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Un omaggio alla guerra per fare la pace, Torre inaugura l’omaggio ai suoi soldati

8 febbraio 2022 | 16:21
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Un omaggio alla guerra per fare la pace, Torre inaugura l’omaggio ai suoi soldati

La cerimonia rinviata è stata ri programmata

Sarà inaugurato domenica 13 febbraio a Torre di Fucecchio l’opera dedicata ai cinque soldati della frazione che fecero ritorno a casa dopo la prigionia nei campi di sterminio nazisti (Lido Boschi, Emilio Cioni, Gino Corsagni, Bruno e Gino Pellegrini) realizzata dal gruppo #fucecchioèlibera e dall’artista fucecchiese Edoardo Melani in collaborazione con la pro loco di Torre.

La cerimonia, programmata e poi annullata a causa del coronavirus, si terrà alle 11 in piazza Don Giuseppe Mainardi, la bellissima terrazza che si affaccia sul Padule di Fucecchio. Parteciperanno il sindaco Alessio Spinelli, la giunta comunale, il presidente della pro loco di Torre Roberto Pellegrini e i ragazzi di #fucecchioèlibera. L’idea di realizzare l’opera è nata proprio dall’incontro tra il presidente Pellegrini, figlio di Gino, uno dei cinque soldati deportati nei campi di concentramento nazisti e i ragazzi del gruppo #fucecchioèlibera, da anni attivi sui temi della memoria storica.

Ai ragazzi del gruppo Pellegrini ha raccontato la storia di suo padre Gino e dei sette lunghi anni che trascorse lontano da casa, tra guerra e prigionia descritti nel libro suo libro “Attimi terribilmente interminabili” presentato lo scorso 27 gennaio al Nuovo Teatro Pacini nella celebrazione del “Giorno della Memoria”.
Insieme a Gino Pellegrini nel 1945 anche altri quattro soldati partiti dalla piccola frazione collinare di Fucecchio, suo fratello Bruno e poi Lido Boschi, Emilio Cioni e Gino Corsagni, riuscirono a fuggire dai lager e a riabbracciare le proprie famiglie.

Proprio il racconto di questa vicenda ha fatto scattare nei ragazzi di #fucecchioèlibera il desiderio di rendere omaggio alla sofferenza di queste persone e contemporaneamente di rendere tangibile il desiderio di riconciliazione col popolo tedesco che con alcuni cittadini aiutò quei giovani soldati a fuggire e a far ritorno in Italia. Così è nata l’idea di realizzare un bozzetto e di sottoporlo all’attenzione del giovane artista Edoardo Melani, anche lui fucecchiese, che all’interno del proprio laboratorio ha dato vita al desiderio di Pellegrini creando un’installazione in corten con un filo spinato che si trasforma in una rosa e due persone, una in piedi e l’altra che si sta rialzando, mentre si danno la mano.

“Abbiamo patrocinato questa iniziativa – dichiara il sindaco Alessio Spinelli – e supportato con grande convinzione questa realizzazione perché crediamo fortemente nei valori della memoria, della riconciliazione, della libertà e della democrazia, valori che stanno alla base della decisione di dedicare un’opera ai deportati di Torre. Ma quello che ci fa più piacere è che l’idea sia venuta da un’associazione fortemente radicata e attiva sul territorio come la pro loco di Torre e che abbia trovato sostegno e condivisione da un gruppo di giovani. Domenica prossima spero che tutti i cittadini siano lì ad abbracciare idealmente le famiglie di quei cinque soldati e a rimarcare l’importanza della memoria storica che Fucecchio, con la nostra amministrazione comunale, ha posto al centro del proprio cammino attraverso la creazione di uno specifico assessorato e l’ideazione di tante iniziative principalmente rivolte alle giovani generazioni”.

“La mia idea di realizzare un’opera per la memoria storica della nostra comunità – spiega Roberto Pellegrini – l’ho proposta inizialmente al consiglio della pro loco Torre e devo dire che i consiglieri sono rimasti veramente entusiasti. L’obiettivo è duplice, ricordare le persone che non ci sono più, perché ricordarle è un po’ come farle rivivere e far conoscere un’altra vicenda drammatica legata agli orrori della guerra e del nazi fascismo, proprio per evitare che quelle atrocità si ripetano. Il messaggio principale che ho voluto trasmettere, sia con il libro che con l’installazione, è quello della riconciliazione perché nel corso degli anni siamo venuti a conoscenza di tante storie e abbiamo capito che anche moltissime famiglie tedesche soffrivano come noi”.

“Anche la famiglia Buschmann, che salvò mio padre durante il trasferimento a Dachau – precisa Pellegrini – aveva un figlio in guerra e lui non fece mai ritorno a casa. Quella donna, aiutando mio padre, gli disse che sperava che da un’altra parte d’Europa ci fosse un’altra mamma come lei che potesse aiutare suo figlio. Quando nell’estate del ’45 la Germania e il loro piccolo paese fu invaso dall’esercito sovietico mio padre poté sdebitarsi con la famiglia Buschmann dicendo ai soldati che loro erano persone per bene che lo avevano aiutato, evitandogli probabilmente le terribili conseguenze che subiscono gli sconfitti”.

g.b.