Gli studenti del liceo Carducci raccontano la scuola per la giornata delle scienze umane

Successo del progetto che ha coinvolto gli alunni in interviste e attività
‘I care’… ‘Mi interessa’, ‘Mi prendo cura’. Come non ricordare il motto di Don Milani, parroco ‘ribelle’ e innovatore di cui qualche giorno fa si sono ricordati i 100 anni dalla nascita. E come non ricordare quelle parole nel giorno in cui gli alunni del liceo delle Scienze umane ‘Carducci’ di Volterra sono stati invitati a parlare pubblicamente del loro percorso relativo alla giornata delle scienze umane.
Perché questo hanno fatto gli alunni del liceo: si sono interessati, si sono presi cura della loro scuola, di chi la frequenta, del loro territorio, delle sue storie, di chi lo vive. E si sono adoperati affinché queste voci fossero ascoltate. La giornata delle scienze umane, nasce dalla necessità di far sentire al mondo fuori la voce degli studenti, un bisogno di continuità tra mondo scolastico e territorio di appartenenza. In poche parole il senso di tante indicazioni ministeriali. Un bisogno di costruire e ricostruire, di rintracciare significati, legami, opportunità dei luoghi di vita.
Gli allievi del ‘Carducci’ hanno raccontato attraverso gli strumenti forniti dalla scuola la loro realtà. Quell’universo da sempre inteso opposto e lontano dalle ‘cose scolastiche’ narrato da loro stessi in un linguaggio e contesto diverso. Il mondo fuori è entrato a scuola e la scuola è uscita entrando attraverso gli studenti nel loro spazio di vita. Ed è stato proprio in virtù di questo senso di appartenenza che il progetto vede la luce. La scuola diviene oltre a un luogo di conoscenza, un luogo di esperienza. Gli studenti del liceo delle scienze umane diventano protagonisti e costruttori del loro sapere. La preparazione di questa giornata li ha impegnati in interviste, in uscite e visite in luoghi extrascolastici; i ragazzi si sono documentati, hanno dialogato con associazioni, persone, istituzioni. Hanno creato una rete significativa di relazioni, e hanno ricostruito significati, riscoperto la storia del loro territorio, raccontato il mondo fuori. Ciascun aspetto indagato è stato declinato in voci di vita vissuta, in modo tale da far parlare non solo il loro lavoro ma anche di arricchire l’attività svolta attraverso il contributo di persone direttamente coinvolte nelle situazioni. Lavorando sugli stereotipi e pregiudizi, gli studenti hanno indagato le dinamiche che conducono alla formazione di un pensiero rigido, costruito percorsi laboratoriali atti a dimostrare la pericolosità dei pregiudizi; lavorando sul carcere gli studenti hanno avvertito la necessità di entrare direttamente nel mondo da loro indagato. Attraverso il contato con Armando Punzo, regista teatrale della Compagnia della Fortezza, i ragazzi hanno parlato con i detenuti e con il regista, entrando pienamente nel contesto. Uno studente ha intervistato il nonno, ex dipendente di un istituto di pena minorile, ascoltando dalla sua voce la vita di quei luoghi. Per quanto riguarda il tema del rapporto tra dipendenze e musica, è intervenuta una toccante testimonianza di vita vissuta di un ex tossicodipendente a far riflettere i ragazzi, mettendo a diposizione il proprio vissuto. Sul manicomio le classi hanno potuto ascoltare la voce di chi vi ha lavorato per anni, insieme alla visita al Museo Lombroso. Così senza pensarci troppo si è delineata una strategia vincente. Quella di partire dai contesti sui quali poi costruire conoscenze, sempre più interessanti, sempre più vere. La porta della scuola si è aperta il giorno 4 marzo e numerosi hanno varcato quella soglia. Gli studenti hanno mostrato passione, rigore, creatività e impegno, senza risparmiare testa né cuore. L’iniziativa ha ottenuto tale risonanza che l’Avis locale l’ha scelta come soggetto di una pubblicazione e come ‘buona pratica’ da segnalare al Cesvot regionale.
Nella mattinata di mercoledì scorso (7 giugno), grazie al fattivo interessamento di Avis nella persona del professor Bruselli gli alunni del liceo hanno ricevuto un pubblico riconoscimento per il proprio impegno, nella restituzione alla popolazione del lavoro svolto. Nella convinzione che ‘prendersi cura’ sia veramente una modalità di approccio vincente per creare il giusto connubio tra scuola e territorio.