorsione, violenze e altri reati contro il patrimonio e la persona. È uno scenario d’altri tempi e fino a qualche anno fa anche di altri luoghi, quello che tratteggia il procuratore di Pisa Alessandro Crini mentre spiega le indagini dell’operazione Doppio gioco che alla fine ha portato all’attenzione della giustizia pisana 12 persone destinatarie di varie misure cautelari, tra cui anche tre arrestati, i vertici del meccanismo criminale che gestiva un’ingente traffico di stupefacenti sulle piazze e nei locali della Valdera. In manette sono finiti padre e due figli di origine pugliese ma da molto tempo residenti tra Valdera e Comprensorio del Cuoio, tutte persone già note alle forze dell’ordine e alla giustizia.

Così all’alba di questa mattina 11 giugno i militari dell’Arma hanno tratto in arresto Umberto Vispo di 42 anni residente a Castelfranco di Sotto e i figli Antonio e Massimo di 24 e 22 anni, anche loro impegnati “nell’attività di famiglia”, uno residente a Ponsacco, l’altro a Cascina anche se quest’ultimo gravitava molto su Cascina Terme – Lari. Per arrestare uno dei figli comunque i carabinieri sono dovuti andare fino in Puglia dove in questi giorni si trovava.

I tre erano i vertici della banda che in più occasioni non ha esitato a passare dalle parole ai fatti sparando e appiccando incendi. I militari infatti hanno trovato nella disponibilità dell’organizzazione anche tre pistole di cui una potrebbe presto essere al centro di un’altra indagine ben più grave, visto che potrebbe essere stata utilizzata per commettere un omicidio.

Nelle varie ordinanze, per le misure cautelari chieste dal sostituto procuratore Flavia Alemi e firmate dal giudice per le indagini preliminari, sono finite anche altre 9 persone tra cui altri 4 italiani, 3 rumeni e un albanese, tutti residenti in provincia di Pisa, tra Fornacette, Casciana Terme Lari, Cascina e altri comuni, tutti soggetti collegati al sistema criminale gestito dal vertice familiare della banda.

Le indagini dei carabinieri partono per un passo falso di uno dei personaggi vicini alla banda, un uomo residente a Ponsacco che dopo aver comprato 800 euro di sostanze stupefacenti dall’organizzazione stava tardando nel pagamento così il 13 settembre dello scorso anno, padre, figli e uno dei rumeno vicini alla banda decidono di mandargli un avvertimento e crivellano di colpi un furgone per la segnaletica stradale che era nella disponibilità dell’acquirente.

Quest’ultimo, persona già nota alle forze dell’ordine, pochi giorni dopo si reca a fare denuncia verso ignoti alla stazione dei carabinieri di Ponsacco, dove il comandante del presidio, il luogotenente Gianni Meucci però intuisce che c’è qualcosa di strano nei fatti che racconta l’uomo e dopo aver riferito al comandante della compagnia di Pontedera, il maggiore Carmine Gesualdo e sentito il sostituto procuratore, fa partire una fitta attività investigativa, fatta di vari riscontri e di intercettazioni ambientali e telefoniche dalle quali piano piano emerge una ramificata rete criminale che opera sulla Valdera, persone pericolose, armate e pronte a tutto per fare i propri affari illeciti.

In breve si delinea anche l’organizzazione della banda, le piazze di spaccio e si scopre che i tre ufficialmente nullafacenti hanno messo in piedi una rete con vari collaboratori, quasi tutti già noti alle forze dell’ordine. A dimostrazione del fatto che si tratta di personaggi pericolosi, in particolare il padre residente a Castelfranco di Sotto al vertice dell’organizzazione, ad un certo punto durante le indagini, il capo dà ordine ad alcuni collaboratori di incendiare un’automobile, un’Alfa, che dovrebbe appartenere al padre di un tossicodipendente di Ponsacco che è indietro con i pagamenti.

I sicari eseguono l’operazione, ma non sanno che nel frattempo i carabinieri li stanno braccando da vicino, tanto che li riprendono proprio mentre al distributore di carburante riempiono due bottiglie di benzina per incendiare l’auto. La ritorsione per i mancati pagamenti poi si rivela quasi subito un buco nell’acqua, perché i tre affiliati all’organizzazione criminale eseguire ‘l’ordine’, ma sbagliano l’auto e bruciano l’Alfa di una persona che non c’entra nulla con il tossicodipendente.

Non solo: durante le indagini i carabinieri hanno raccolto anche tre denunce di altrettanti tossicodipendenti che sono stati malmenati e mandati all’ospedale dai galoppini della banda perché non pagavano la droga che avevano comprato.

Ma lo scenario si infittisce quando dalle intercettazioni emerge che nella disponibilità della banda c’è anche una pistola, una 7,65 che potrebbe essere stata utilizzata per commettere un omicidio. A dirlo in una telefonata è proprio uno degli uomini vicini all’organizzazione, che parlando dice: “Ma quale pistola avete venduto, quella utilizzata per commettere l’omicidio?” e i vertici dell’organizzazione rispondono in questi termini: “Si l’abbiamo venduta a un albanese per 500 euro, lui ne aveva bisogno e gliela abbiamo ceduta…” i carabinieri poco dopo infatti fermeranno l’albanese e troveranno nella sua disponibilità la pistola.

Durante le esecuzioni delle misure cautelari scattate tra la giornata di ieri e quella di oggi, i carabinieri inoltre hanno rinvenuto anche altre due pistole e vari quantitativi di stupefacenti.

Ora la questione della pistola per gli investigatori e per la procura di Pisa, sarà oggetto di un altro filone di indagine, che potrebbe tragicamente aprire nuovi scenari: al momento quale sia l’omicidio a cui si riferiscono gli attori della vicenda non è ancora chiaro, forse le banche dati e l’esame balistico sull’arma permetteranno di capirne di più.