Omicidio suicidio, “Aveva il biglietto per andare in Sardegna”

Se dal punto di vista giudiziario la vicenda di Federico ed Elisa per gli investigatori si delinea abbastanza semplice, dal punto di vista criminologico la situazione invece appare più complessa. Non c’è, infatti nessuno da perseguire: con la morte di Federico si sono estinti i reati o il reato che ha commesso. E’ ancora presto per gli inquirenti per tracciare profili, delineare contesti e tentare di ricostruire la dinamica che ha portato Federico Zini, 25 anni di San Miniato, calciatore del Tuttocuoio a sparare a Elisa Amato, 29 anni di Prato.
Una vicenda difficile da decifrare nei dettagli e su cui gli inquirenti, se vorranno andare fino in fondo, dovranno cercare di ricomporre il mosaico per lo più attraverso le testimonianze di amici e parenti. Intanto dal racconto di chi era vicino a Federico per motivi professionali, emerge un dettaglio che potrebbe essere significativo sulla pistola. Secondo quanto riferito anche dalla presidente del Tuttocuoio Paola Coia, Federico aveva acquistato l’arma meno di 15 giorni fa, dopo aver conseguito un regolare porto d’armi dalla questura per finalità sportive. Ovvero la pistola, una calibro 9, doveva essere utilizzata in poligono. E infatti, come riferisce la presidente Coia, “Federico ci aveva detto che voleva cominciare ad andare in poligono e che si era comprato una pistola”. Un’arma che nella sera di venerdì era nella disponibilità di Zini, che l’aveva con buona probabilità nella sua automobile e che non ha esitato a utilizzare. Un elemento, questo, che dovrà essere valutato dai carabinieri anche se da solo, senza un profilo definito, non implica una forma di premeditazione del reato che ha commesso. Tanto che la stessa presidente Coia, che negli ultimi tempi aveva anche intensificato la frequentazione con Federico per motivi professionali – Zini nella prossima stagione al Tuttocuoio avrebbe dovuto dare una mano per allenare le nuove leve -, racconta: “Non posso pensare che Federico abbia premeditato questo gesto, tanto che proprio in questi giorni aveva comperato un biglietto aereo per andare a giugno in Sardegna a casa di un compagno di squadra, Mancosu, in occasione di un concerto che si sarebbe tenuto l’8 giugno. Questo mi fa supporre che Federico non stesse premeditando niente. L’avevo visto spesso: per riconfermagli il contratto, l’ultima volta l’ho incontrato in quell’occasione giovedì scorso e in un’altra occasione in cui si era parlato della nuova stagione e della preparazione della nuove leve calcistiche dove mi aveva dato disponibilità a dare una mano nella preparazione dei giovani atleti”.
Ma al di là dei tecnicismi, la presidente traccia il profilo di un ragazzo sereno e solare che non aveva mai dato segni di un temperamento violento: “Federico è stato con noi tutto l’anno della stagione che si è appena conclusa, era un ragazzo sereno, equilibrato. Sapevo che aveva avuto una relazione con una ragazza e che era finita, però non ha mai dato nessun segnale che potesse far presagire tutto questo. Nulla che potesse essere indizio del dramma che si è consumato. Io, come presidente e come donna, sono in una posizione estremamente difficile. Da un lato il dramma per questo ragazzo e dall’altro il dolore perché ha commesso l’omicidio di una donna, quello che comunemente si chiama femminicidio. Posso solo dire che intorno a noi ora c’è tanto dolore”.
Intanto per domani lunedì 28 maggio è atteso il conferimento dell’incarico per le autopsie al medico legale da parte del sostituto procuratore Flavia Alemi di Pisa che coordina le indagini. Poi nei giorni successivi il medico legale potrà eseguire gli esami, dopo la notifica dell’atto alle eventuali parti civili. Molti elementi potranno essere chiariti in quella circostanza, a cominciare dall’esatta ora della morte di Elisa Amato: questo, infatti, potrebbe chiarire se la ragazza è morta a Prato dopo i primi colpi o se è deceduta a San Miniato. Un dettaglio, questo, non da poco, che potrebbe dare indicazioni anche sulle dinamiche psicologiche che hanno portato il giovane calciatore a questo gesto.
Al di là delle parole della presidente e degli altri esponenti della società calcistica, infatti, rimane la questione di una pistola di fabbricazione ceca, con la quale Zini ha esploso 4 o 5 colpi, questo lo chiariranno le prove balistiche, acquistata pochi giorni prima dell’omicidio e che probabilmente in poligono non è mai o quasi mai entrata, ma che alla fine è stata utilizzata per commettere un omicidio suicidio. Un’arma di calibro 9 ovvero in grado di sparare ogive di grosse dimensioni che lasciano poco scampo a chi viene attinto. Un calibro che in passato era stato vietato in Italia perché ritenuto parabellum ovvero, vista la sua pericolosità, riservato solo alle forze armate e ai carabinieri sia come arma che come munizionamento. Poi dal 2014 tra circolari ministeriali e sentenza della Suprema Corte è stato rimesso tutto in discussione e queste armi corte nella versione 9×21, come quella di Federico, la cui regolarità nella detenzione a questo punto sembra essere sancita da una sentenza della Cassazione, sono diventate reperibili anche dai civili per il tiro sportivo, per quanto rimangano particolarmente pericolose per la loro capacità distruttiva.
Anche il vescovo di San Miniato Andrea Migliavacca ha espresso il proprio dolore per la vicenda di Zini ed Elis, ricordando l’importanza del dialogo tra i giovani. “Sono profondamente addolorato – ha detto Migliavacca – per la morte di Elisa Amato e Federico Zini, desidero esprimere, accanto alle tante domande e allo sconcerto per il gesto ingiustificabile compiuto dal giovane, la mia vicinanza e la mia solidarietà alle famiglie così terribilmente colpite da questa tragedia. Mi unisco in preghiera a tutti loro, certo che l’amore e la misericordia di Dio accompagnano anche questa dolorosissima vicenda. Sono insieme al dolore per quanto accaduto e alla preghiera per i due giovani la cui vita è così tragicamente finita, per i famigliari e gli amici. Prego anche per i nostri giovani – ha concluso Migliavacca – perché la speranza, la capacità di dialogo, il rispetto reciproco e di se stessi, la vicinanza degli altri, li aiutino a ritrovare sempre le strade del bene e a non giungere mai più a gesti estremi”.
Della vicenda ha parlato anche il capo della polizia Franco Gabrielli che è intervenuto ieri proprio in Toscana a Firenze in occasione della commemorazione della strage dei Georgofili. “Serve che le donne denuncino e che le istituzioni non facciano cadere nel vuoto le denunce. Anche qui, come in altri campi, c’è una questione culturale fino a che ci sarà una concezione proprietaria delle persone e degli affetti queste tragedie continueranno ad esserci”.
Di supporto alle indagini, forse e in qualche modo, potrebbero anche essere i profili Facebook dei due. Non per quello che raccontano – ragazzi belli, giovani, con tanti amici e che vogliono divertirsi – ma per quello che tacciono: le fragilità di due persone, oltre che di una generazione, continuamente spinta a essere al top, a vincere e a essere invidiata.
Gabriele Mori