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“Non posso andare al bar ma le birre sono al supermercato”, Cna contro le restrizioni

14 gennaio 2021 | 13:11
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“Non posso andare al bar ma le birre sono al supermercato”, Cna contro le restrizioni

Il presidente Daniele Fagiolini: “Capiamo la rabbia, ma la disobbedienza potrebbe costare cara”

Non posso andare al bar dopo le 18, ma posso andare al supermercato, prendere una cassa di birra e andare in piazza. Qual è la logica?” Se lo chiede Daniele Fagiolini, presidente di Cna Horeca di Pisa e ristoratore di San Miniato. Dopo la firma del nuovo decreto che, tra le altre cose, prevede lo stop all’asporto per i bar dopo le 18, in tanti sono sul piede di guerra e si preparano a una dimostrazione di forza contro la decisione.

I ristoranti e le pizzerie sembrano essersi salvati in corner, dopo che dalle prime ipotesi in circolazione il divieto era rivolto anche a loro: avrebbero perso la maggior parte degli incassi della cena e, secondo molti, sarebbe stato il colpo di grazia definitivo. Sta di fatto che un movimento di lavoratori ha preso piede e si è diffuso a macchia d’olio in tutto lo stivale, Comprensorio del cuoio compreso: #ioapro, questo l’hashtag lanciato come forma di protesta. Una sorta di sciopero al contrario da parte di chi a lavoro ci vuole tornare, anche a costo di non rispettare la legge. Anche sui social gli appelli alla disobbedienza civile invitano bar e ristoranti ad aprire non rispettando le regole, promettendo assistenza legale “gratuita”. Ma CNA Horeca invita alla massima prudenza i propri associati e si dichiara contraria ad azioni di disobbedienza che potrebbero costare care alle imprese del settore

“In Cna Horeca – ha spiegato Fagiolini, presidente per la provincia di Pisa – mi sembra che nessuno aderisca all’iniziativa. Per quanto capiamo la frustrazione, non condividiamo le modalità usate. Anche perché violare il Dpcm ha delle conseguenze. In questa situazione di grande incertezza c’è chi soffia sul fuoco. Qualcuno sta incitando ristoratori e baristi ad aprire comunque nel weekend (quando, stando alle anticipazioni, tutta Italia dovrebbe trovarsi in zona arancione), promettendo tutele gratuite a chi riceverà sanzioni per aver contravvenuto alle regole. Tuttavia, è vero che se non fai qualcosa di eclatante non ti ascoltano: noi siamo alla ‘disperazione’ per il nostro settore, ma lo è anche tutta la filiera. Ci sono delle proposte che abbiamo elaborato e che porteremo ai tavoli per alleviare questa situazione. Qualcuno ci deve dare una mano: quanto stabilito venga erogato il più presto possibile, compresa la cassa integrazione che non è tollerabile sia ancora ferma a maggio (tranne che per l’artigianato, dove le imprese gestite da EBRET hanno avuto fino a luglio). Il senso di responsabilità deve essere di tutti, non solo da parte di chi deve rispettare le regole, ma anche da parte di chi ha responsabilità di governo nazionale e locale. Deve essere chiaro a tutti che bisogna accelerare al massimo i tempi per riaprire le attività ora che ci sono i vaccini e che non sono tollerabili ritardi da parte delle istituzioni per la realizzazione di quanto disposto”.

Lavanderie, caseifici, fornitori a vario titolo sono colpiti dai provvedimenti restrittivi e alla fine, anche chi non credeva nelle potenzialità dell’asporto, ha dovuto adattarsi. Ha dovuto rinunciare a un’idea di ristorazione che si basa sulla presenza e sul contatto con il cliente e ha dovuto accettare un minor margine di guadagno: perché per molti con l’asporto non si coprivano i costi. Alla fine, però, per non demordere e chiudere i battenti, quasi tutti l’hanno comunque accettato. Ora che cambiano le carte in tavole e l’asporto non si può più fare dopo le 18 (solo per i bar) sono su tutte le furie.

“Se mi dai la possibilità di fare una cosa – ha detto Fagiolini, che è anche titolare dell’Antico ristoro Le Colombaie – poi non me la puoi togliere all’improvviso. Perché io spendo soldi per adeguarmi e per rispettare i protocolli e poi mi fai chiudere per paura che si creino assembramenti fuori dai locali”. La sensazione è che chi decide si sia lasciato trasportare un po’ dal pathos, colpito dalle immagini circolate online nei giorni scorsi in diverse città italiane. Ma, sostengono i ristoratori, non si può penalizzare un’intera categoria per qualche irresponsabile che non ha rispettato le regole.

Anche perché così facendo “posso andare al supermercato – ha continuato Fagiolini – a comprare le casse di birra e vado a berle in piazza. Intanto però tolgo un’entrata ai bar: o chiudono tutti o si lascia la possibilità di lavorare a chiunque”. Senza considerare che molti bar si erano attrezzati per sforzare le pizze per la cena, proprio per sfruttare al meglio l’asporto.

“Come CNA siamo molto critici verso posizioni irresponsabili – è il commento di Francesco Oppedisano presidente CNA Pisa – e pur capendo la disperazione e l’esasperazione, invitiamo alla massima prudenza. Indubbiamente l’eccessiva cautela del Governo, unita ad azioni anche contradditorie, come l’aver scelto solo le Regioni come interlocutrici, di fatto ha limitato una corretta rappresentazione della realtà e fatto prendere scelte incomprensibili. Perché i saldi sì, e andare a teatro no? Perché limitare l’asporto fino alle 18 come se i contagi fossero ad orari?

Le imprese e in primis quelle della ristorazione hanno adeguato i propri locali nel rispetto delle misure di sicurezza che ricordiamo non sono solo verso i clienti, ma anche verso il personale dipendente e i fornitori. Eppure questo pare non avere avuto un peso nelle scelte adottate”.

“Ho letto della campagna per l’apertura serale dei locali – ha detto anche Leonardo Marras, assessore regionale al commercio -, ho approfondito le argomentazioni dei proponenti e i loro propositi, ma non posso appoggiarla: la rabbia e la disperazione di chi opera nel settore della ristorazione sono ben comprensibili, ma non sono tollerabili comportamenti che violano le regole. Non è andando contro la legge che si ottengono risultati.

Si tratta – ha aggiunto – dell’iniziativa di alcuni gruppi spontanei che qualcuno ha ritenuto di cavalcare in perfetto stile di strumentale populismo, io non lo farò. Io sto con gli imprenditori che rispettano le regole e continuano a far sentire la propria voce civilmente per raggiungere l’obiettivo che tutti condividiamo: tornare a far vivere le attività normalmente e poter sostenere chi ha subito perdite nel modo migliore”.