Scuola di Marti in Consiglio: “Conviene adeguare che costruire”. Sul Bilancio: “Abbiamo 4 milioni di crediti di dubbia esigibilità”

Capecchi assicura: “Ci saranno recuperi forzosi” e, sulla comunicazione, “Ci ritroviamo a illustrare gli atti nelle commissioni senza le opposizioni”
“Siamo ancora nei parametri per cui è più conveniente fare l’adeguamento e il miglioramento della scuola esistente, piuttosto che farne una nuova”. L’edificio in questione è il plesso di Marti, frazione collinare di Montopoli Valdarno e a pronunciare queste parole è Alessandro Varallo, assessore ai lavori pubblici. La votazione del consiglio comunale di ieri sera (22 giugno) segna un passaggio fondamentale per le sorti della scuola chiusa ormai da tempo, perché precede di poco la futura approvazione del progetto esecutivo e quindi la possibilità di andare a gara per affidare i lavori. La seduta di ieri sgombra il campo da ogni possibilità di costruzione di un nuovo plesso da zero, ipotesi sostenuta da qualcuno in considerazione degli elevati costi per il risanamento. Ma procediamo con ordine.
La scuola in questione è chiusa da ottobre 2021 e da allora genitori, consulte e forze politiche hanno cercato di affrontare la vicenda. I passaggi più importanti riguardano la realizzazione di due studi di fattibilità a distanza di tempo redatti da due diversi ingegneri: le criticità emerse sull’edificio sono identiche, a variare, e di molto, sono i costi. Il secondo studio di fattibilità, quello più recente e completo, prevede un costo complessivo di un milione e 660mila euro, di cui 400mila soggetti a contributo della Regione Toscana e la restante parte con mutuo da contrarre con Cassa depositi e prestiti.
Il voto portato ieri in consiglio comunale, tecnicamente, è una variazione al documento unico di programmazione e quindi al bilancio di previsione 2022-2024. In altre parole, un passaggio fondamentale, senza il quale non si arriverebbe al progetto esecutivo e alla gara. “Abbiamo come obiettivo di approvare l’esecutivo entro luglio e procedere alla gara. Lo studio di fattibilità è stato approvato in giunta e l’importo della scuola è di 1 milione e 660mila euro. Abbiamo aspettato fino all’ultimo perché l’importo dello studio di fattibilità è praticamente quello del progetto definitivo – spiega Varallo, che rende conto anche della differenza di costo tra i due studi di fattibilità -. Le cause sono molte: in primis, il secondo studio è basato su analisi più approfondite che non erano tenute in considerazione nel primo studio di fattibilità. Poi, una buona parte la fa anche l’aumento dei costi delle materie prime”.
Il voto sulla scuola di Marti non è soltanto un voto “tecnico”, ma porta con sé anche una carica simbolica importante. Tutta la maggioranza ha votato compatta per l’approvazione della delibera così come il resto dei punti all’ordine del giorno. È un messaggio di cui occorre prendere atto dopo quanto accaduto lo scorso 15 giugno, quando per l’assenza di alcuni consiglieri di maggioranza non si è raggiunto il numero minimo legale per mettere in votazione i punti all’ordine del giorno. La presenza di tutto il gruppo di maggioranza ieri sera era ciò che un po’ tutti si attendevano, insieme a delle spiegazioni sulle assenze che però non ci sono state. La seduta ha fatto registrare un ritorno al dibattito acceso e, anche se i punti all’ordine del giorno erano molto tecnici, l’occasione è stata colta al balzo dal gruppo di maggioranza per rispondere ad alcune affermazioni che si sono succedute nel corso della settimana appena passata.
Lo sfogo del sindaco Capecchi prende il là dal primo punto all’ordine del giorno: il bilancio consuntivo, cioè un documento che fotografa l’andamento finanziario dell’Ente nel 2021. “È doveroso fare delle precisazioni rispetto ad alcune affermazioni pronunciate durante questa settimana che non stanno né in cielo né in terra – dice Capecchi -. Una di queste è che si stava ratificando un bilancio consuntivo già approvato dalla giunta. Questa affermazione è sbagliata per il semplice fatto che il bilancio consuntivo è un documento contabile, complesso e articolato, è un documento di sintesi dove si evidenzia la gestione (pagamenti, riscossioni, residui attivi e passivi) dell’ente. Sono numeri: la giunta non può mettere mano a questi numeri.
Ho sentito poi parlare di malgoverno – prosegue il sindaco -. Allora prendiamo il consuntivo e analizziamolo: da otto anni la pressione fiscale è invariata, anzi negli ultimi sei anni è diminuita. Le tariffe per i servizi sono invariate negli ultimi otto anni. Gli indebitamenti ammontano a un milione e 700mila, cioè lo 0,40 percento dell’indice di indebitamento: il massimo consentito è il 10 percento. Rispettiamo i tempi di pagamento dei fornitori, anzi li paghiamo 12 giorni prima della scadenza. L’unica cosa che è in incremento è che abbiamo un fondo crediti di dubbia esigibilità di oltre quattro milioni (nel 2019 si parlava di circa tre milioni, ndr). Da una parte è positivo perché siamo sicuri di non spendere soldi che non abbiamo. Però significa che ci sono stati dei rallentamenti preoccupanti: dobbiamo intervenire anche con recuperi forzosi. Per ora ci siamo andati piano perché le famiglie, le imprese, i commercianti sono in difficoltà, ma prima o poi bisognerà metterci mano. Con un documento di questo genere, tuttavia, non ritengo che si possa parlare di malgoverno”.
Capecchi risponde anche sulle accuse di scarsa comunicazione, sostanzialmente ribaltando il lato della medaglia: “Sul consuntivo – ha detto – l’8 giugno abbiamo fatto la commissione affari istituzionali alla quale, mi sembra, che la maggior parte dei consiglieri di minoranza era assente. Ora, le commissioni dovrebbero essere il luogo in cui si discute e si prendono le decisioni per poi arrivare in consiglio comunale con le idee già chiarite. Questo non succede perché noi ci ritroviamo a illustrare gli atti nelle commissioni senza la presenza delle opposizioni, che poi puntualmente presentano obiezioni in sede di consiglio. Certamente possono farlo, ma poi non si venga a dire che c’è scarsa comunicazione”.
A Capecchi rispondono Massimo Tesi, di Centrodestra per Montopoli, e Silvia Squarcini, capogruppo Lega. Il primo punto di critica è l’orario in cui si svolgono le commissioni, nel tardo pomeriggio, quando ancora molti consiglieri lavorano. Ma questo, tutto sommato, è un ostacolo superabile con la calendarizzazione delle sedute dopo cena, così come avviene per i consigli comunali. Altra questione è la critica più generale: “Il discorso della comunicazione non riguarda solo le commissioni – ha risposto Squarcini -, ma anche le consulte e la popolazione in generale. Se tutti tuonano un motivo ci sarà”. Alla consigliera fa eco Tesi, che aggiunge: “Quanto diciamo che c’è scarsa partecipazione e democrazia diciamo che le commissioni dovrebbero essere propositive e non un luogo dove ci si mette d’accordo solo perché così si fa prima in consiglio. Tanto più perché non hanno alcun potere deliberativo le commissioni. Quello che contesto è che questo consiglio comunale è svilito nei suoi compiti. I consiglieri di maggioranza dovrebbero essere i primi a sentirsi sviliti nel loro ruolo”. Anche Maria Vanni di Progetto insieme torna a chiedere ai presidenti di commissione di “essere propositivi”. “Io chiedo – ha detto Vanni – che ci siano commissioni non solo sugli atti, che è giusto, ma anche che si parli in maniera propositiva di alcune questioni”.