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“Niente 5G a San Miniato”, una raccolta firme contro i ripetitori

17 giugno 2020 | 12:04
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“Niente 5G a San Miniato”, una raccolta firme contro i ripetitori

Il comitato ha chiesto un incontro al sindaco per sollecitare un’ordinanza contro questa tecnologia

E’ partita una raccolta firme e con una lettera, Consapevoli in AzioneSan Miniato ha già chiesto un incontro al sindaco Simone Giglioli per avere un confronto diretto sul tema del 5G, la nuova frontiera della tecnologia con standard di nuova generazione per la comunicazione mobile.

In un mondo sempre più connesso, con cellulari che aprono porte, accendono luci e programmano elettrodomestici, questa “quinta generazione” promette molte più connessioni in contemporanea, con alta velocità e tempi di risposta molto rapidi.

Una tecnologia, però, che secondo molti sarebbe necessario evitare. Anche a San Miniato. “Vogliamo chiedere al sindaco di San Miniato – spiega Consapevoli in Azione – di ridurre significativamente l’inquinamento elettromagnetico sul territorio comunale, bloccando innanzitutto l’installazione di ripetitori per la rete 5G”.

Promotori dell’iniziativa sono un gruppo di cittadini residenti o che per motivi di lavoro si trovano nel territorio di San Miniato coadiuvati dagli esperti di AttoPrimo, l’associazione toscana specializzata in tutela di salute e ambiente. “Inodore – spiegano -, incolore, invisibile ma non per questo innocuo, l’inquinamento elettromagnetico di origine artificiale ha negli ultimi anni superato i livelli di guardia. Sulla Terra è da sempre presente un campo elettromagnetico (Cem) naturale, le cui sorgenti principali sono la Terra stessa, le stelle, il Sole e finanche i temporali. A questo elettromagnetismo di origine naturale si è aggiunto – a partire dallo sviluppo industriale del secondo dopoguerra – un elettromagnetismo legato alle attività umane e questo perché tutti gli apparecchi alimentati con energia elettrica sono sorgenti di campi elettromagnetici.

Elettrodomestici, apparecchiature medicali, computer, telefoni cellulari, centrali elettriche, tralicci dell’alta tensione, impianti per la telefonia mobile, ripetitori radio e tv, sono dunque – a vari livelli – i principali responsabili di questa forma di inquinamento ambientale. In particolare lo sviluppo delle tecnologie delle radiotelecomunicazioni sta incrementando la presenza di sorgenti di campi elettromagnetici e la loro relativa potenza, rendendo di sempre maggiore attualità la problematica dell’esposizione di persone, piante, animali a tali sorgenti.

Da un lato la International Agency for Research on Cancer, ovvero l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro finora ha classificato i campi elettromagnetici come cancerogeni di gruppo 2B, ovvero come ‘probabili agenti cancerogeni’, dall’altro recenti studi condotti dall’Istituto Ramazzini di Bologna (specializzato nella ricerca sul cancro e sulle malattie di origine ambientale) e dal National Toxicology Program (coordinato dal Ministero della salute americano) hanno dimostrato aumenti statisticamente significativi dello sviluppo di tumori molto rari al cuore e al cervello in ratti maschi e femmine esposti dalla vita prenatale a emissioni elettromagnetiche.

Gli stessi studi sollecitano pertanto l’adozione di misure precauzionali di base per ridurre l’esposizione e anche rallentare, se non fermare, l’aumento delle frequenze dei campi elettromagnetici che dal 1940 a oggi sono passate da una media di 0,0002 Volt metro a 6 Volt metro. E che con la nuova tecnologia 5G potrebbero raggiungere i 61 Volt metro”.

Nella lettera che il comitato ha inviato al sindaco, i cittadini “chiedono alla massima autorità di governo locale di prendere in considerazione il rischio di pesanti ricadute sulla salute della popolazione e dell’ambiente e di unirsi agli oltre 500 sindaci italiani che hanno già emanato ordinanze di divieto di sperimentazione o installazione della tecnologia 5G sui loro territori comunali. Anche perché se è vero che l’asta per l’assegnazione della bande pioniere per il 5G ha portato nelle casse del Paese un introito di 6,55 miliardi di euro è altrettanto vero che è stata condotta senza tenere conto delle normative vigenti, in particolare senza alcuna valutazione dei rischi sanitari, contrariamente a quanto disposto dalle leggi sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”.