Il caso |
Altre News
/

Attacchi a persone e carcasse nelle campagne: allarme “lupi” a San Miniato

18 luglio 2020 | 20:28
Share0

Per Federcaccia si tratta di cani “ibridati” e randagi. “Sono pericolosi, serve una consulta”

“Riteniamo necessario costituire una consulta territoriale della quale devono far parte le associazioni venatorie, quelle agricole e l’associazione tartufai delle colline samminiatesi come profondi conoscitori e fruitori del territorio, dei quali il Comune può avvalersi per la salvaguardia anche dell’incolumità del cittadino”. Una richieste più volte rivolta all’amministrazione comunale di San Miniato e che il segretario della Federazione Italiana della Caccia di San MiniatoPiero Taddeini torna a fare dopo alcuni episodi attribuiti a lupi che fanno temere per la sicurezza di chi frequenta la campagna per passeggiate, hobby, sport o per godersi un po’ di tranquillità da solo o in famiglia.

I canidi sono stati filmati dai cacciatori, anche la notte del 18 luglio 2020 e numerose carcasse di cervidi sono state rinvenute sul territorio dai cacciatori e dagli agricoltori. Inoltre, “situazioni a dir poco pericolose si sono verificate di recente nel nostro Comune: famigliole in bicicletta accerchiate in pieno giorno da cani randagi, oppure cittadini che alla Serra, in piena notte come lo scorso 17 luglio, hanno avvistato due ‘lupi’ nei pressi della chiesa. Ci sono, poi, runner e biker rincorsi da ‘lupi’ nella serie di incontri sempre più frequenti anche di cani randagi, molossi di grossa taglia che liberamente scorrazzano sul territorio”.

Ricordando che il Testo unico degli enti locali attribuisce al sindaco di sovrintendere alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l’ordine pubblico, Federcaccia San Miniato “Vuole mettere a fattore comune tutte le verità che sono dietro a questo fenomeno. Non è nostra in intenzione creare allarmismi o fobie ma è nostra priorità informare coloro, cacciatori compresi, che sono soliti fare trekking o passeggiare, anche con i propri cani al guinzaglio, nelle campagne samminiatesi. Sottolineo che esistono leggi ben precise che regolano la detenzione e l’obbligo di tenere a guinzaglio il proprio amico a 4 zampe”.

A settembre 2019, i Cacciatori avevano già inoltrato al sindaco Simone Giglioli e all’assessore alle politiche venatorie di San Miniato un elenco in 15 punti sui quali mettere attenzione in merito alla gestione del territorio, fra cui “anche il fenomeno del randagismo a cui queste presenze sono sicuramente collegate.

Tenuto conto che ancora non abbiamo avuto riscontro, sembra di interpretare che le istituzioni locali, considerano questo un fenomeno di secondaria importanza”.

Fatto è che le storie sugli avvistamenti, gli attacchi e le “imboscate” di lupi si rincorrono. “Noi crediamo – spiega Taddeini – si tratti di cani cosiddetti ibridati e quindi assoggettati alla categoria dei cani randagi, se privi di custodia. Fatto sta che alle nostre segnalazioni effettuate nei mesi scorsi alle autorità competenti, non abbiamo avuto riscontro”.

E poi i Cacciatori provano a capirci di più, tornando al 1970. “È questo l’anno in cui l’Italia, attraverso la sottoscrizione della Convenzione di Washington, si impegna a salvaguardare il Canis lupus italicus. Tuttavia, questo proposito di conservazione di una unica specie, (canis lupus italicus), viene ben presto messo in discussione in quanto, negli anni ‘70, iniziano a verificarsi immissioni clandestine di lupi siberiani in Abruzzo. Ed in questo periodo hanno luogo i primi danni nelle masserie.

Dagli anni ’80 si verificano i primi avvistamenti di lupi vaganti, di dimensioni più grandi e di peso maggiore rispetto al Canis lupus italicus, e si assiste ad un incremento degli attacchi ai vitelli, e alle gregge ed anche perfino nelle stalle. Si inizia a parlare di immissioni clandestine di lupi, una tesi fino ad allora smentita dal mondo ambientalista, ma avvalorata dalla Commissione di Inchiesta svolta dal consiglio dei ministri Francese nel 2003, intitolato De la présence du loup en France et l’exercice du pastoralisme dans les zones de-montagne. Nell’inchiesta infatti non si esclude né un ritorno naturale, nè si nega l’ipotesi di una possibile introduzione clandestina di lupi su territorio francese provenienti da dei centri di allevamento italiani. Dalle analisi effettuate sul Dna degli animali, infatti, risulta che in Francia siano presenti lupi provenienti da vari paesi (siberiani, canadesi, mongoli, polacchi), e per la maggior parte, italiani.

A partire dagli anni 2000 si iniziano a vedere sul territorio italiano cani CLC vaganti, ossia Cani Lupo Cecoslovacco. Si organizzano mostre canine, come a Firenze alla Fortezza da Basso e a partire da questo momento, si incontrano questi cani incrociati con lupi veri che risultano sempre più numerosi nelle campagne (questi CLC sono molto similari come colore, maschera del muso, sguardo, ai veri lupi). Troviamo quindi esemplari neri del Mackenzie, grigi, incrociati con lupi siberiani, rossi, incrociati con lupi degli Urali. Sorgono sempre più numerose le denunce da parte degli allevatori, e l’indagine condotta nel 2013 dal Corpo Forestale dello Stato ha portato al sequestro di cani cecoslovacchi ibridi di prima generazione negli allevamenti italiani di Pistoia (col sequestro di 16 ibridi), Modena (11 ibridi sequestrati), Rimini (2), Alessandria (2), Cosenza (5), Salerno (1).

Dall’indagine è emerso come lupi cecoslovacchi sarebbero stati fatti accoppiare con lupi selvatici di sangue nordamericano, (Mackenzie, ossia neri), dei Carpazi (lupo europeo) e con lupi appenninici, per poi esser venduti a un prezzo di quasi 5mila euro per ciascun esemplare. Negli ultimi anni si sono verificati attacchi sempre più frequenti, sul territorio italiano così come nelle province toscane, in particolar modo in Maremma e basso senese e stupisce soprattutto la modalità con cui tali attacchi si sono realizzati, ossia ai danni di prede anche di grossa taglia, come mucche o vitelli e cani da guardia o semplicemente da compagnia, attuati da lupi o ibridi di lupo, unitamente ad avvistamenti di lupi o ibridi di lupo in prossimità dei centri abitati, anche vicino alle case degli allevatori a tutte le ore del giorno.

Una presenza, quella del lupo, che si è mostrata sempre più diffusa, in particolare sull’Amiata, nelle Foreste Casentinesi, all’Orecchiella in Garfagnana e, ancora, sulle Alpi Apuane e sui Monti della Calvana, Colline di Volterra, Colline Metallifere, Scansano, Magliano, Val di Chiana, e che si ritrova oggi anche nel territorio samminiatese, ragion per cui si può affermare che il lupo è presente pressoché in tutto il territorio toscano. In seguito ai numerosi attacchi avvenuti nei confronti degli allevamenti da parte di lupi e ibridi, la Procura di Siena ha aperto, nel 2015, un fascicolo, per mettere sotto controllo una situazione che lo stesso procuratore definiva “molto complessa”.

Come si può ricavare dall’articolo che cita l’inchiesta, ‘le iniziali 320 coppie di lupi immesse nella nostra Regione intorno agli anni Ottanta si sono quintuplicate  e ormai nei boschi scorrazzano più ibridi che non la razza pura del lupo. Troviamo ibridi in grande quantità vagare per campagne e foreste e dai sopralluoghi eseguiti dal mondo ambientalista e dalle analisi su reperti fecali emerge che il 53% dei lupi presenti nei territori sono ibridi.
Dal progetto intitolato Tutela dell’integrità genetica della popolazione di lupo in Toscana mediante la rimozione degli individui ibridi fra lupo e cane dall’ambiente naturale e la loro captivazione approvato dalla Giunta Regionale Toscana con Delibera n. 378 del 30 marzo 2015 e sottoscritto in data 20 aprile 2015, si ricava come sono stati catturati 10 esemplari apparentemente di lupo; alla prova del DNA, testata dall’ISPRA, sono risultati 9 ibridi e un lupo CLC di seconda generazione.

Risultato di tale ibridazione è che nel territorio troviamo non più il Canis lupus italicus, un esemplare di 30 chili che doveva essere oggetto di conservazione e protezione, bensì ibridi di lupo dal peso notevolmente superiore, ossia 60-80 chili, che i nostri cani da guardiania (cane da pastore maremmano) non riescono a fronteggiare, non essendo più competitivi con gli ibridi che hanno dimensioni superiori.

Pertanto è bene sottolineare che dalla Circolare del Ministro Galletti del marzo 2017 si evince come gli ibridi debbano essere trattati come randagi, poiché ‘la fattispecie sottoposta all’esame’, cioè i randagi, ‘non è soggetta ad autorizzazione’ da parte del Ministero e pertanto è compito delle amministrazioni locali occuparsene.
Poiché gli ibridi non sono classificati, in quanto né lupi né cani, ecco che vengono considerati alla stessa stregua dei cani randagi. Possiamo affermare che oggi stiamo tutelando gli ibridi anche non previsti dalla Convenzione di Washington, dalla Convenzione di Berna, e dalla Direttiva Habitat, a danno anche degli allevatori del territorio”.

Alla luce di queste considerazioni, quindi, “si evince che i lupi ibridati mettono fortemente in discussione l’attività di allevamento, ma anche la sicurezza dei nostri animali domestici e quella dell’uomo. Ultimamente, si sono verificati attacchi anche alle persone. Si pensava inizialmente che gli autori di questi attacchi fossero lupi, dichiarazione rilasciata da una vittima. Successivamente, però tale tesi è stata ritrattata, perché la persona è stata consigliata in tal senso, mentre la seconda persona attaccata ha dichiarato di essere stato aggredito alle spalle, di avere la giacca sbranata e dopo vari richiami e urla, è arrivato in soccorso il padre e questi animali sono fuggiti nel bosco. Si suppone che con l’incremento di questa specie, diventa anche difficile recarsi tranquillamente a fare trekking o qualsiasi altra attività in campagna o nei boschi”.