Tre mesi con la pinza nello stomaco dopo l’operazione a Careggi – Foto

7 dicembre 2016 | 19:42
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Tre mesi con la pinza nello stomaco dopo l’operazione a Careggi – Foto
Tre mesi con la pinza nello stomaco dopo l’operazione a Careggi – Foto
Tre mesi con la pinza nello stomaco dopo l’operazione a Careggi – Foto
Tre mesi con la pinza nello stomaco dopo l’operazione a Careggi – Foto
Tre mesi con la pinza nello stomaco dopo l’operazione a Careggi – Foto
Tre mesi con la pinza nello stomaco dopo l’operazione a Careggi – Foto

Di quei primi giorni dopo l’operazione, Mauro Cellini, 64enne residente a Dicomano, ricorda solo qualche fitta nei momenti in cui si metteva seduto sul divano. “Un fastidio – racconta – ma mai un vero e proprio dolore”. Del resto, Cellini era appena uscito da una seconda operazione dovuta ad un tumore: niente di strano, insomma, se nei giorni successivi compariva qualche ‘dolorino’. È così che la situazione è andata avanti per quasi tre mesi, da luglio fino a settembre, quando il 64enne ha eseguito una Tac in vista di un terzo e definitivo intervento. “Non dimenticherò mai la faccia del radiologo”, racconta l’uomo mentre ci mostra l’immagine shock di quella Tac. Conficcata in mezzo al suo corpo, all’altezza dell’intestino, c’era una pinza metallica di ben 15 centimetri di lunghezza, dimenticata lì dall’ultima operazione eseguita nell’ospedale fiorentino di Careggi.

Un caso clamoroso, purtroppo non inedito, del quale si sta occupando una giovane legale del comprensorio, Giada Caciagli, castelfranchese residente a Fucecchio, con studio legale in via Buozzi a Ponte a Egola. La vittima di questa incredibile disavventura, infatti, è arrivata a Caciagli attraverso il sito www.risarcimentosalute.it, che si avvale di un team di avvocati distribuiti in 35 città italiane, che offrono assistenza legale per chi ritiene di essere vittima di un caso di mala sanità.
Nel caso di Cellini, l’errore è purtroppo di quelli da manuale, ma merita di essere raccontato nella sua interezza, soprattutto perché frutto di un primo inconveniente chirurgico che ha stravolto (e non poco) la tenuta fisica e morale di un uomo alle prese con una grave malattia. “La vicenda è iniziata con la diagnosi infausta di un tumore al colon – racconta Caciagli – che ha costretto Cellini ad una prima operazione, lo scorso febbraio, per la resezione dell’intestino. Fu lui a scegliere l’ospedale di Careggi in virtù delle moderne tecnologie robotiche usate in questo tipo di interventi”. Eppure, proprio durante l’operazione, il robot provocò la perforazione della vena iliaca, con conseguente shock emorragico, costringendo i chirurghi a proseguire l’operazione ‘a mano’, e prevedendo una soluzione temporanea in vista di un successivo intervento eseguito a luglio. “In pratica – racconta il 64enne – mi dissero che nella seconda operazione mi avrebbero rimesso apposto. Fu allora, invece, che la pinza rimase nel mio stomaco”.
Così, alla fine di settembre, quando Cellini ha dovuto fare una Tac in vista di una terza e conclusiva operazione, si è trovato di fronte il radiologo dalla faccia sconvolta: “È venuto fuori dal vetro, visibilmente agitato, chiedendomi da chi ero stato operato – racconta -. Sul momento ho pensato che la malattia si fosse aggravata temendo il peggio. Quando ho saputo della pinza, invece, è subentrata la preoccupazione per le possibili lesioni interne”.
Miracolosamente, invece, la pinza è rimasta al proprio posto senza provocare danni, ed è stata rimossa pochi giorni dopo con la terza operazione. “Quello che è accaduto ha segnato quest’uomo a livello di stress – riprende l’avvocato – oltre a provocargli un’alopecia con conseguente perdita dei capelli”. Nei prossimi giorni, quindi, il legale avvierà una richiesta danni in sede civile: “Di solito sconsigliamo il percorso in sede penale, perché è molto raro riuscire ad ottenere una condanna, ed un’eventuale archiviazione rischierebbe di pregiudicare le possibilità di risarcimento in sede civile”.
L’ospedale di Careggi, dopo l’accaduto, si è scusato personalmente con Cellini, che adesso sta cercando di far conoscere il più possibile la propria storia per evitare che possa accadere di nuovo. “Il Ministero della Salute fornisce delle raccomandazioni per il conteggio dei ferri e delle garze – aggiunge Caciagli – ma l’ospedale, dopo quello che è successo, ha annunciato l’intenzione di voler potenziare ulteriormente il proprio protocollo”.

Il sito per le vittime di mala sanità
Fondato a Milano, il portale (qui il link) di cui Caciagli è referente per la Toscana, si avvale complessivamente di una quindicina di avvocati in tutta Italia, che sono in grado di coprire con i propri studi 15 città. “Sul nostro sito riceviamo 50mila visite all’anno – racconta il fondatore Daniele Viola -, in molti casi digitando le parole ‘mala sanità’, da parte di persone che richiedono una prima consulenza, sempre senza impegno. Per ogni caso eseguiamo una perizia medico-legale per capire fin da subito se ci sono i presupposti per avviare la richiesta danni. I casi più frequenti riguardano l’ortopedia, la mancata o la sbagliata diagnosi, ma non mancano gli errori in sala parto: sono meno frequenti ma sono anche i più clamorosi. Da parte nostra, mettiamo a disposizione la consulenza dei nostri avvocati per chi ritiene di essere vittima di un errore e vuol far valere i propri diritti”.