“Vogliamo preservare il bosco, ma così è impossibile. Con queste regole, noi chiudiamo”. L’appello dei “custodi” delle Cerbaie
Circa 20 aziende hanno scritto a Provincie e Regione. “Oggi in tutte le Cerbaie sono rimaste una decina di segherie. Un tempo solo a Staffoli ce n’erano sei”
“Siamo qui da generazioni ed é nostro interesse preservare il bosco, ma a queste condizioni é impossibile continuare il lavoro”. È una richiesta di aiuto, più che una polemica, quella inviata alle Provincie e alle autorità regionali competenti dalle circa 20 aziende che operano da decenni nel settore del taglio boschi nelle Cerbaie.
Lo scritto, dettagliato nei mini termini, vuole essere l’invito ad una riflessione, per la soluzione di una serie di problematiche che le aziende boschive, con in testa il Consorzio Forestale delle Cerbaie, soffrono da almeno due anni, fra autorizzazioni al taglio che non arrivano e problemi continui ad interfacciarsi quotidianamente con chi queste autorizzazioni le dovrebbe vagliare.
Un problema noto che riguarda un po’ tutta l’attività di gestione dei boschi, ma che nelle Cerbaie diventa particolarmente difficile data la presenza, pervasiva dei cosiddetti SIC (Siti di Importanza Comunitaria), da qualche tempo divenuti ZSC (Zone Speciali di Conservazione).
Quando un’azienda, tramite un tecnico forestale, presenta una domanda di taglio su un bosco suo o di un proprietario che ha venduto il servizio di taglio, queste domande ‘normali’ passano dagli uffici preposti della forestazione. Dove invece ci sono di mezzo aree specifiche vocate alla protezione, come le Zone Speciali di Conservazione, ovvero gran parte delle Cerbaie, tale autorizzazione può essere concessa solo da un livello sovraordinato, ai funzionari della Regione Toscana.
I SIC (o ZSC) sono aree per le quali insistono particolari vincoli di tutela di alcuni habitat particolari o specie vegetali. Per quanto riguarda il territorio delle Cerbaie tali siti coprono circa il 60% del territorio totale, che notoriamente è molto antropizzato, coltivato, abitato. Per quanto riguarda il motivo del contendere, ovvero la parte boschiva, il 90% del territorio è coperto da SIC.
“E’ in questi territorio – dice Andrea Bernardini, presidente del Consorzio – che nascono i problemi, di natura prevalentemente burocratica, ma anche programmatica e scientifica. Tutte le volte che un’azienda deve chiedere un permesso di taglio all’interno di un SIC l’autorizzazione deve arrivare dagli uffici della Regione Toscana, dove spesso i titolari delle aziende si trovano a confrontarsi con funzionari che, invece di mesi, possono metterci anni a dare un’autorizzazione”.
Il problema, però, non è solo di tempistiche, ma di modalità. “Le questioni – si legge nella lettera firmata dalla totalità delle aziende coinvolte, fra Santa Maria a Monte e Fucecchio – in ambito selvicolturale, sono spesso frutto di visioni lecitamente arbitrarie, mentre le scelte di orientamenti e indirizzi, pensiamo, debbano essere frutto anche di un eventuale percorso di condivisione e dialettica fra le parti”. Sul banco degli imputati, quando si parla di funzionari regionali, vi sono per i firmatari una scarsa conoscenza del territorio, con decisioni che spesso verrebbero prese sulla base di carte sulle popolazioni arboree o datate o inesatte (frutto di foto aeree). Se sul versante pisano permangono relazioni ancora fatte di presenza fisica dei funzionari, con visite sul territorio e sopralluoghi, nel lato fiorentino (due terzi delle Cerbaie) questo non avviene o avviene di rado.
CONSERVAZIONE, FRUIZIONE ED HABITAT
Ci sarebbero di mezzo, per i firmatari, anche impostazioni ideologiche. “Percepiamo – dice, sconsolato, Pietro Cristiani, titolare dell’omonima ditta di Staffoli – un generale interesse a non tagliare, o a tagliare sempre meno. Nel dubbio in Regione dicono sempre ‘No’. Eppure non considerano mai che gran parte delle nostre aziende, radicate in questo territorio, operano da generazioni su quest’area. Un bosco che oggi vediamo così proprio perché ci abbiamo lavorato noi per decenni. Ci incensiamo parlando delle Cerbaie come area che d’estate si popola, territorio meraviglioso, dove si fanno passeggiate, turismo e via dicendo, ma nessuno pensa che tutto questo è garantito da qualcuno che nel frattempo fa manutenzione di aree e sentieri”.
“Per non parlare degli incendi – aggiunge Giovanni Bini, titolare dell’omonima società agricola sul lato pistoiese –. Se i vigili del fuoco oggi possono intervenire in qualsiasi punto del bosco o quasi con i propri mezzi di terra, senza l’ausilio dei Canadair, fermando le fiamme in tempi rapidi, è perché qualcuno quelle strade le traccia, che fungono anche da trincee tagliafuoco. Se le nostre aziende vanno a morire chi si occuperà di tutto questo?”.
“Il fatto è che spesso non rileviamo nemmeno delle motivazioni scientifiche alla base delle decisioni – aggiunge Bernardini –. Oggettivamente non sappiamo se e quanto queste decisioni che ci calano dall’alto contribuiscano alla tutela e alla conservazione della Natura. Le ZSC al momento non sono né gestite, né organizzate, né monitorate. Ci sono specie ed habitat che sono legati a questo territorio in relazione alla sua tradizionale antropizzazione o, ad esempio, perché qui in molte zone c’è il bosco ceduo, fatto di alberi di una certa altezza. Cambiare i connotati ad un bosco, far crescere tutto ed in altezza, cambia anche le specie che lo popolano”.
“Ci si dimentica spesso – afferma Matteo Nerli, tecnico forestale – Che i SIC delle Cerbaie sono nati per preservare non la naturalità di un luogo in generale, ma certi specifici e circoscritti habitat. O certe specie. Cose che sono tenute in vita proprio dalle attività umane che da sempre convivono con la natura qui”.
UNA QUESTIONE (ANCHE) ECONOMICA
“Oggi in tutte le Cerbaie sono rimaste una decina di segherie – spiega Cristiani –. Un tempo solo a Staffoli ce n’erano sei. Tutto questo questo mentre il nostro Paese importa dall’estero legna da ardere e gestisce un territorio nazionale composto per un terzo da boschi, la cui gestione è data in mano ad attori come noi, che devono operare con regole imposte con questi criteri”. “Ci è capitato – continua Cristiani – che parlando dello stesso appezzamento di terra noi, i nostri tecnici ed i funzionari locali lo considerassero in un modo, ad esempio ‘bosco ceduo’, mentre in Regione lo definissero con un altra tipologia. E in base a queste analisi, magari, ti dicono che non puoi tagliare”.
Aziende quasi sempre piccole, a carattere familiare, passate di generazione in generazione, composte mediamente da 3 a 7 dipendenti. “Io sto aspettando risposte per permessi a tagliare richiesti nel 2018. Mi confronto mensilmente con tempi morti, dinieghi e situazioni paradossali. Con queste regole chiudiamo – continua Bini –. Dobbiamo occuparci di aree vastissime di territorio, in proprietà o in affitto, che però non ci danno da mangiare e non ci permettono di garantire il lavoro ai nostri dipendenti”.
LE RICHIESTE
“Obiettivo nostro non è fare polemica – continua Bernardini –. Serve una condivisione”. C’è, in pratica, la ricerca di un tavolo con gli enti a cui è rivolta questa lettera: Ufficio Tutela della Natura e del Mare, responsabili della gestione del patrimonio naturalistico di Firenze, Pisa e Livorno, assessori regionali competenti. “E’ assolutamente ineludibile definire una scala di priorità per quanto riguarda l’importanza degli habitat da difendere, tutelare, gestire, che non sono tutti uguali – di legge nella lettera – ma serve anche andare verso un aggiornamento del Piano di Gestione della ZSC”. Gli elenchi delle specie, in pratica, sono da aggiornare. Non solo perché secondo gli scriventi vi sono specie la cui importanza è superata o sopravvalutata o in conflitto con altre funzioni (ad esempio il pino, la cui gestione è rilevante anche ai fini della prevenzione incendi) ma perché in certi casi alcune specie che dovrebbero essere nell’elenco di quelle da tutelare, ad esempio, non ci sono. “E’ fondamentale sapere quali specie ed habitat tutelare – si legge –. Come è fondamentale in ultima analisi rimarcare il ruolo delle aziende forestali nel presidio del territorio, nella gestione degli effetti di calamità naturali o nel contrasto a fenomeni come lo spaccio di droga”.