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“La nostra comunità è rimasta unita”, e oggi scopre il monumento alle vittime del covid

18 marzo 2023 | 13:05
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“Vogliamo unirci con un abbraccio affettuoso ai familiari, che nella solitudine di quei giorni non hanno potuto vivere la dimensione rituale del dolore”

A ripensarci oggi sembra tutto incredibile. Le chiusure, le regole, i Dpcm, l’azzeramento totale della vita sociale e delle relazioni. E poi la solitudine dei contagiati, l’impossibilità per i familiari di vederli e salutarli almeno un’ultima volta. È proprio pensando a tutto questo che l’amministrazione comunale di Santa Croce sull’Arno ha voluto organizzare la cerimonia di questa mattina, 18 marzo, in occasione della Giornata nazionale per le vittime del Covid 19.

Una cerimonia aperta dall’inaugurazione della stele commemorativa in via Brunelleschi, e proseguita con la presentazione del libro “Le nostre parole al tempo del coronavirus” all’interno del PalaParenti. “Oggi vogliamo unirci con un abbraccio affettuoso ai familiari, che nella solitudine di quei giorni non hanno potuto vivere la dimensione rituale del dolore“, ha esordito con commozione la sindaca Giulia Deidda, dopo le note del Silenzio suonate da Marco Vivian e la scoperta della targa di fronte al palazzetto dello sport.

“A tutte le vittime del Covid 19 – recita la targa -. In memoria di quanti non sono sopravvissuti alla ferocia di un virus che ha attaccato i nostri corpi e i nostri animi mettendo a nudo le fragilità del nostro tempo”. Quarantadue in tutto le vittime santacrocesi della pandemia, ricordate oggi dai familiari presenti alla cerimonia, insieme ai gonfaloni di tutte le associazioni che in quei giorni difficili si spesero per aiutare gli altri. “Perché in quei giorni abbiamo temuto di non farcela – ha aggiunto Deidda – ma non abbiamo mai smesso di prenderci cura degli altri. Questa stele ricorda che la nostra comunità è rimasta unita. Ed è questo il bene più prezioso da custodire”. Dopo la benedizione del parroco don Donato la cerimonia è proseguita negli spazi del PalaParenti, dove sono in mostra le foto e i fotomontaggi firmati da Alessandro Squilloni e Manuele Vestri, che rappresentano una Santa Croce inedita e surreale ai tempi della quarantena.

È qui che la sindaca Giulia Deidda e l’assessore alla cultura Elisa Bertelli, insieme ai capogruppo di opposizione Alessandro Lambertucci e Vincenzo Oliveri, hanno presentato la pubblicazione dedicata al periodo più difficile della pandemia. “Ricordo ancora bene le telefonate dei familiari che mi chiamavano perché l’ospedale ancora non si era fatto sentire. Capivo di dover essere forte, prima di tutto per loro, ma vi confesso che non è stato facile” ha ricordato Deidda, sottolineando l’impegno speso da tutte le associazioni per portare cibo, medicinali e mascherine alle famiglie di Santa Croce. “E poi il numero messo a disposizione dal Comune – ha aggiunto la sindaca – con Sofia Capuano e Antonella Strozzalupi che non si staccavano mai da quel telefono”. In tutto furono più di 300 gli interventi effettuati per portare assistenza, mentre i buoni alimentari distribuiti furono di oltre 244mila euro.

“Con questa celebrazione vogliamo sottolineare una comunità solida – ha detto il consigliere Lambertucci – perché in quei giorni andarono in pezzi tutte le nostre certezze, tutto ciò che credevamo scontato. E abbiamo avuto paura, molta paura”. Una paura vissuta in prima persona dal consigliere Oliveri, ricoverato al San Giuseppe di Empoli per 34 giorni e costretto a lungo a respirare all’interno del casco. “Ho avuto una brutta esperienza – ha ricordato Oliveri – iniziata pochi giorni dopo la morte dell’assessore Gianluca Bertini,più giovane di me. Era convinto di non farcela. Invece alla fine mi sento fortunato, ma devo ringraziare tutta l’équipe di Empoli che mi ha assistito e voglio mandare un abbraccio forte a coloro che non ce l’hanno fatta e ai loro familiari”. Un ricordo, quello di Oliveri, che è uno dei tanti raccolti all’interno della pubblicazione voluta dal Comune per tramandare la storia di quei giorni terribili. “Volevamo che ci fosse qualcosa di scritto, capace di mantenere la testimonianza di quello che è successo anche fra cento anni” ha detto Deidda, dedicando il libro a Renzo Nazzi e a tutti le altre vittime santacrocesi della pandemia.

Gli interventi

GIULIA DEIDDA, SINDACA
“A distanza di tre anni dall’inizio della pandemia abbiamo ritenuto importante pensare ad un’azione che rappresentasse un punto fermo per la memoria futura di un evento che ha caratterizzato la nostra quotidianità in un passato a noi prossimo ma che si prefigura della portata epocale, e abbiamo individuato nel 18 marzo, giornata nazionale per le vittime del Covid 19, il momento più opportuno. Il memoriale che abbiamo inaugurato oggi è semplice nel suo aspetto materiale ma importante nel suo significato per quello che il covid è stato e per quello che ci sentiamo la responsabilità di trasmettere alle future generazioni in termini di memoria, ed è ancora più importante perché siamo arrivati a questa inaugurazione attraverso un percorso condiviso da tutto il Consiglio Comunale, dopo un periodo che ha visto collaborare tutti i capigruppo e le capigruppo nella scelta fattiva di quale simbolo lasciare sul territorio. Un percorso di condivisione e unità così come unita è stata la nostra comunità nell’affrontare un periodo davvero complicato, che, di contro, ci ha fatto scoprire quanto di buono il nostro paese è in grado di fare lavorando in maniera coesa con l’obiettivo di prenderci cura gli uni degli altri.”

ELISA BERTELLI, ASSESSORA ALLA MEMORIA
“Insieme all’inaugurazione del memoriale abbiamo presentato anche il libro “Le nostre parole al tempo del Coronavirus” una piccola pubblicazione alla quale lavoravamo da tempo e che si è andata formando via via grazie ai contributi dei cittadini e delle cittadine. Nell’estate del 2020, quando non sapevamo ancora che ci sarebbero state altre ondate di contagio e altri momenti di quarantene, abbiamo pensato che sarebbe stato importante fare una raccolta di pensieri, diari, scritti, lettere che ognuno di noi in quei giorni difficili di distanziamento forzato ha necessariamente scritto e che da memoria privata potevano diventare una memoria collettiva condivisa. Abbiamo pubblicamente fatto richiesta di inviare alla Biblioteca comunale questi scritti e così a poco a poco ha preso vita questo libro fatto di pensieri, ma soprattutto emozioni e speranze.”

ALESSANDRO LAMBERTUCCI, CAPOGRUPPO “PER UN’ALTRA SANTA CROCE”
“Attraverso questa doverosa commemorazione, unanimemente partecipata, l’amministrazione comunale ha voluto ricordare, con forte determinazione e attraverso la scelta di elementi altamente simbolici, lo sgomento provato dalla nostra comunità di fronte a questo male che per lungo tempo ci ha privato dei nostri diritti fondamentali, ma ha anche voluto rendere un sentito omaggio collettivo a coloro che non riuscirono a salvarsi da questo tremendo contagio. Ad andare in pezzi in quei giorni non furono solo i rapporti interpersonali ma anche tutte le nostre certezze. Ciò che ritenevamo scontato, come ad esempio le nostre libertà, diventò un’eccezione appesa al filo dei comunicati, dei dati sanitari, dei colori e di tutta una serie di giustificazioni dalle più diverse modalità. Più che vivere abbiamo tirato avanti ignorando la consistenza di quel che sarebbe potuto essere il nostro futuro. E abbiamo avuto paura, molta paura. Da quei giorni in poi il mondo non è stato più lo stesso e noi siamo cambiati per sempre. Quando credevamo di aver toccato ormai il fondo una guerra assurda ci ha messo gli uni contro gli altri riportandoci alla crudezza dell’animo umano. Ed è allora, con questo memoriale, che, allo stesso tempo, vogliamo sottolineare anche l’importanza di essere una comunità solida e di esserlo stati anche in quei momenti più brutti per noi stessi e per il nostro paese e che è giusto, proprio per questo, non dimenticare per ripartire tutti insieme verso un futuro migliore.”

VINCENZO OLIVERI, CAPOGRUPPO “ASMA 2.1”
“Oggi 18 marzo ricordiamo qualcosa di molto triste per il nostro comune e anche per il mondo intero. E’ stato un periodo incredibile quello della pandemia, che ci ha segnati per sempre come individui e come umanità. Quando eravamo chiusi in casa, ogni giorno guardavamo fuori e là c’erano vittime, 42 a Santa Croce sull’Arno, e migliaia di contagiati, moltissimi finiti in ospedale.
Anche io.
Sono stato ricoverato all’ospedale di Empoli per 34 giorni, nonostante io non abbia sottovalutato neppure per un momento il virus e non abbia mai abbassato la guardia. Non c’erano precauzioni adatte e nessuno di noi era pronto a quello che è stato davvero. Io pensavo di andare all’ospedale per un semplice accertamento, che sarei subito tornato a casa. Invece ho temuto più volte di non rivederla quella casa, con tutti i miei affetti dentro.
Solo per fortuna sono qui a raccontarlo e non sono entrato in terapia intensiva, ma ho dovuto portare il casco per 17 ore al giorno e le rimanenti ore ero con la maschera. Ho tenuto tanto tempo gli occhi chiusi e l’unica cosa che riuscivo a fare era pensare: ho pensato tante volte a cosa avrei voluto fare una volta uscito (a una bella vacanza, a giocare con le mie nipotine, a scattare delle belle foto) ma ho anche temuto tante volte che non ne sarei uscito vivo. Pensavo alle mie persone, mi chiedevo se le avrei riviste mentre salutavo gente che tornava a casa e altra ne vedevo andare via per sempre, senza neppure un ultimo sguardo ai familiari.
Ho visto due persone che erano nella mia stessa stanza morire. Ho visto altre persone arrivare a occupare quei posti vuoti, perché in quei giorni tutti uguali, con gente della quale vedevi solo gli occhi stanchissimi che corre da una parte all’altra, i reparti Covid dell’ospedale erano strapieni, tanto da dover trasferire malati in altri ospedali.
Esci per andare a fare un controllo e ti ritrovi isolato, con la videochiamata come unico contatto con l’esterno. Per questo era una festa quando salutavo qualcuno che tornava a casa e mi auguravo che prima o poi toccasse anche a me. Che pur se su gambe fragili e malferme, con il corpo cambiato e l’animo stanco, anche io sarei tornato a casa. Credo che lo stesso avranno pensato quelli che, invece, la casa non l’hanno più rivista né hanno più sentito la voce e l’abbraccio della famiglia. Gli saranno mancate persino le urla, la confusione, quelle cose che nelle famiglie ci sono. E vanno via con un abbraccio e un sorriso.
L’abbraccio e il sorriso sono le cose che il covid ci ha tolto e che con grande fatica stiamo cercando di riprenderci. Perché è vero che questo covid ci ha cambiati. Io, finalmente e piano piano, sono riuscito a riprendermi anche grazie all’assistenza continua e amorevole di tutto il personale che non finirò mai di ringraziare: medici, infermieri, operatori socio sanitari sono con me in ogni abbraccio e ogni sorriso che posso condividere con le mie nipotine, mia moglie, mia figlia e i miei fratelli.
Oggi non riesco a sorridere. Però voglio abbracciare tutti i familiari delle vittime del covid del nostro comune, che non hanno avuto nemmeno la possibilità di vedere i propri cari per l’ultima volta. Vi hanno pensato molto in quei giorni di ospedale, gli mancavate come l’aria, quella delle maschere e dei caschi. Siete stati il loro ultimo ricordo felice.
E anche se oggi è un giorno triste, sono felice che grazie a questo monumento, tutti loro non saranno mai dimenticati.”

ARIANNA GISFREDI, CAPOGRUPPO “ITALIA VIVA”
“Italia Viva si associa nel ricordare i concittadini deceduti a causa del covid ed esprime tutta la sua vicinanza alle famiglie colpite da uno tsunami improvviso e devastante che ha sconvolto la vita di tutti noi e di ogni popolo della terra. La situazione oggi è molto migliorata, il virus è sotto controllo ma questa iniziativa e questo memoriale ci invitano a riflettere su quanto accaduto e a non abbassare la guardia per il futuro”

IVETTA PARENTINI, CAPOGRUPPO “PARTITO DEMOCRATICO”
“Come Partito Democratico vogliamo ringraziare l’Amministrazione e tutto il Consiglio Comunale per l’impegno a tenere vivo il ricordo dei nostri concittadini e di tutte le persone che ci hanno lasciato a causa di una pandemia inspiegabile.
Ci stringiamo al dolore delle famiglie con la volontà di continuare a trasformare i lutti e le difficoltà in possibilità di riscatto e rigenerazione mantenendo vivo il ricordo di quanti non ce l’hanno fatta”.