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Piccoli cronisti crescono: al comprensivo di Santa Croce nasce ‘Il Toscanaccio’

10 giugno 2021 | 19:53
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Piccoli cronisti crescono: al comprensivo di Santa Croce nasce ‘Il Toscanaccio’

Un piccolo progetto di giornalismo e d’opinione, curato dall’insegnante precario professor Luigi Sofia

Districarsi fra tante nuove parole, scoprire il piacere di leggere e ancor più quello di scrivere, producendo qualcosa che resti, comunicando un punto di vista al mondo. Tutte cose che costellano l’universo dell’ora di italiano in tante scuole medie, ma che all’istituto comprensivo Banti di Santa Croce i ragazzi hanno potuto sperimentare in un modo diverso, attraverso la stesura di un vero e proprio giornale.

Si chiama Il Toscanaccio, nome scelto dagli stessi studenti, ed è nato da un progetto al quale la scuola ha aderito in via sperimentale solo quest’anno, per la realizzazione di un numero che è già stato stampato in cento copie e distribuito. Un piccolo progetto di giornalismo e d’opinione, curato dal professor Luigi Sofia, giovane professore precario e titolare della cattedra di italiano, che ha saputo subito catturare l’attenzione dei ragazzi, che per l’occasione si sono cimentati in discussioni, ricerche e successivamente nella redazione di articoli intorno ad alcuni temi ‘caldi’.

Toscanaccio istituto comprensivo Santa Croce sull'Arno giornale

“I due grandi temi sui quali i ragazzi sono stati invitati a riflettere sono quelli che forse li riguardano più di tutti, come attori del futuro: le disuguaglianze sociali e la sostenibilità ambientale, declinati poi in riflessioni ulteriori in merito a cosa può fare ognuno di noi per aiutare il pianeta o per il rispetto dei diritti umani – racconta il professor Sofia. – Ci abbiamo lavorato nel periodo precedente e di poco successivo alla Pasqua, con un invito a tutti i partecipanti a informarsi, raccogliere notizie ed elementi intorno al tema, e discutendone poi in classe. Abbiamo conosciuto cosa significa “ingiustizia” e quanto potrebbe essere bello un mondo più “giusto”. Abbiamo scoperto che la povertà è una piaga sociale e non un fatto naturale pre costituito. Ci siamo resi conto che è il tempo di rimboccarsi le maniche perché non c’è più tempo: il pianeta è al collasso e l’essere umano è l’unico responsabile di questo disastro.

Abbiamo pensato come studenti ma agito come piccoli giornalisti. Sono molto contento e fiero di ogni pagina di questo ambizioso documento. Con una buona dose di entusiasmo“. Il progetto, portato avanti in collaborazione con il portale iltuogiornale.it, ha portato poi alla stesura di un piccolo giornale di otto pagine, che a scuola ha spopolato.

Ne sono nate riflessioni interessanti sul mondo che alberga nella mente di ragazzi così giovani, che spesso vengono inseriti in progetti del genere solo nei tipici giornali studenteschi delle scuole superiori, qualche anno più tardi. Pensieri come quelli di Asia Muca, III C, che a pagina due si chiede come concretamente si possano affrontare le diseguaglianze sociali, aumentanto investimenti e partecipazione, o promovendo educazione alla cittadinanza. Ma anche differenze salariali e sociali fra uomini e donne, di cui la sua compagna Victoria Bianco. O ricerche come quella di Vittoria Martini, II D, che ci educa sui pericoli dei social network come solo una nativa digitale può e deve fare, aiutata da un ulteriore approfondimento di Sabrina Auteri, sua compagna di classe. O, ancora, le preoccupazioni di una generazione alle prese con la sfida del secolo dei cambiamenti climatici, declinata nelle riflessioni di Viola Branzi, Siria Alfano, Martha Jael Talini, Eno Kryemadhi, Lionel Bega, Keti Gjoki, della I D. Risultato che, comunque, è frutto anche del lavoro in classe portato avanti anche da tanti altri loro compagni, in tutto una ventina nelle tre classi.

“L’impostazione giornalistico-redazionale è sicuramente un modo originale per appassionare i ragazzi – spiega il dirigente scolastico del comprensivo Alessandro Imperatrice – che mentre leggono, scrivono, fanno ricerche, al contempo si misurano con il testo scritto, con la necessità di stare dentro una cornice. E soprattutto vedono il loro lavoro trasformarsi in qualcosa di tangibile, in un prodotto che materializza i loro pensieri”.