“Abbiamo dovuto comprare le cesoie”, ma ora la Dada calza a pennello alla scuola di Castelfranco di Sotto foto

Le chiavi non si perdono più ma "alcune cose andranno aggiustate, compreso il regolamento che abbiamo scritto in astratto"

Qualche difficoltà nei primissimi giorni l’hanno avuta, specie con le classi prime, tanto da dover comprare delle cesoie per aprire armadietti con chiavi dentro o perse fuori chissà dove. Ma i disagi sono già un lontano ricordo e la certosina organizzazione dell’istituto comprensivo Leonardo Da Vinci di Castelfranco di Sotto sta facendo procedere alla grande la sperimentazione del modello Dada, didattiche per ambienti di apprendimento, nella scuola secondaria di primo grado.

“Stiamo già pensando a come applicarla anche a Orentano – anticipa il dirigente Sandro Sodini -, dove serve più spazio e in futuro anche alla Primaria”, ma per ora c’è da perfezionare questo primo embrione. “Abbiamo dovuto rivedere alcune cose, altre andranno aggiustate, compreso il regolamento, che abbiamo scritto in astratto, prima di iniziare la sperimentazione“. Le aule sono ancora in fase di allestimento, più che altro di personalizzazione, perché “il grosso” è fatto, ma altro si aggiungerà mano a mano che si animeranno di ragazzi e si svolgeranno le attività.

“Adesso ogni disciplina ha il suo spazio e il doppio intervallo aiuta a spezzare un po’ la mattina mentre agevola la concentrazione”. Un modo nuovo di pensare le cose, oltre che di farle, che si adatta alle sfide davanti alle quali si trovano le nuove generazioni. “Dai corsi di aggiornamento che facciamo – spiega Sodini – sappiamo che questi ragazzi hanno un arco di attenzione più breve o che hanno molta più facilità con certi strumenti rispetto ad altri. Se vogliamo aiutarli a crescere, non possiamo trascurare questi elementi. Non c’è mai niente da buttare del tutto o da tenere del tutto, ma aggiustare di volta in volta il metodo e la didattica alla comunità che si ha”.

Anche dal punto di vista dell’inclusione e della socialità, per esempio, i riscontri sono positivi: c’è tutto il tempo per gli spostamenti e nessuno viene lasciato indietro. Poi ci sono anche i progetti a classi aperte. In un modello fuido, nel quale si “porta a misura” l’approccio, ma la struttura resta e funziona. Resta, anche, che si parla di ragazzini delle scuole medie, ma che così sono più responsabilizzati: se vogliono lasciano i libri, se no li portano a casa per studiare e fare i compiti. E hanno già imparato a non perdere le chiavi.

Il voto positivo è anche da parte del personale scolastico: “I docenti, persino il personale supplente, si sono trovati bene con questo metodo, che certo cambia il lavoro anche a insegnanti e collaboratori scolastici”. Anche per questo serve la formazione e aiuta essere in rete con altre realtà, che visiteranno la struttura per supportarla ancora nel passaggio. Già una scuola della provincia di Firenze, però, è venuta “a imparare”, per prepararsi ad adottare questa piccola rivoluzione, con i ragazzi in movimento da un’aula all’altra e ogni aula che è un mondo cresciuto con il materiale di tutti.

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