Quando l’auto elettrica era l’Urbanina, inizia 50 anni fa a Santa Croce la storia del veicolo a emissioni ‘zero’

Era il 1967 e a Poggio Adorno sfrecciava una nuova vettura a batterie
Piccola, elettrica, carrozzeria minimal e girevole fino a 360 gradi. Sono queste le caratteristiche che vengono in mente pensando a un’automobile all’avanguardia e al passo con le esigenze contemporanee. Leggera, di piccole dimensioni in modo tale da poter affrontare il traffico selvaggio della città o le strade strette dei borghi e soprattutto che consenta di trovare parcheggio senza grossi problemi. Sapere che queste sono le caratteristiche dell’Urbanina, prima macchina elettrica prodotta in serie già negli anni ’60, fa impressione. Queste idee, che oggi sono attuali, sono balenate nelle menti geniali di Narciso Cristiani e del marchese Pier Girolamo Bargagli Bardi Bandini più di 50 anni fa e oggi sono oggetto di una pubblicazione. Sarà presentato sabato 14 dicembre alle 16 nel Museo della conceria a Santa Croce sull’Arno il volume La nostra Urbanina, avanguardia d’altri tempi, a cura di Antonello Biscini e edito da La conchiglia di Santiago. Alla conferenza di presentazione del volumetto di oggi, mercoledì 11 dicembre, erano ospiti di Valiani, che ha deciso di riaccendere la luce sll’Urbanina, Giulia Deidda, sindaco di Santa Croce, don Andre Pio Cristiani, figlio di Narciso, Antonio Biscini, curatore della pubblicazione, Daniele Cei, assessore alla cultura del comune di Fucecchio e don Donato Agostinelli, da poco parroco di Santa Croce. Nel volume, oltre all’intervento dei sindaci dei comuni confinanti con la tenuta di Poggio Adorno (Castelfranco di Sotto, Fucecchio e Santa Croce), di proprietà del marchese Bargagli, anche il prezioso contributo storico di Indro Montanelli.
La storia è quella di un’invenzione unica fuori dal suo tempo, un’idea geniale che non ha trovato campo fertile per crescere e diventare la svolta del 20esimo secolo. Con molta probabilità se l’Urbanina avesse continuato la sua produzione lo stile di vita degli italiani sarebbe radicalmente diverso, così come l’impatto della mobilità urbana sull’ambiente. Nel comprensorio del Cuoio, gli adulti, si ricordano dei due inventori, il Marchese Bargagli e Cristiani, che però si sono persi nella memoria collettiva. Il libro La nostra Urbanina come punto di partenza fa una ricostruzione dei personaggi, appassionante e avvincente, per poi passare alla descrizione della parte tecnica.
“Erano due sognatori – le parole dell’autore Biscini -: il marchese ebbe l’idea, Narciso mise tutta la sua creatività. Il marchese nato a Siena e spostato qua combatté anche in Spagna, nella guerra civile contro il franchismo. Fu inquadrato come anarchico, ma in realtà in Italia fu sempre monarchico anche dopo il referendum del 2 giugno ‘46. Viveva a Roma nell’epoca della dolce vita faceva parte del jet set romano. Scrisse romanzi e fu regista. Insomma, ha la fama di tombeur des femmes. Pubblicò libri sagaci e arditi per l’epoca, tanto che per alcuni usò lo pseudonimo John Rame. Naricio Cristiani, invece, era figlio del popolo. Lui era un tecnico, armeggiava con le biciclette sin da piccolo. Durante la guerra fu chiamato a Pontedera per produzione della piaggio e accrebbe la sua cultura. Costruì una motocicletta, poi ebbe un grave incidente e smise”. Per la precisione l’Urbanina non fu la prima macchina elettrica costruita, ma senz’altro fu la prima a essere prodotta in serie. Le altre erano prototipi prodotti per saloni d’esposizione, fiere e altre occasioni. L’Urbanina fu l’unica a passare i test di omologazione per la produzione in serie e se ne produssero 700 esemplari.
“Presero un telaio a X e misero le ruote ai 4 angoli – continua Biscini con la parte tecnica -, sotto inizialmente ci misero il motore Lambretta a miscela a 2 tempi, ma per soli due anni, poi dal ‘67 c’era già il motore elettrico. Sul pianale i due sedili e la cosa innovativa la carrozzeria che si poteva cambiare in pochi minuti. La coscienza ecologica all’epoca non esisteva, ma questi signori studiavano una macchina elettrica. Le idee di 60 anni fa le troviamo nelle macchine elettriche di oggi. Loro già pensarono a delle colonnine elettriche: ci sono le foto delle colonnine finte in piazza dei miracoli a Pisa”.
L’innovazione non finiva alla carrozzeria girevole che permetteva di scendere da tutti i lati della vettura: i due visionari avevano previsto anche versioni diverse a seconda della stagionalità. C’era quella ricoperta in vimini per il modello primaverile e la versione, invece, “berlinetta” per l’inverno, quindi più riparata. I due modelli potevano essere cambiati in pochi minuti.
“La viabilità doveva essere evoluta e silenziosa per i nostri centri medievali – le parole di don Andre Pio Cristiani, figlio di Narciso -. Immaginate quando ci avremmo guadagnato in salute se il progetto fosse andato avanti e non si fosse fermato a 700 modelli. È responsabilità nostra il silenzio che ha coperto questa invenzione e responsabilità della politica locale di ricordare il progetto. Basterebbe un simbolo: una via, una rotatoria, siamo in ritardo di 60 anni”. La proposta di don Andrea ha trovato subito l’accoglienza di Giulia Deidda, che prende l’impegno: “Don Andrea ha ragione – ha detto -: a Santa Croce ci sono strade con nomi in riferimento ai conciatori. Si deve dare un nome anche all’Urbanina e ai due ideatori, me lo prendo come impegno. Importante anche l’esposizione dell’Urbanina in comune. Il posto c’è. Possiamo metterla su una rotonda, in modo da esporla a tutti. Non mi stupisce che l’Urbanina sia nata in questo territorio. L’eccellenza del nostro distretto e la creatività del comprensorio hanno accelerato il progetto. L’operosità richiesta dall’Urbanina io la rivedo nella concia”.
Alla presentazione di sabato ci saranno anche le testimonianze di chi ha lavorato al progetto nella tenuta di Poggio Adorno, staffolesi e santacrocesi appassionati. “Io sono di Staffoli – ha detto don Donato -, e mi ricordo di quando Narciso arrivava con questa macchina: era uno spettacolo”.
Ci sarà anche un saluto di Eugenio Giani, il presidente del consiglio regionale, l’intervento di don Cristiani come presidente dell’associazione Auto elettrica tra passato e futuro, dell’autore Antonello Biscini e le figlie del marchese Bargagli.
“Come succede spesso ai visionari – le parole conclusive di Daniele Cei -, precorrono troppo i tempi e non vengono capiti se non a posteriori. Questo è un esempio lampante di made in Tuscany: avere un sogno, avere creatività e realizzarlo in maniera eccellente. Oggi tutti capirebbero la genialità di queste invenzioni, troppo all’avanguardia per l’epoca”.