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“Ti senti presa e buttata lì”, il disagio di una mamma ospite nella stanza delle nutrici

28 gennaio 2023 | 20:34
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“Ti senti presa e buttata lì”, il disagio di una mamma ospite nella stanza delle nutrici

Acqua fredda, senza sicurezza né un campanello: “Ci aspetteremmo più sensibilità”

L’acqua del bagno arriva solo marmata, il bidet non esiste e la camera è praticamente accessibile da tutti, senza un minimo di sicurezza e senza un campanello d’emergenza per chiedere aiuto. È la situazione descritta da una mamma che protesta contro la cosiddetta stanza delle nutrici allestita all’ospedale di Empoli.

Una camera pensata per le neomamme appena dimesse dall’ospedale, in modo che possano trattenersi all’interno della struttura per allattare i figli ricoverati per qualche motivo in Pediatria. È il caso di Erika Casalini di Marti di Montopoli Valdarno, che lo scorso martedì 24 gennaio è diventata mamma per la quarta volta con l’arrivo della piccola Matilde, nata con un po’ d’anticipo e quindi ricoverata in attesa che raggiunga il peso per poter andare a casa.

“Io sono stata dimessa già nella giornata di mercoledì – racconta la donna – mentre la bimba dovrebbe essere dimessa domani (domenica 29). In attesa di poter tornare a casa insieme a lei, mi è stato spiegato che non potevo restare in reparto ma che avrei potuto trasferirmi nella cosiddetta stanza delle nutrici”. Una camera da 3 o 4 posti in tutto, allestita al secondo piano a due passi dalla Pediatria, che a detta di Casalini sarebbe assolutamente inadatta ad accogliere donne che hanno partorito da pochissimi giorni. “Non ho niente da ridire sul servizio che ho ricevuto durante il ricovero – precisa la donna -, quando, a parte poche eccezioni e qualche frase fuori luogo, ho trovato grande professionalità. Il problema è nato dal momento in cui sono stata dimessa e trasferita in questa stanza.

Prima di tutto c’è il problema del bagno, dove l’acqua è ghiacciata e non c’è il bidet, quindi senza alcuna possibilità di garantirsi un po’ di igiene personale. In compenso abbiamo un vaso per portatori di handicap con la doccetta, il cui getto non è certo adatto a una donna che ha ricevuto dei punti. Inoltre siamo fuori dal reparto, in fondo a un corridoio dove chiunque può accedere senza problemi”. Il risultato è una sensazione di insicurezza e vulnerabilità accentuata anche dall’assenza di un campanello per chiedere aiuto. “L’assistenza sanitaria per noi non è garantita perché non siamo più ricoverate – spiega Casalini -. Abbiamo un telefono per parlare con il reparto e sapere quando è il momento della poppata, ma non c’è un campanello per chiedere aiuto. C’è un pulsante di emergenza dietro il letto ma se lo premi non arriva nessuno”.

Da qui l’appello ad una maggiore attenzione e sensibilità. “Perché ogni donna che è diventata mamma lo sa – dice Casalini -. In quei giorni siamo ancora fisicamente ed emotivamente fragili, non abbiamo le forze e spesso nemmeno la lucidità.Ci aspetteremmo più sensibilità da parte di un ospedale e specialmente dalle donne che ci lavorano. Invece ti senti presa e buttata lì, praticamente in mezzo a un corridoio dove non ti senti affatto al sicuro. È vero che siamo state dimesse e quindi saremmo pronte per andare a casa, ma a casa abbiamo un marito e dei familiari che ci aiutano”.

Una situazione di disagio che sarebbe stata segnalata più volte anche all’Urp dell’ospedale: “Anche mia sorella c’era passata due fa – conclude la donna –, quando per colpa del Covid dovette affrontare da sola tutto il ricovero. Adesso forse è il momento di affrontare queste situazioni, specialmente in questi giorni dopo la tragedia di Roma, in cui leggiamo che in Regione si discuterà di garantire alle donne che hanno partorito la presenza costante di un familiare”.