Il caso |
Altre News
/

Marchio Tesorino, all’asta il capannone di Montopoli

20 marzo 2022 | 19:57
Share0
Marchio Tesorino, all’asta il capannone di Montopoli
Marchio Tesorino, all’asta il capannone di Montopoli
Marchio Tesorino, all’asta il capannone di Montopoli
Marchio Tesorino, all’asta il capannone di Montopoli

Un passaggio che rende ancora più delicata la situazione: ancora attesa la decisione del Comune sullo sfruttamento della fonte

Marchio Tesorino: asta giudiziaria per il capannone. E’ di questi giorni, infatti, la comparsa sui siti specializzati della messa in vendita giudiziaria di parte del fabbricato di via Costa al Bagno, per un prezzo base d’asta di 893mila euro.

“Porzione di un capannone industriale elevato di un piano fuori terra con accesso dalla via pubblica a mezzo di resede esclusivo – si legge nell’annuncio dell’asta, con offerta minima fissata a 669mila euro. – Altra porzione di un capannone industriale elevato di un solo piano fuori terra, con resedi esclusivi siti in Montopoli Val D’Arno e un terreno sito a Palaia”. La titolarità dell’asta pubblica è il Tribunale di Pisa, con chiusura delle offerte il 20 aprile prossimo.

Un passaggio, questo, che rende ancora più delicata la fase che sta attraversando il marchio storico dell’acqua montopolese, mentre il comune ancora non ha sciolto la riserva sull’assegnazione dei diritti di sfruttamento della fonte. Il bando, infatti, si era chiuso il 12 aprile scorso, quasi un anno fa. Un passaggio cercato a lungo dall’amministrazione comunale dopo le varie peripezie che avevano caratterizzato i rapporti fra l’ente e l’ultimo gestore della concessione.

La decisione di revocare i diritti sulla sorgente era giunta fra 2020 e 2021 alla fine di un lungo braccio di ferro, in cui l’amministrazione comunale imputava all’azienda Mlc l’eccessiva morosità per i canoni di concessione per lo sfruttamento della sorgente: un debito che a gennaio 2020 si aggirava intorno ai 50mila euro fra rate non pagate e spese della causa stabilite dal giudice del Tribunale delle acque pubbliche. Somma alla fine versata, ma a conclusione di un percorso accidentato che ha leso inevitabilmente il rapporto di fiducia fra comune e azienda.

L’ultimo capitolo della vicenda, poi, si era chiuso poco più di un anno fa di fronte ai giudici del Tar, ai quali l’azienda si era rivolta nel tentativo di annullare la determina dirigenziale con la quale il Comune revocava i diritti di emungimento della sorgente. Determina invece confermata, con rigetto del ricorso. La palese volontà dell’azienda “uscente” di mettersi in pari con i pagamenti nei confronti del Comune, oltre che di normalizzare i rapporti sindacali sul fronte di salari ed emolumenti di ex lavoratori e degli addetti rimasti, molti dei quali nel 2020 sono stati a lungo in cassa integrazione, hanno fatto ipotizzare ad alcuni l’esistenza di nuovi investitori e finanziatori interessati a rimpinguare le casse del soggetto privato titolare dell’ultima concessione.

La gara si è conclusa, appunto, nella primavera scorsa, con un solo partecipante al quale il comune non ha ancora assegnato alcunché. L’ente infatti in questi casi può prendersi un periodo di tempo per vagliare la condizione economica dei partecipanti (in questo caso uno solo) al bando. Adesso la potenziale vendita all’asta del capannone, ad un soggetto eventualmente diverso da quello titolare della concessione, rischia di impantanare ancora di più la situazione.