“Parlare di immigrazione in modo diverso”, Montopoli sceglie il cinema per raccontare una storia di sofferenza e integrazione

La proiezione di ‘Un giorno la notte’ con attore e regista: “L’accoglienza che va oltre un posto letto e un pasto”
È la storia di Sainey, un ragazzo gambiano che deve affrontare un duplice viaggio: quello che dal suo paese lo porta in Italia; e quello contro il tempo della malattia che avanza, senza una cura che lo possa guarire. Una delle mille storie di migrazione, dei mille motivi che spingono le persone a partire: questo il tema del documentario Un giorno la notte, di Michele Aiello e Michele Cattani che sarà proiettato giovedì (1 luglio) alle 21 negli spazi aperti della Misericordia di San Romano, a Montopoli in Valdarno. A rispondere alle curiosità del pubblico saranno presenti anche il regista e l’aiuto regista, insieme all’attore Sainey Fatty.
La proiezione prende le mosse da una collaborazione tra più enti e realtà del territorio: la Società della Salute Empolese Valdarno Valdelsa, rappresentata da Alessio Spinelli, il comune di Montopoli, con il sindaco Giovanni Capecchi e la vice Linda Vanni, l’Arci Valdarno che da sempre si occupa di cinema, per cui è intervenuto nella conferenza stampa di oggi (29 giugno) David Spalletti. Infine, le colonne su cui si regge il sistema dell’accoglienza nel territorio: le associazioni. Sono intervenute Michela De Vita per la cooperativa la Pietra d’Angolo, Senka Majda per l’Associazione Arturo e Simone Lorenzini per Le Querce di Mamre.
La storia di Sainey parte da un progetto Sai – acronimo di Sistema accoglienza integrazione – (ex Sprar, Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati). “Per questo l’abbiamo scelto – spiega Francesca Cattaneo, referente dei Servizi per l’immigrazione della Società della Salute Empolese Valdarno Valdelsa – perché il film nasce in un progetto Sai come i nostri e parla di una storia che potrebbe essere comune a tante altre che abbiamo visto qui. Inoltre, è nato quest’anno disastrato”.
L’obiettivo è quello di fornire un cartellone di iniziative comuni a tutto il territorio dell’SdS per affrontare il tema dell’immigrazione in un’ottica di rete. “L’idea – racconta Cattaneo – è di parlare in modo diverso di rifugiati. Tutti gli eventi hanno questa linea comune: parlare di cosa succede quando una persona arriva qui e deve riiniziare la sua vita”. Le fa eco Linda Vanni, vicesindaca di Montopoli, che sottolinea come uno degli obiettivi della rete Sai sia proprio quello dell’integrazione tra lo straniero e la comunità locale. Inoltre, “questa iniziativa – ha detto Vanni – nasce in modo spontaneo dopo i mesi di pandemia che hanno isolato ancora di più i rifugiati”.
La proiezione del film è un passo verso un’integrazione “che non si ferma al posto letto o al dono di cibo – come ha detto Simone Lorenzini de Le Querce di Mamre – Sappiamo che ci sono i problemi, c’è bisogno di spenderci, di stare con le persone. Cerchiamo un’accoglienza che vada oltre, dobbiamo imparare a guardare l’altro in quanto persona e come portatore di valori umani”. E il cinema è lo strumento utilizzato per questo: “forma di comunicazione elevata e accessibile a tutti”, come l’ha definita David Spalletti, perfetta per passare una serata piacevole “senza perdere di vista il messaggio”.
Un progetto che arriva dopo l’emergenza migratoria, che negli ultimi dieci anni si è “abbattuta” anche sul comprensorio del cuoio e sull’Empolese Valdelsa. “La comunità non era pronta e non lo è tuttora – spiega Michela De Vita per la Pietra d’Angolo –, ma non lo eravamo nemmeno noi. Negli anni abbiamo fatto da collante tra chi arrivava e il territorio, da mediatori. Ora, in questa fase caratterizzata da una diminuzione degli arrivi, possiamo concentrarci sull’accoglienza vera”.
Diminuiscono gli arrivi, ma non le vicende crudeli e le sofferenze di chi emigra. “Ci sono stati episodi raccapriccianti nella rotta del mediterraneo a e Nord – l’intervento del sindaco Capecchi, che restituisce un quadro crudo ma necessario del tema affrontato – Abbiamo visto persone seminude in mezzo alla neve, bambini compresi. E poi facciamo eventi sul lager nazisti. Pensiamo in modo sbagliato: i rifugiati sono persone che lasciano i loro affetti per scappare dalla morte, dalla violenza, dalle persecuzioni, solo perché sono in contrasto con le idee politiche e religiose del loro paese di origine. Sono soggetti che hanno perso tutto, a cui va ridata dignità. Al di là della giornata mondiale del rifugiato (il 20 giugno) noi dobbiamo agire tutti i giorni in modo rispettoso e dignitoso. I discorsi vanno messi in pratica nella vita quotidiana, con il vicino di casa che ha abitudini diverse dalle nostre”.